Sono convinto che ogni città dovrebbe mettere in luce le
proprie risorse culturali, a cominciare dagli artisti che vi
sono nati. Visto che abito e lavoro a Messina, potrei citare
Antonello. Antonello chi? Può sembrare ovvio rispondere
Antonello da Messina (1430-1479), ma non lo è affatto, giacché solo a fare
qualche domanda mi accorgo che non basta citare il nome d'un autore
per conoscerne la produzione artistica. Una prova? Quante e quali sono le
opere conservate nel museo regionale di Messina? Quali altre opere sono
esposte nei musei siciliani? Quale altro dipinto i messinesi
conoscono e dove si può ammirarlo?
Le risposte biascicate, ad un piccolo sondaggio svolto da Experiences, sono state imprecise e lacunose,
spesso del tutto errate. Cosa sorprendente se consideriamo di avere rivolto
le domande ad alcuni studenti della scuola media superiore e, soprattutto,
in una città come Messina, che di Antonello dovrebbe essere il punto di
convergenza naturale per la sua conoscenza artistica e per l’opera di
valorizzazione che dovrebbe profondere.
Proviamo a rispondere noi, sommariamente. Il Museo di
Messina conserva due opere. La prima è il famoso polittico di San Gregorio, riportato da
tutti i testi che trattano di Antonello. La seconda è un "petit cadeau", un
piccolo regalo, nel senso che è davvero una piccolissima tavola lignea poco
più grande di dieci centimetri di lato, raffigurante una Madonna con bambino
e un francescano orante, offerta in dono dall’Assessorato regionale che
l’ha acquistata nel 2003 in Inghilterra ad un’asta pubblica. Di Antonello
gli studenti messinesi interpellati ricordano invece l’Annunciata, che non
si trova al Musée du Luovre, come è stato risposto, ma nella sicilianissima
Galleria Regionale di Palazzo Abatellis a Palermo. A voler fare un
itinerario antonelliano in Sicilia, toccheremmo oltre le già citate Messina
e Palermo, anche città come Siracusa e Cefalù.
Non è tuttavia di Antonello che vorremmo discorrere,
perché torneremo a parlarne in modo più appropriato nei prossimi
appuntamenti on-line e of-line. Antonello ci offre lo spunto per evidenziare
che molto lavoro è stato fatto in questi ultimi anni, ma ancora è lunga la
strada da percorrere per allargare la conoscenza del ricchissimo patrimonio
culturale siciliano. Per questo motivo concordiamo con quanto afferma Marco
Girolami, direttore del Centro Studi del Touring Club Italiano: «Per i musei
la capacità di riqualificarsi e di adeguare la propria mission di
conservazione», è divenuta ormai «altrettanto cruciale quanto quella della
comunicazione ». Conservare, dunque, ma non solo, perché conta anche
comunicare, vale a dire informare, divulgare, rendere noto, rendere
pubblico, diffondere, partecipare, inculcare.
Non mi stancherò di richiamare
l’attenzione su di un cameriere, incontrato in un allegro e convulso Pub a
Valletta, il quale vantava orgogliosamente: «Nell’isola di Malta abbiamo
avuto San Paolo ». San Paolo è parte integrante della cultura maltese,
così come Antonello dovrebbe esserlo di quella messinese, avendo
occasionalmente scelto questo spunto esemplificativo per intraprendere un
discorso ben più ampio ed articolato, che svilupperemo via via col tempo. «I
musei – per continuare con Girolami – possono quindi paradossalmente essere
interpretati come “vere e proprie porte” della città e non più come tesori
nascosti». Il riferimento al modello del “Museo diffuso” nel territorio,
sperimentato in altre realtà nazionali e trasnazionali, è implicito, ma
neppure tanto.
Il museo è capace di raccontare la storia – o meglio,
le storie – attraverso le proprie esposizioni. La scuola, quando è ben
fatta, ne può riprendere e moltiplicare i suggerimenti, divenendo occasione
di riflessione e di maturazione culturale. Con sempre maggiore assiduità
accade, però, che proposte e stimoli siano più ravvisabili fuori da quelle
che dovrebbero essere le sedi istituzionali della cultura: la scuola,
infatti, sembra troppo presa da facili sociologismi, troppo intenta ad
elargire “saperi minimi”, che finiscono con rivelarsi “saperi nulli”.
«Certamente», scrive Eva Cantarella, illustre docente
di “Diritto greco” all’Università di Milano, «importante è anche la diffusa
consapevolezza che la cultura (intesa come letteratura, storia, filosofia,
performing arts…) è parte della nostra vita, anche se forse in modo
approssimativo, e soprattutto fa parte in misura crescente dell’economia
delle città, che competono in tutto il mondo per promuovere grandi eventi,
dai festival al Museo commissionato a Frank Gehry dalla città di Bilbao».
Bilbao è la città spagnola delle province Basche,
assurta all’attenzione internazionale da quando nel 1998 è stato inaugurato
il Museo Guggenheim, progettato dall’estroso architetto americano Gehry. A
Bilbao, dicevamo, hanno compreso che un moto virtuoso può prendere l’avvio
recuperando la propria identità culturale. Hanno addirittura cominciato
dalla confezione (cioè da un contenitore unico nella sua architettura) prima che
dal contenuto; restituendo un’immagine vincente, attraverso un’operazione
culturale che è stata capace di cambiare il volto alla città. A Bilbao si è
fatto qualcosa “di più”. E’ quello che vorremmo fare, partendo da “Experiences”, le molteplici esperienze
che il passato ci può fornire per costruire il futuro. |
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