Nella
definizione del suo stile molti
sono stati i critici a definirlo
simile a quello verghiano (ma
anche quello del decadente
Gabriele D'Annunzio). Altri,
infatti, la inseriscono, di volta
in volta, in vari movimenti come
il regionalismo, il verismo o il
decadentismo. Ciò deriva, con
molta probabilità, all’approccio
personalissimo e originale della
Deledda. Essa narra, soprattutto,
storie intense d'amore,
di dolore e di morte. Su tutte
aleggia il senso del peccato e
della colpa, dove la coscienza
dell’ineluttabile destino finale
permea la narrazione. La
scrittrice cerca, in sostanza, di
cogliere l'essenza della vita
nella sua tragicità (come nei
grandi autori russi).
Poiché l’adesione, più o meno, al
verismo, l’ha portata ad
ambientare molti dei suoi scritti
nel nuorese, qualcuno tende ad
inserirla direttamente nella
letteratura sarda. Molti
intellettuali sardi, suoi
contemporanei, la accusarono di
descrivere una Sardegna povera ed
arretrata, rifiutandone, per
questo, la sua operazione
letteraria. A lei, tuttavia, non è
propria quella denuncia sociale
che ha caratterizzato molti
scrittori veristi.
Durante
il periodo romano la Deledda ebbe
numerosi contatti con gli artisti
della Secessione, che ne
traghetterebbe l’opera agli inizi
del Novecento. I movimenti della
Secessione ponevano, infatti,
importanti domande sul mondo
dell'arte in generale, sia in
pittura che in letteratura. La
Deledda, non solo, abitava insieme
ad artisti della Secessione
romana, sulla Nomentana, ma ne
curava le presentazioni per le
mostre nella capitale. Tra gli
altri, conosceva Plinio Nomellini,
Cambellotti, Prini, Antonio
Maraini, Dazzi, Viani, i Cascella
e lo scultore Ettore Ximenes
(autore di gruppi marmorei per
l'Altare della Patria).
Oggettivamente il progetto di
Grazia Deledda, aldilà di una
collocazione letteraria, presenta
due tipicità: il tentativo di
collegare la realtà antropologica
sarda sia nella specificità della
lingua italiana, sia nel mondo
esterno della letteratura in
generale. Molti sono, infatti, i
punti in comune con la grande
letteratura russa, conosciuta e
amata dalla Deledda. Essa
provenendo da un mondo sconosciuto
e chiuso fino a quel momento, la
porta in primis a costruire un
ponte tra il dialetto sardo e la
lingua italiana, intuendo
l'intenso rapporto tra civiltà,
cultura e lingua. L’apertura verso
il mondo nazionale, porta la
Deledda ad essere quasi bilingue.
Essa scrive: “Io scrivo ancora
male in italiano - ma anche perché
ero abituata al dialetto sardo che
è per se stesso una lingua diversa
dall'italiana". Ed è proprio
traendo ispirazione dal proprio
vissuto e dal proprio universo
antropologico sardo (con grandi
affinità alla cultura rurale e
contadina russa), che la pone
molto vicino agli scrittori
dell’est, creando un rapporto tra
la Sardegna e la Russia. La
Deledda si accinge a realizzare il
proprio progetto letterario, in
lingua italiana, trovando la
propria identità proprio in quel
mondo distante e perciò spesso
sfuggente ai critici stessi. Il
rapporto tra la Deledda e gli
scrittori russi è profondo e
significativo, allacciandosi al
mondo letterario dei suoi
contemporanei: Gor'kij, Anton
Čechov ma anche con i recenti
Gogol', Dostoevskij e Turgenev. La
Deledda, infatti, scrive: “Ai
primi del 1899 uscirà La
giustizia: e poi ho combinato con
la casa Cogliati di Milano per un
volume di novelle che dedicherò a
Leone Tolstoi: avranno una
prefazione scritta in francese da
un illustre scrittore russo, che
farà un breve studio di
comparazione fra i costumi sardi e
i costumi russi, così stranamente
rassomiglianti”.
A metà
degli anni trenta Francesco Bruno
pubblicò la prima monografia
critica su Grazia Deledda. Tra gli
anni quaranta e sessanta, nelle
antologie scolastiche della
letteratura italiana di diversi
critici (Attilio Momigliano,
Francesco Flora e Natalino
Sapegno), grande rilievo (e
numerose pagine di suoi testi)
assume l’opera della scrittrice
sarda. Con la nuova concezione
dell'arte come specchio della
realtà, la sua opera
progressivamente perse
d’importanza, quasi eclissandosi.
I suoi libri sono, tuttavia,
ancora lettissimi dal vasto
pubblico.
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