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Chiaramonti - Nuraghe Ruiu

Foto da Wikimedia Commons

     
 
GRAZIA DELEDDA
Una collocazione
artistica, alquanto
difficile
 

Nella definizione del suo stile molti sono stati i critici a definirlo simile a quello verghiano (ma anche quello del decadente Gabriele D'Annunzio). Altri, infatti, la inseriscono, di volta in volta, in vari movimenti come il regionalismo, il verismo o il decadentismo. Ciò deriva, con molta probabilità, all’approccio personalissimo e originale della Deledda. Essa narra, soprattutto, storie intense d'amore, di dolore e di morte. Su tutte aleggia il senso del peccato e della colpa, dove la coscienza dell’ineluttabile destino finale permea la narrazione. La scrittrice cerca, in sostanza, di cogliere l'essenza della vita nella sua tragicità (come nei grandi autori russi).

Poiché l’adesione, più o meno, al verismo, l’ha portata ad ambientare molti dei suoi scritti nel nuorese, qualcuno tende ad inserirla direttamente nella letteratura sarda. Molti intellettuali sardi, suoi contemporanei, la accusarono di descrivere una Sardegna povera ed arretrata, rifiutandone, per questo, la sua operazione letteraria. A lei, tuttavia, non è propria quella denuncia sociale che ha caratterizzato molti scrittori veristi.

Durante il periodo romano la Deledda ebbe numerosi contatti con gli artisti della Secessione, che ne traghetterebbe l’opera agli inizi del Novecento. I movimenti della Secessione ponevano, infatti,  importanti domande sul mondo dell'arte in generale, sia in pittura che in letteratura. La Deledda, non solo, abitava insieme ad artisti della Secessione romana, sulla Nomentana, ma ne curava le presentazioni per le mostre nella capitale. Tra gli altri, conosceva Plinio Nomellini, Cambellotti, Prini, Antonio Maraini, Dazzi, Viani, i Cascella e lo scultore Ettore Ximenes (autore di gruppi marmorei per l'Altare della Patria).

Oggettivamente il progetto di Grazia Deledda, aldilà di una collocazione letteraria, presenta due tipicità: il tentativo di collegare la realtà antropologica sarda sia nella specificità della lingua italiana, sia nel mondo esterno della letteratura in generale. Molti sono, infatti, i punti in comune con la grande letteratura russa, conosciuta e amata dalla Deledda. Essa provenendo da un mondo sconosciuto e chiuso fino a quel momento, la porta in primis a costruire un ponte tra il dialetto sardo e la lingua italiana, intuendo l'intenso rapporto tra civiltà, cultura e lingua. L’apertura verso il mondo nazionale, porta la Deledda ad essere quasi bilingue. Essa scrive: “Io scrivo ancora male in italiano - ma anche perché ero abituata al dialetto sardo che è per se stesso una lingua diversa dall'italiana". Ed è proprio traendo ispirazione dal proprio vissuto e dal proprio universo antropologico sardo (con grandi affinità alla cultura rurale e contadina russa), che la pone molto vicino agli scrittori dell’est, creando un rapporto tra la Sardegna e la Russia. La Deledda si accinge a realizzare il proprio progetto letterario, in lingua italiana, trovando la propria identità proprio in quel mondo distante e perciò spesso sfuggente ai critici stessi. Il rapporto tra la Deledda e gli scrittori russi è profondo e significativo, allacciandosi al mondo letterario dei suoi contemporanei: Gor'kij, Anton Čechov ma anche con i recenti Gogol', Dostoevskij e Turgenev. La Deledda, infatti, scrive:
“Ai primi del 1899 uscirà La giustizia: e poi ho combinato con la casa Cogliati di Milano per un volume di novelle che dedicherò a Leone Tolstoi: avranno una prefazione scritta in francese da un illustre scrittore russo, che farà un breve studio di comparazione fra i costumi sardi e i costumi russi, così stranamente rassomiglianti”.

A metà degli anni trenta Francesco Bruno pubblicò la prima monografia critica su Grazia Deledda. Tra gli anni quaranta e sessanta, nelle antologie scolastiche della letteratura italiana di diversi critici (Attilio Momigliano, Francesco Flora e Natalino Sapegno), grande rilievo (e numerose pagine di suoi testi) assume l’opera della scrittrice sarda.
Con la nuova concezione dell'arte come specchio della realtà, la sua opera progressivamente perse d’importanza, quasi eclissandosi. I suoi libri sono, tuttavia, ancora lettissimi dal vasto pubblico.

 
 
 
 
 
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