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Palazzo Reale
ospita una straordinaria mosta dedicata al
movimento che coinvolse tutte le arti verso un
rinnovamento e un capovolgimento ideologico,
artistico e di costume nella Milano postunitaria
di fine Ottocento. La Scapigliatura per l’Italia
rappresenta l’antesignana delle cosiddette
avanguardie storiche, sorta dal calo di tensione
etica postrisorgimentale e, come in altri Paesi
europei, dalla dissoluzione critica del
Romanticismo. Non a caso ha radici milanesi – come
sarà per il Divisionismo e lo stesso Futurismo. Il
termine "Scapigliatura" deriva dal titolo del
romanzo di Cletto Arrighi (giornalista, scrittore
e patriota) La Scapigliatura e il 6 febbraio
(1861-62), in cui, con i toni passionali del
racconto popolare, si narra la vicenda milanese di
un ‘gruppo’ di scontenti e ribelli, "vero
pandemonio del secolo … serbatoio … dello spirito
di rivolta e di opposizione a tutti gli ordini
stabiliti", che finiscono con il sacrificare la
vita nei moti antiaustriaci del 1853. Il movimento
raccolse personalità libere, unite
dall’insofferenza e dalla volontà di scandalizzare
i benpensanti. Pittori, scultori, scrittori,
musicisti o gente di teatro, voci spregiudicate e
indipendenti, con atteggiamenti bohémien ed
esistenze sofferte che, cariche di vibrazione
emotiva, contrastarono il conformismo borghese.
Gli artisti agiscono insieme, combattono
l’accademismo, eleggono a cenacolo le osterie, si
esibiscono in
happenings di contestazione alla nascente società
d’impronta sabauda e al suo «gusto». Fermento
intellettuale, ma anche congerie socio-politica,
la Scapigliatura è caratterizzata da una complessa
natura in cui le arti visive sono espressione di
una «filosofia» e crescono in parallelo con
letteratura e musica. La cifra comune è
l'attenzione sull’uomo, sull’introspezione, sulle
incertezze dell’anima e sulla resa dei sentimenti.
E' dunque sul ritratto, sugli interni, sulla scena
di genere che si concentra il lavoro degli
artisti, lasciando da parte il plein air caro agli
Impressisonisti. LA STORIA
38 artisti e 250 opere tra
dipinti, sculture, grafiche e incisioni, testi,
fotografie e molto altro ancora, faranno rivivere
l’atmosfera di quest’esperienza artistica seguendo
il corso di quattro decenni in cui il movimento si
è evoluto dall’iniziale serrata polemica ad un
nuovo accademismo. Il percorso espositivo,
organizzato in sezioni cronologiche, prenderà il
via da Gli anni ‘60 dell'Ottocento con opere de Il
Piccio, con la sua pittura sfumata tutta
d’atmosfera, Filippo Carcano, innovatore nel
linguaggio pittorico ma meno propenso
all’intimismo, e l’intensità coloristica di
Federico Faruffini. I protagonisti della sezione
Gli anni ‘70 saranno Daniele Ranzoni, Tranquillo
Cremona e Giuseppe Grandi che, in sodalizio,
elaborarono la ‘macchia’ scapigliata e la scultura
pittorica, sostituendo al finito accademico,
basato sul disegno della forma, una materia
fluida, in cui la forma è colore carpito alle zone
d’ombra, suggerendo, e non descrivendo, il reale.
GIi anni ’80 saranno dedicati all’affermazione
della scultura scapigliata, che apre la via alla
cosiddetta "scultura impressionista" . In mostra i
lavori di Giuseppe Grandi, del quale per la prima
volta verranno presentati i gessi - restaurati per
l’occasione - del monumento alle Cinque Giornate,
di Ernesto Bazzaro, del giovane Paolo Troubetzkoy,
allievo di Ranzoni, del primo Leonardo Bistolfi e
di Medardo Rosso. L’ultima sezione, Gli anni ‘90,
evidenzierà come, in pittura e scultura, l’apporto
delle nuove leve permette l’elaborazione di un
vero e proprio accademismo del linguaggio
scapigliato (come nel caso dello scultore Eugenio
Pellini o del pittore Camillo Rapetti), mentre la
visione scapigliata
diventa un banco di prova per i futuri
"divisionisti", come ad esempio Gaetano Previati.
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