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illustrazione dello svedese John Bauer del 1914 per la fiaba L’anello di Helena Nyblom
- Foto da Wikimedia Commons

 
     
 
RAGAZZI AL CINEMA 
L'origine ed
il significato
delle fiabe
 

I fratelli Jacob (1785-1863) e Wilhelm (1786-1859) Grimm con la pubblicazione, nel 1812 e nel 1815, dei due volumi dei Kinder-und Hausmärchen (composti da ben 156 fiabe) sono i fondatori di quella che sarà la ricerca sul racconto popolare e in particolare sul mondo delle fiabe. Essi sono i sostenitori della teoria secondo la quale - partendo da un passato comune indoeuropeo che ne spiega le analogie - con lo sviluppo si sarebbero perse (soprattutto nei ceti più elevati) le radici culturali alla base delle comunità. Cosicché, operando ricerche fra gli strati popolari, i due fratelli raccolsero in racconti e fiabe popolari i resti dell’antica cultura identitaria del popolo.

Nella seconda metà dell’Ottocento, nasce l’antropologia. Questa sostiene che alla base degli esseri umani esiste la stessa struttura psicologica, ma se vi sono diversità la loro natura è esclusivamente di carattere culturale. Da ciò dipenderebbero somiglianze e differenze tra fiabe, riscontrabili anche al di fuori dell’Europa, come in India, in Cina, ma anche in territori linguistici semiti e turchi.

Tra l’Ottocento e il Novecento gli studiosi finlandesi Kaarle Krohn e Antti Aarne applicarono il metodo storico-geografico alla classificazione delle fiabe. Analizzandole essi cercavano di definire il loro territorio di diffusione e, catalogando le varianti omogenee, cercarono di ricostruirne la forma originale.

Nel 1900, con la pubblicazione de L'interpretazione dei sogni di Sigmund Freud, nasce ufficialmente la psicoanalisi. Freud collega sogni e fiabe al mondo interiore degli esseri umani. Il bambino crescendo scopre nelle fiabe la soluzione liberatoria dalle proprie paure o desideri. Tant’è che in esse si trova spesso la figura di un giovane che, alla ricerca della propria strada, combatte contro un Orco, perdendo nelle fasi iniziali, ma riuscendo, alla fine, a prevalere ed emanciparsi. Le storie rappresenterebbero, dunque, le difficoltà a svincolarsi dall'influenza dei genitori Orco.

Nella psicologia di Carl Gustav Jung, si sostiene che il desiderio inconscio di sviluppare le proprie capacità e di liberarsi dai vincoli, si sfoga nei sogni, nelle fantasie e nelle fiabe. Per questo motivo si trovano profonde somiglianze nei racconti dei popoli di tutto il mondo. Ecco allora apparire nelle fiabe quelli che Jung chiama “archetipi”. L’eroe, sovente, deve affrontare prove sovrumane come l’attraversamento di un oceano, un grande bosco, o distanze inenarrabili. Se l’eroe si trova nell’impossibilità di farlo, ecco apparire nella fiaba un personaggio (spesso un vecchio) che l’aiuta. Raffigura, secondo Jung, uno degli archetipi dell'anima, del giudizio e della concentrazione mentale, cioè un esempio etico di comportamento.

Hedwing von Beit, della scuola di Jung, ha studiato la famosa fiaba di Hansel e Gretel. Marie-Louise Von Franz, analizzando sempre l’argomento fiabesco, ha prodotto numerosi scritti come: Le fiabe interpretate, Il femminile nella fiaba, L'ombra e il male nella fiaba.

Nel 1946 esce in libreria il saggio del russo Vladimir Propp, Le radici storiche dei racconti di fate, dove lo scrittore ne indaga le origini e la genesi, appoggiandosi alle ricerche etnografiche del tempo. La ricerca dello studioso russo si accrebbe a tal punto da divenire un libro esclusivamente su questo tema. Propp, dopo un lungo esame analitico, sostiene che la maggior parte degli elementi strutturali delle fiabe risalgono a riti e miti "primitivi" - nel periodo in cui la società era costituita in  clan - e marcatamente al "ciclo d'iniziazione" e alle "rappresentazioni della morte", che segnavano il passaggio dei ragazzi dall'infanzia all'età adulta.

Questa cerimonia, tipica delle società primitive, veniva svolta e guidata dallo stregone del gruppo. I giovanetti venivano sottoposti a numerose prove, per dimostrare, davanti alla tribù, la raggiunta maturità, degni di essere, cioè, considerati adulti. Col passare del tempo tali riti non vennero più adempiuti e la loro memoria piano piano si distorse nel racconto degli anziani, trasformandosi col tempo in fiaba. Le prove affrontate dai personaggi del racconto, si mischiarono con gli antichi cerimoniali degli stregoni. Le difficoltà da affrontare si presentano causate da orchi, streghe e mostri che incutono terrore, all’interno di un quadro dove "Natura e Realtà", rappresentano i veri mostri da battere quotidianamente.

Nel XX secolo l’analisi delle fiabe ha rivolto la sua attenzione più che al narratore, soprattutto ai suoi ascoltatori principali, i bambini. Lo psicoanalista austriaco Bruno Bettelheim (nel libro Il mondo incantato) ha messo in risalto come la fiaba possa produrre, nel complesso periodo della crescita, un aiuto per il bambino. Fiabe come Hansel e Gretel o Pollicino - che vincono da soli i mostruosi avversari, superando la paura di essere abbandonati dai propri genitori - mostrano nel lieto fine il compimento di un proprio conflitto interiore.

 
 
 
 
 
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