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Illustrazione di John Bauer per la fiaba di Alfred Smedberg,
De sju önskningarna (I sette desideri
)  -
Foto da Wikimedia Commons

 
     
 
RAGAZZI AL CINEMA 
Nell'antichità
fiabe ingenue
per adulti maturi
 

Dalla tradizione popolare nasce il genere letterario delle fiabe. Si differenziano dalle favole, spesso popolate di animali antropomorfizzati, ma anche di piante od esseri inanimati, con un chiaro scopo allegorico e morale. Le fiabe, invece, trattano di esseri fantastici come fate, orchi, mostri, folletti e giganti.

Per lo più si ritiene che siano un genere rivolto ai bambini. In realtà nascono come racconti che si narravano, soprattutto, nel corso di lavori metodici, manuali, che non impegnavano mentalmente: la filatura, ad esempio. Tali lavori erano d’uso femminile e, poiché spettava alle mamme il compito della crescita dei figli e la loro cura quotidiana, le fiabe spesso erano finalizzate proprio all’intrattenimento dei piccoli. Si usava narrarle la sera, davanti al fuoco, ad un uditorio di bambini, ma anche di adulti.

Le fiabe fanno parte del repertorio narrativo orale. Così il narratore, per volontà o meno, mischiava storia a storia, creando in conseguenza di ciò fiabe del tutto nuove. Quindi, con i secoli, il patrimonio si è accresciuto. Dal momento poi che i protagonisti, il più delle volte, appartengono alla povera gente, le storie raccontate rispecchiano usi e costumi, quotidianità e mestieri, paure e sogni della classe popolare dell'epoca. Mentre re, principi e potenti, sono idealizzati e inseriti in mondi fantastici.

Le fiabe rappresentavano un divertimento per tutti, spesso e volentieri a lieto fine. Contadini, pescatori, pastori, montanari, riuniti attorno al focolare, non mancavano di scambiarsi una fiaba, facendo persino a gara tra chi raccontava la più bella e fantastica della serata. E poiché erano materia non solo per i piccoli ma anche per gli adulti, ogni comunità aveva le proprie storie, distinguibili per le credenze e gli usi locali.

Come dicevamo, soprattutto in Europa, le fiabe hanno fatto parte della cultura popolare orale, terreno di ricerca di grande valore per la scienza etno-antropologica. Alcuni studiosi e scrittori le raccolsero dalla viva voce degli anziani e le trascrissero, cercando di mantenere la freschezza del racconto diretto.

I “narratori” di fiabe si dividono, perciò, fra coloro che tramandavano la lunga tradizione e coloro che creavano nuove storie. Nel mondo arabo, furono raccolte, nel Settecento, Le mille e una notte. In Europa tra i raccoglitori ricordiamo: Charles Perrault (Francia), e i fratelli Grimm (Germania), Giuseppe Pitrè (Italia) e i più recenti Italo Calvino (Italia), William Butler Yeats (Irlanda) e Aleksander Afanasiev (Russia).

Tra gli “inventori” di nuove storie registriamo: Giambattista Basile (Italia) che, nel Seicento, scrisse il Pentamerone o Lo cunto de li cunti (redasse in dialetto napoletano circa cinquanta fiabe popolari), lo stesso Charles Perrault (Francia) che scrisse, nel XVII secolo, I racconti di Mamma Oca, Hans Christian Andersen (Danimarca), gli italiani Capuana e Collodi (basti citare fra tutte Pinocchio) e il britannico James Matthew Barrie (Peter Pan). Anche romanzieri famosi non hanno mancato di scrivere qualche fiaba. Ad esempio, Oscar Wilde (Inghilterra) pubblicò, nel 1888, The Happy Prince and Other Stories.

Se le fiabe oggi hanno acquisito dignità letteraria e sono diventate fondamentali nella narrativa per ragazzi, molto di più è la loro influenza nella società moderna. Per renderci conto della loro importanza anche ai nostri giorni, pensiamo a come i racconti fantastici, le storie di fantascienza, di fantasy e horror, siano seguiti dal grande pubblico. Ma non sottovalutiamo il fatto che, innegabilmente, continuano  a mantenete un forte legame con le vecchie, ingenue, fiabe del passato.

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