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L'insegnamento che ci viene dai restauri della Cappella Palatina di Palermo, grazie al sostegno di uno sponsor come Reìnhold Wùrth, dovrebbe riflettersi in tutta la Sicilia.
 
 
Editoriale
di Sergio Bertolami

 

 

       L’arte dell’età normanno-sveva è stata tra le più fiorenti in Sicilia. Le istituzioni a Palermo lo hanno capito e hanno avviato (ed in parte concluso) i lavori di restauro della cappella Palatina. L’intervento è reso possibile grazie al finanziamento di due milioni e mezzo di euro da parte di uno sponsor straordinario come il mecenate tedesco Reìnhold Wùrth. L’azienda Wùrth, leader mondiale nei prodotti e sistemi di fissaggio ha saputo elaborare un  progetto di notevole rilevanza culturale, tanto da ottenere un prestigioso riconoscimento pubblico, vincendo il confronto con altri 135 progetti presentatati da altrettante imprese a carattere nazionale ed internazionale. All’azienda tedesca, infatti, è stato assegnato il Premio Unione Europea,  patrocinato da Confindustria e dall’I.C.E., proprio per il Restauro della Cappella Palatina, grazie al “grande impegno economico e pluriennale a favore della conservazione, per la valorizzazione e promozione in Europa del patrimonio artistico italiano. Particolarmente apprezzata la capacità di connotare l’identità aziendale attraverso l’investimento in cultura”.

La cappella Palatina, simbolo di una cristianità allargata all’intera Isola, dopo la riconquista normanna, fu ultimata dopo tredici anni di lavori, a partire dal 1130, data d’incoronazione di Ruggero Secondo a primo re di Sicilia. Rappresenta l’amalgama della cultura europea e mediterranea dell’epoca, per le sue espressioni romaniche e bizantine, siciliane ed arabe. Il recupero totale interesserà i muri esterni con le preziose tracce dell’originale intonaco bianco di fattura normanna, con le quote e le geometrie originali. Ma l’intervento riguarda anche l’interno: i particolari soffitti lignei a gocce, decorati e dipinti, e il paramento musivo di gusto bizantino, uno dei più pregevoli esistenti, con il Cristo Pantocratore della cupola, gli angeli che gli fanno corona, gli Evangelisti assorti nelle loro meditazioni. Non da meno, le vetrate, la pavimentazione in marmo d’influenza alessandrina, le volte dissestate dal terremoto del 6 settembre del 2001. Naturalmente il progetto prevede anche uno studio sul microclima, per valutare il numero di visitatori, che di volta in volta potranno accedere contemporaneamente all’interno della cappella, e per quanto tempo potranno sostarvi, senza arrecare danni ai manufatti lapidei e lignei. Infine, un nuovo impianto d’illuminazione per rischiarare e valorizzare l’ambiente.

Tutto ciò sarà possibile, avendo individuato la giusta strada delle sponsorizzazioni di alto livello, giacché Reìnhold Wùrth, non è soltanto un imprenditore che vuole legare la propria immagine aziendale all’arte italiana e siciliana in particolare, perseguendo meri interessi di marketing aziendale. Wùrth è un collezionista che ha saputo raccogliere un ricchissimo patrimonio storico-artistico, che apparirà in varie mostre tematiche. 

La domanda sensata che dovremmo porci è: «Perché ha deciso d’investire proprio su Palermo»? Perché a questa città è legata la memoria normanno-sveva quante altre mai, cioè all’opera di Ruggero II e di Federico II. In altre parole l’opera di mecenatismo di Wùrth, è strettamente connessa alla ricerca delle radici tedesche in terra di Sicilia. Comprendere questo fornisce un insegnamento sostanziale, a chi vuole intendere. Salvaguardare l’eredità storica e culturale, ravvisabile (non solo nelle opere d’influenza germanica) in tutta la congerie di espressioni artistiche e documentarie, lasciate dai popoli che della Sicilia hanno fatto il luogo di celebrazione di differenti civiltà, significa trovare partners di primaria importanza per lanciare il nostro territorio, più di quanto si sia fatto fino ad ora. Ben vengano i buoni esempi.

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