Messina era una
delle città più ricche della Sicilia.
Della grande Messina di un tempo ci
rimangono oggi solo testimonianze scritte, e qualcuna visibile
ancora nel tessuto della città moderna. Certo è che grazie alle
minuziose descrizioni leggibili nelle fonti d'archivio è
possibile calarsi in quelle atmosfere ormai tanto lontane, ma
pur sempre reali. Ai nostri occhi di moderni forse sarebbe
difficile immaginare come la città tanto statica di oggi,
dovesse invece apparire allora, cosi naturalmente frenetica,
impegnata, ricca e soprattutto viva.
Messina nel 1500 si evidenziava come una
delle città più ricche della Sicilia. La sua posizione
geografica e il suo porto naturale le diedero occasione di
diventare una grande "metropoli" del Mediterraneo: i flussi
economici che in essa e da essa convergevano, la politica, che
nel bene e nel male, la rese quasi una repubblica a parte,
indipendente dal regno, tutto questo contribuì a fare della
città la perla della Sicilia, suscitando nelle altre città
invidie e odi. Si presentava come una città non solo ricca, ma
anche cosmopolita, infatti tra XV e XVI sec. erano presenti in
città i consolati di diversi stati e nazioni (calabresi,
liparoti, napoletani, francesi, portoghesi, inglesi, galiziani).
All'inizio del XVI secolo l’economia è già
florida. Sul finire del Quattrocento si ha notizia di un banco
privato a Messina e operativo sicuramente per due anni
successivi all'apertura. Questo può far pensare che
cominciassero a girare in città dei capitali; non bisogna
dimenticare che alla fine del XV sec. Messina era già ricca
grazie alla presenza degli ebrei che detenevano la maggioranza
delle imprese commerciali della provincia, e fu grazie ad un
ebreo di Catanzaro seguito poi da maestranze lucchesi,
veneziane, pisane e fiorentine che si diede vita al grande
commercio della seta. Nel 1520 nasce il “consolato dell'arte
della seta” con il compito di sovrintendere alla produzione e al
commercio del tessuto che per Messina stava diventando il fiore
all'occhiello. Ancora prima (1516) per il grande afflusso di
tessuti e per i grandi movimenti commerciali nel porto della
città, venne istituita la Fiera di mezzagosto (in vita fino ad
ora), in cui era possibile vendere sete, lane, ed ogni genere di
tessuto.
La maggioranza dei mercanti della seta, era
"straniera"; da fonti d'archivio, per esempio, riscontriamo la
presenza di un certo Tuccio Fioravanti, la cui attività è
documentata tra il 1512 e il 1541. Egli come, spesso accadeva in
questo periodo, non si occupava solo di tessuti ma anche di oro
e zucchero. Le comunità francesi importavano dall'estero panni e
spezie ed esportavano a loro volta prodotti siciliani. Altra
documentazione testimonia l'intensa attività commerciale di
un'altra famiglia di mercanti di origine fiorentina, che
lavorava sia a Firenze che a Messina. La presenza della famiglia
Corsi è registrata a Messina dal 1530 al 1630. Soprattutto nella
seconda metà del '500 abbiamo la certezza che a Messina i panni
più venduti fossero quelli fiorentini, infatti, dai libri mastri
della Compagnia Viola (famosa compagnia di commercio
fiorentina), sappiamo che tra il 1558 e il 1585 vennero spedite
grandi quantità di mercanzia da rivendere nei maggiori porti
italiani, e tra questi primeggiava tra tutti Messina con un
ordine di 1640 panni.
In questo modo confluivano nel porto, non
solo le merci siciliane, ma anche quelle calabresi, non essendo
Reggio fornita di porto; c'è da dire che le due città rimasero
sempre in stretto contatto, fin dai tempi della cacciata degli
ebrei dalla Sicilia. Quelli che riuscirono a rifugiarsi in
Calabria continuarono infatti a collaborare con i messinesi. La
seta calabrese veniva fatta arrivare a Messina (e pagata non
solo con denaro, ma con merce i vario tipo), e poi a sua volta
rivenduta sempre dallo stesso porto.
Il boom del commercio della seta fu, se
vogliamo, una necessità per la città siciliana: la sua posizione
geografica, se era favorevole da un lato per l'attività
portuale, dall'altro lato non era particolarmente ottimale per
l'agricoltura. Questo fu sempre un deficit per la popolazione
locale che era costretta, per esempio, ad acquistare da altri
siti, come Lentini, il grano, primo genere di necessità che a
Messina era impossibile coltivare. Il paesaggio montuoso che la
circondava non dava ampia scelta di colture. Per via della
scarsezza degli spazi adibiti al pascolo Messina ebbe il
privilegio di fissare il prezzo della carne a due denari in più
rispetto al prezzo vigente nel resto del regno. Ma fu proprio
con l'aumento delle colture destinate ad uliveti, vigneti,
gelseti (di qui il proliferare della produzione di seta, grazie
all'allevamento dei bachi) che le zone attorno Messina si
riempirono poco a poco di numerosi casali, che rimasero per
diverso tempo le uniche realtà "contadine" della città.
Di qui partì Don
Giovanni D'Austria vincitore a Lepanto
Messina volle essere una città che "bastava
a se stessa" indipendente dal regno, e questo è chiaramente
leggibile in diverse testimonianze scritte d’archivio. Non solo
fece di tutto per primeggiare nel campo del commercio marittimo,
ma cercò sempre di dipendere dall'estero il meno possibile,
soprattutto da punto di vista economico. Nel 1508 abbiamo la
certezza dell'impianto di una salina in Contrada Faro, per
evitare importazione anche del sale. Ed è proprio dalla
provincia di Messina che si estraggono metalli preziosi che in
una secondo momento verranno anche esportati all'estero. C. M.
Arezzo, corografo di Carlo V, nel 1537 descrive le zone di
Fiumedenisi come luoghi ricchi di oro, argento, e allume; più
tardi nel 1558 anche la zona di Alì verrà annoverata come una
delle maggiori cave di oro, ferro, argento, allume e porfido.
Nel 1572 un atto ufficiale concederà di «...cavare e far cavare,
esercitare e scoprire manifestare e far manifestare [ ... ]
tutti e qualsivoglia de ipsi mineri ».
Ciò che aiutò Messina all'inizio della sua
ricca storia cinquecentesca fu sicuramente il grande interesse
che tutti i regnanti succedutisi dimostrarono di avere per la
città, attraverso la concessione di privilegi. Per Messina
significavano autonomia amministrativa. Diverse fonti storiche
dimostrano che questi privilegi permettevano alla città di
mantenere l'indipendenza da Palermo, capitale del Regno, e il
predominio su Palermo. Era come se tra le due città ci fosse una
perenne competizione, ostacolandosi a vicenda. Paradossalmente
proprio i privilegi cristallizzavano la situazione di Messina.
Non bisogna dimenticare che per ottenerli occorreva donare
ingenti somme di denaro allo stato centrale spagnolo, che molto
spesso venivano reperite tassando le fasce sociali più deboli.
Questa politica di tassazione si protrae
negli anni. Per fare un solo esempio fra molti, nel 1562 il
vicerè Garcia de Toledo impone alla città una nuova tassa su
pelli e panni. Grazie, però, al re Filippo II la città ottiene
nuovi privilegi, primo fra tutti l'abolizione della stessa tassa
sui tessuti e la possibilità di imporre un prezzo maggiore alla
seta che veniva prodotta nella Sicilia orientale e venduta
partendo dal solo porto di Messina. Ottiene inoltre
l’istituzione dell'Università, e soprattutto il privilegio della
residenza del vicerè per 18 mesi in tre anni (in alternativa a
Palermo). Sotto Filippo II ingenti furono gli impegni
finanziari: si costruirono lungo le coste dell'isola muraglie,
fortificazioni, e tra le città fornite di mura difensive viene
citata anche Messina. Per il mantenimento della flotta marittima
Messina offrì spontaneamente i suoi tributi e sei galere. Il
porto venne dunque fornito di arsenali, officine, e ampi
magazzini.
A partire dal 1557 viene costituita la
prima Lega contro gli infedeli, e la flotta cristiana si stanzia
a Messina. Due anni dopo, nel 1559, la prima spedizione salpò
dal porto diretta a Tripoli, ma si rivelò un vero fallimento e
le truppe non raggiunsero neanche la città predetta. Intanto a
Messina veniva preparata una flotta in soccorso della prima e a
luglio dello stesso anno la flotta del Grande Soccorso. Fino a
quel momento nessuna delle flotte partite per contrastare i
turchi ebbe fortuna. Si dovette aspettare il 1572 con la
costituzione della nuova Lega contro gli infedeli, tanto voluta
dal Papa Pio V, per ottenere la vittoria decisiva a Lepanto,
sotto la guida di Don Giovanni D'Austria. |
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