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Le risorse culturali sono delle "vere e proprie porte” della città e non possono più essere considerate come tesori nascosti.
 
 
Editoriali
di Sergio Bertolami
 
 

Sono convinto che ogni città dovrebbe mettere in luce le proprie risorse culturali, a cominciare dagli artisti che vi sono nati. Visto che abito e lavoro a Messina, potrei citare Antonello. Antonello chi? Può sembrare ovvio rispondere Antonello da Messina (1430-1479), ma non lo è affatto, giacché solo a fare qualche domanda mi accorgo che non basta citare il nome d'un autore per conoscerne la produzione artistica. Una prova? Quante e quali sono le opere conservate nel museo regionale di Messina? Quali altre opere sono esposte nei musei siciliani? Quale altro dipinto i messinesi conoscono e dove si può ammirarlo?

Le risposte biascicate, ad un piccolo sondaggio svolto da Experiences, sono state imprecise e lacunose, spesso del tutto errate. Cosa sorprendente se consideriamo di avere rivolto le domande ad alcuni studenti  della scuola media superiore e, soprattutto, in una città come Messina, che di Antonello dovrebbe essere il punto di convergenza naturale per la sua conoscenza artistica e per l’opera di valorizzazione che dovrebbe profondere. 

Proviamo a rispondere noi, sommariamente. Il Museo di Messina conserva due opere. La prima è il famoso polittico di San Gregorio, riportato da tutti i testi che trattano di Antonello. La seconda è un "petit cadeau", un piccolo regalo, nel senso che è davvero una piccolissima tavola lignea poco più grande di dieci centimetri di lato, raffigurante una Madonna con bambino e un francescano orante, offerta in dono dall’Assessorato regionale che l’ha acquistata nel 2003 in Inghilterra ad un’asta pubblica. Di Antonello gli studenti messinesi interpellati ricordano invece l’Annunciata, che non si trova al Musée du Luovre, come è stato risposto, ma nella sicilianissima Galleria Regionale di Palazzo Abatellis a Palermo.  A voler fare un itinerario antonelliano in Sicilia, toccheremmo oltre le già citate Messina e Palermo, anche città come Siracusa e Cefalù.

Non è tuttavia di Antonello che vorremmo discorrere, perché torneremo a parlarne in modo più appropriato nei prossimi appuntamenti on-line e of-line. Antonello ci offre lo spunto per evidenziare che molto lavoro è stato fatto in questi ultimi anni, ma ancora è lunga la strada da percorrere per allargare la conoscenza del ricchissimo patrimonio culturale siciliano.  Per questo motivo concordiamo con quanto afferma Marco Girolami, direttore del Centro Studi del Touring Club   Italiano: «Per i musei la capacità di riqualificarsi e di adeguare la propria mission di conservazione», è divenuta ormai «altrettanto cruciale quanto quella della comunicazione ».  Conservare, dunque, ma non solo, perché conta anche comunicare, vale a dire informare, divulgare, rendere noto, rendere pubblico, diffondere, partecipare, inculcare.

Non mi stancherò di richiamare l’attenzione su di un cameriere, incontrato in un allegro e convulso Pub a Valletta, il quale vantava orgogliosamente: «Nell’isola di Malta abbiamo avuto San Paolo ». San Paolo è parte integrante della cultura maltese, così come Antonello dovrebbe esserlo di quella messinese, avendo occasionalmente scelto questo spunto esemplificativo per intraprendere un discorso ben più ampio ed articolato, che svilupperemo via via col tempo. «I musei – per continuare con Girolami – possono quindi paradossalmente essere interpretati come “vere e proprie porte” della città e non più come tesori nascosti».  Il riferimento al modello del “Museo diffuso” nel territorio, sperimentato in altre realtà nazionali e trasnazionali, è implicito, ma neppure tanto.  

Il museo è capace di raccontare la storia – o meglio,  le storie – attraverso le  proprie esposizioni. La scuola, quando è ben fatta, ne può riprendere e moltiplicare i suggerimenti, divenendo occasione di riflessione e di maturazione culturale. Con sempre maggiore assiduità accade, però, che proposte e stimoli siano più ravvisabili fuori da quelle che dovrebbero essere le sedi istituzionali della cultura: la scuola, infatti, sembra troppo presa da facili sociologismi, troppo intenta ad elargire “saperi minimi”, che finiscono con rivelarsi  “saperi nulli”.

«Certamente», scrive Eva Cantarella, illustre docente di “Diritto greco” all’Università di Milano, «importante è anche la diffusa consapevolezza che la cultura (intesa come letteratura, storia, filosofia, performing arts…) è parte della nostra vita, anche se forse in modo approssimativo, e soprattutto fa parte in misura crescente dell’economia delle città, che competono in tutto il mondo per promuovere grandi eventi, dai festival al Museo commissionato a Frank Gehry dalla città di Bilbao».

Bilbao è la città spagnola delle province Basche, assurta all’attenzione internazionale da quando nel 1998 è stato inaugurato il Museo Guggenheim, progettato dall’estroso architetto americano Gehry. A Bilbao, dicevamo, hanno compreso che un moto virtuoso può prendere l’avvio recuperando la propria identità culturale. Hanno addirittura cominciato dalla confezione (cioè da un contenitore unico nella sua architettura) prima che dal contenuto; restituendo un’immagine vincente, attraverso un’operazione culturale che è stata capace di cambiare il volto alla città. A Bilbao si è fatto qualcosa “di più”. E’ quello che vorremmo fare, partendo da “Experiences”, le molteplici esperienze che il passato ci può fornire per costruire il futuro.

 

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