I fratelli Jacob (1785-1863) e Wilhelm
(1786-1859) Grimm con la pubblicazione,
nel 1812 e nel 1815, dei due volumi dei Kinder-und
Hausmärchen (composti da ben
156 fiabe) sono i fondatori di quella che
sarà la ricerca sul racconto
popolare e in particolare sul mondo delle
fiabe. Essi sono i sostenitori della teoria
secondo la quale - partendo da un passato comune
indoeuropeo che ne spiega le analogie -
con lo sviluppo si sarebbero perse
(soprattutto nei ceti più elevati) le
radici culturali alla base delle comunità.
Cosicché, operando ricerche fra gli strati
popolari, i due fratelli raccolsero in
racconti e fiabe popolari i resti
dell’antica cultura identitaria del
popolo.
Nella seconda
metà dell’Ottocento, nasce l’antropologia.
Questa sostiene che alla base degli esseri
umani esiste la stessa
struttura psicologica, ma se vi sono
diversità la loro natura è esclusivamente di
carattere culturale. Da ciò dipenderebbero somiglianze
e differenze tra fiabe, riscontrabili anche al di fuori
dell’Europa, come in India, in Cina, ma anche
in territori linguistici semiti e
turchi.
Tra l’Ottocento
e il Novecento gli studiosi finlandesi
Kaarle Krohn e Antti Aarne applicarono il
metodo storico-geografico alla
classificazione delle fiabe. Analizzandole
essi cercavano di definire il loro
territorio di diffusione e, catalogando le
varianti omogenee, cercarono di ricostruirne la forma
originale.
Nel 1900, con
la pubblicazione de L'interpretazione
dei sogni di Sigmund Freud, nasce
ufficialmente la psicoanalisi. Freud
collega sogni e fiabe al mondo interiore
degli esseri umani. Il bambino crescendo
scopre nelle fiabe la soluzione
liberatoria dalle proprie paure o
desideri. Tant’è che in esse si trova
spesso la figura di un giovane che, alla
ricerca della propria strada, combatte contro
un Orco, perdendo nelle fasi iniziali,
ma riuscendo, alla fine, a prevalere ed
emanciparsi. Le storie
rappresenterebbero, dunque, le difficoltà a
svincolarsi dall'influenza dei genitori Orco.
Nella
psicologia di Carl Gustav Jung, si
sostiene che il desiderio inconscio di sviluppare le
proprie capacità e di liberarsi dai
vincoli,
si sfoga nei sogni, nelle fantasie e nelle
fiabe. Per questo motivo si trovano profonde
somiglianze nei racconti dei popoli di
tutto il mondo. Ecco allora apparire nelle
fiabe quelli che Jung chiama “archetipi”.
L’eroe, sovente, deve affrontare
prove sovrumane come l’attraversamento di
un oceano, un grande bosco, o distanze
inenarrabili. Se l’eroe si trova
nell’impossibilità di farlo, ecco apparire
nella fiaba un personaggio (spesso un
vecchio) che l’aiuta. Raffigura,
secondo Jung, uno degli archetipi
dell'anima, del giudizio e della
concentrazione mentale, cioè un esempio
etico di comportamento.
Hedwing von Beit,
della scuola di Jung, ha studiato la famosa fiaba di
Hansel e Gretel. Marie-Louise Von
Franz, analizzando sempre l’argomento
fiabesco, ha prodotto numerosi scritti
come: Le fiabe interpretate,
Il femminile nella fiaba, L'ombra e
il male nella fiaba.
Nel 1946 esce
in libreria il saggio del russo Vladimir
Propp, Le radici storiche dei racconti
di fate, dove lo scrittore ne indaga le
origini e la genesi,
appoggiandosi alle ricerche etnografiche
del tempo. La ricerca dello studioso russo
si accrebbe a tal punto da divenire un
libro esclusivamente su questo tema. Propp, dopo un lungo esame analitico,
sostiene che la maggior parte degli
elementi strutturali delle fiabe risalgono
a riti e miti "primitivi" - nel periodo
in cui la società era costituita in
clan - e marcatamente al "ciclo
d'iniziazione" e alle "rappresentazioni
della morte", che segnavano il passaggio
dei ragazzi dall'infanzia all'età adulta.
Questa
cerimonia, tipica delle società primitive,
veniva svolta e guidata dallo stregone del
gruppo. I giovanetti venivano sottoposti a
numerose prove, per dimostrare, davanti
alla tribù, la raggiunta maturità, degni
di essere, cioè, considerati adulti. Col
passare del tempo tali riti non vennero più
adempiuti e la loro memoria piano piano si
distorse nel
racconto degli anziani,
trasformandosi col tempo in fiaba. Le prove affrontate
dai personaggi del racconto, si mischiarono con
gli antichi cerimoniali degli stregoni. Le
difficoltà da affrontare si presentano
causate da
orchi, streghe e mostri che incutono
terrore, all’interno di un quadro dove
"Natura e Realtà", rappresentano i veri
mostri da battere quotidianamente.
Nel XX secolo
l’analisi delle fiabe ha rivolto la sua
attenzione più che al narratore,
soprattutto ai suoi ascoltatori
principali, i bambini. Lo psicoanalista
austriaco Bruno Bettelheim (nel libro
Il mondo incantato) ha messo in
risalto come la fiaba possa produrre,
nel complesso periodo della crescita, un
aiuto per il bambino.
Fiabe come Hansel e Gretel o
Pollicino - che vincono da soli i
mostruosi avversari, superando la paura di
essere abbandonati dai propri genitori -
mostrano nel lieto fine il compimento di
un proprio
conflitto interiore.
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