Siamo convinti che la cultura
possa contribuire alla trasformazione concreta delle direttrici
politiche grazie alle quali gestire una città. Siamo fortemente
persuasi che uno degli strumenti possibili per un mutamento
sostanziale sia il recupero dei patrimoni culturali, grazie ai
quali identificarsi con dignità ed orgoglio al territorio di
appartenenza.
Tradizionalmente le pubbliche amministrazioni collocano i beni culturali
nella categoria delle “finalità”, nel senso che l’arte e la storia sono così
dense di significati di civiltà da costituire esse stesse un fine. Tuttavia
da più parti in Europa e in America si tende a mettere in evidenza un valore
strumentale del patrimonio culturale, finalizzato al conseguimento di scopi
collettivi, come lo sviluppo economico, il risanamento della finanza
pubblica, la crescita dell’occupazione.
Laddove è concretamente sfruttato il patrimonio sta diventando leva di
nuove attività, introducendo una dimensione culturale nelle città,
migliorando i flussi turistici, recuperando le professioni artigianali,
arricchendo il contesto di vita.
Una ricca letteratura critica, documentata da analisi e rilevamenti
statistici, ha da tempo dimostrato che di fronte ad un patrimonio degradato,
la società non reagisce, con la conseguenza dell’aumento del degrado. Al
contrario, di fronte ad un patrimonio in buono stato, aumenta l’interesse
sociale verso l’appropriata valorizzazione, superando persino le pratiche
dei regimi meramente vincolistici. Ciò ha portato ad aumentare in varie
realtà europee, le risorse destinate alla conservazione e ad incentivare
gli investimenti pubblici e privati.
L’attenzione al patrimonio culturale migliora per molti aspetti il contesto
di vita e l’immagine del territorio che lo detiene. Questa attenzione passa
attraverso la creazione di opere d’arte nei luoghi pubblici e, soprattutto,
attraverso il restauro di monumenti emblematici che consentiranno di
affermare un’immagine di qualità delle città ed una migliore identità
collettiva.
In anni recenti, si è sviluppato il recupero e la ristrutturazione delle
aree industriali dismesse che presentano un valore patrimoniale. Per avere
la riprova basterebbe recarsi, non solo in tante città europee, ma persino
in Sicilia stessa, come ad esempio a Siracusa, che ha recuperato con il
piano Urban l’intera isola di Ortigia. In molte altre città, al contrario,
il recupero di aree degradate tarda a concretizzarsi. Gli incentivi - vale
ricordare quelli delle Zfu (Zone franche urbane) da oltre un decennio
applicate in Francia - potrebbero contribuire al raggiungimento degli
obiettivi di riqualificazione di aree oggi fatiscenti e in gran parte
contaminate da depositi solidi urbani.
Da quanto detto risulta inevitabile la complementarità di ruoli in materia
di formazione, informazione, utilizzo; tenendo ben presente, tuttavia, che
non si realizzerà mai alcun recupero senza dialogo sociale e senza
l’inserimento delle risorse culturali all’interno di un quadro
programmatico. Sarebbe ora di pretendere città alternative e non
semplicemente limitarsi a sognarle. |
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