Dalla
tradizione popolare nasce il genere
letterario delle fiabe. Si
differenziano dalle favole, spesso popolate di animali antropomorfizzati, ma anche
di piante od
esseri inanimati, con un
chiaro scopo allegorico e morale. Le
fiabe, invece, trattano di esseri
fantastici come fate, orchi, mostri,
folletti e giganti.
Per lo più si ritiene
che siano un genere rivolto ai
bambini. In realtà nascono come racconti
che si narravano, soprattutto, nel corso
di
lavori metodici, manuali, che non
impegnavano mentalmente: la
filatura, ad esempio. Tali lavori erano
d’uso femminile e, poiché spettava alle
mamme il
compito della crescita dei figli e la loro
cura quotidiana, le fiabe spesso erano finalizzate
proprio all’intrattenimento dei
piccoli. Si usava narrarle la sera, davanti al fuoco, ad
un uditorio di bambini, ma anche di adulti.
Le fiabe fanno parte del repertorio
narrativo orale. Così il narratore, per volontà o meno,
mischiava storia a storia, creando
in conseguenza di ciò fiabe del
tutto nuove. Quindi, con i secoli,
il patrimonio si è accresciuto.
Dal momento poi che i protagonisti,
il più delle volte, appartengono alla povera gente,
le storie raccontate rispecchiano usi e
costumi, quotidianità e mestieri, paure e
sogni della classe popolare dell'epoca.
Mentre re, principi e
potenti, sono idealizzati e inseriti in
mondi
fantastici.
Le fiabe rappresentavano un
divertimento per tutti, spesso e
volentieri a lieto fine. Contadini,
pescatori, pastori, montanari, riuniti
attorno al focolare, non mancavano
di scambiarsi una fiaba, facendo
persino a gara tra chi raccontava
la più bella e fantastica della serata. E
poiché erano materia non solo per i
piccoli ma anche per gli
adulti, ogni comunità aveva le proprie
storie,
distinguibili per le credenze e gli usi
locali.
Come dicevamo, soprattutto in Europa, le
fiabe hanno fatto parte della cultura
popolare orale, terreno di ricerca di grande valore per la
scienza etno-antropologica. Alcuni studiosi
e scrittori le raccolsero dalla viva voce
degli anziani e le trascrissero, cercando
di mantenere la freschezza del racconto
diretto.
I “narratori”
di fiabe si dividono, perciò, fra coloro
che tramandavano la lunga tradizione e
coloro che creavano nuove storie. Nel mondo arabo,
furono raccolte, nel Settecento, Le
mille e una notte. In Europa tra i
raccoglitori ricordiamo: Charles Perrault
(Francia), e i fratelli Grimm
(Germania), Giuseppe Pitrè (Italia) e i
più recenti Italo Calvino (Italia),
William Butler Yeats (Irlanda) e
Aleksander Afanasiev (Russia).
Tra gli
“inventori” di nuove storie registriamo:
Giambattista Basile (Italia) che, nel
Seicento, scrisse il Pentamerone o
Lo cunto de li cunti (redasse in
dialetto napoletano circa cinquanta fiabe
popolari),
lo stesso Charles
Perrault (Francia) che scrisse, nel XVII
secolo, I racconti di Mamma Oca,
Hans Christian Andersen (Danimarca), gli
italiani Capuana e Collodi (basti citare fra tutte
Pinocchio) e il britannico James
Matthew Barrie (Peter Pan). Anche
romanzieri famosi non hanno mancato di
scrivere qualche fiaba.
Ad esempio, Oscar Wilde (Inghilterra) pubblicò, nel
1888, The Happy Prince and Other
Stories.
Se le fiabe
oggi hanno acquisito dignità letteraria e
sono diventate fondamentali nella
narrativa per ragazzi, molto di più è la
loro influenza nella società moderna.
Per renderci conto della loro importanza
anche ai nostri giorni, pensiamo a
come i racconti fantastici, le
storie di fantascienza, di fantasy e
horror, siano seguiti dal grande pubblico.
Ma non sottovalutiamo il fatto che, innegabilmente,
continuano a mantenete un forte
legame con le vecchie, ingenue, fiabe del
passato.
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