Un
menù suggerito dal passato ma elaborato
per essere gustato nel presente. La geografia dei luoghi è,
infatti, in perenne evoluzione: muta il territorio, cambiano le
tecniche agricole, le macchine e gli strumenti da lavoro. Il
gusto di un tempo è solo memoria. Persiste invece la ricchezza e
l’esuberanza dei prodotti che genera la terra di Sicilia. Ne
scaturisce, da sempre, una cucina rinomata, dai sapori intensi e
dove le influenze mediterranee si integrano con i profumi
dell’oriente.
La varietà delle materie prime permette di
comporre ed armonizzare fra loro pietanze che se pur
contrastanti sono in grado di stimolare il palato. Il menù,
ovvero la sequenza delle portate, che viene proposto si articola
secondo l’ordine che oggi conosciamo, ovvero dall’antipasto al
dolce. Impressioni sensoriali conducono il commensale nel
lontano 1500 attraverso un viaggio che ha inizio dal gran buffet
degli antipasti: un tripudio di colori dove predominano le calde
tonalità dell’arancio, della zucca e del melone, fino ai toni
dorati delle arancine e delle panelle.
I tavoli sono coperti da tovaglie di lino
bianco, il cui candore esalta la composizione dei cibi,
sollecitando l’appetito. Il tovagliolo è piegato in maniera
capricciosa, ma non si tratta di un tocco di modernità, poiché
nel secolo XVI la sua funzione ornamentale si stava trasformando
in utilitaristica. Boccali, vassoi in ceramica policroma, peltri
e metalli richiamano i colori delle pietanze, che hanno tutte
una forte identità territoriale.
Nelle arancine, di forma sferica come
piccole arance, è racchiusa la storia della Sicilia. Gli Arabi
portarono il riso nell’isola, tingendolo di giallo con lo
zafferano, per poi insaporirlo all’interno con un formaggio
tenero, la tuma, già conosciuto dai greci. Successivamente sarà
arricchito da un intingolo francese a base di verdure e carne e
solo alla fine accoglierà una salsa di pomodoro molto
concentrata.
Il contrasto fra il dolce ed il salato, che
caratterizza la cucina rinascimentale, raggiunge in Sicilia il
tono più equilibrato dell’ agro-dolce. Il gusto insipido del
melone e della zucca viene così trasformato ed esaltato dallo
zucchero e dall’aceto che, a sua volta, spruzzato su una
semplice fetta di caciocavallo, riesce a sprigionare un odore
talmente inebriante da sembrare un piatto ricco. Una semplice
fetta di caciocavallo spruzzata con l’aceto sprigiona un odore
talmente inebriante da dare l’impressione di un piatto ricco.
Nel menù non è presente il pomodoro e
tutte quelle rarità vegetali giunte dal Nuovo Mondo. Le novità
stentavano ad affermarsi in campo gastronomico, incuriosivano il
popolo, sempre affamato e la nobiltà, ma entrambi erano
diffidenti, nonostante le frequenti carestie. I sapori decisi e
diversificati dell’antipasto rappresentano il giusto preludio
delle portate successive. Il brodo e la rustica minestra
preparano il palato ad un crescendo del gusto con i maccheroni e
l’agglassato.
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Un festoso banchetto medievale. |
Mangiamaccheroni erano chiamati i
siciliani. La Sicilia, grazie alla produzione di numerose
varietà di grano, è stata la prima regione del Mediterraneo in
cui si è prodotta la pasta. Non si trattava soltanto di pasta
fresca, ma anche di pasta secca, che, esposta al caldo sole
dell’isola, disidratandosi poteva essere conservata per due o
tre anni.
I luoghi che hanno segnato la vita di
Pellegrina, Genova, Napoli, Messina sono anche città legate da
intensi scambi commerciali. Si incontrano le rotte del cibo, le
panelle diventano farinata, mentre l’agglassato richiama la
genovese napoletana, a base di carne ed abbondante cipolla. Il
crescendo di sapori si attenua nel gusto delicato del gelo di
cannella, per incalzare nuovamente nel trionfo finale: una
grande tavola in cui le composizioni di frutta secca e candita
si incastonano tra le numerose varietà di frutta fresca ed i
piccoli torroni con il sesamo, le bucce di arancia e di cedro
diffondono bagliori inaspettati.
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