Goldoni
nasce a Venezia il 25 febbraio del 1707 da famiglia borghese d'origini
modenesi. Se il nonno Carlo, appassionato organizzatore di recite, lo
introdusse sin da bambino nel mondo fantastico del teatro, fu anche motivo
del dissesto economico della famiglia a causa dei suoi sperperi finanziari.
Il padre Giulio fu costretto a trasferirsi a Roma, lasciandolo con la madre.
Addottoratosi alla Sapienza di Roma in Medicina, si spostò a Perugia
praticando la professione di medico. Richiamata la famiglia, Goldoni compì a
Perugia studi umanistici presso i gesuiti (a 8 anni aveva già scritto alcune
scene teatrali, apprezzatissime dal padre). Per la preparazione
all'università, facoltà di filosofia, fu inviato da un domenicano di Rimini.
Attratto sempre dal teatro, restò affascinato di una compagnia di comici di
giro, casualmente conosciuti, tanto da abbandonare lo studio e seguirli in
un viaggio avventuroso per mare verso Chioggia (VE), dove, intanto, s'era
stabilita la famiglia. Il rapporto con la compagnia non durò a lungo.
Afflitto e smagrito, Goldoni si recò a Venezia, per fare il praticante
presso uno zio avvocato. Ottenne una borsa di studio.per il Collegio
Ghislieri che gli permise di frequentare i corsi di legge all'Università di
Pavia (1723); ma il Collegio ben presto lo espulse a causa di una satira
audace da lui composta su alcune fanciulle bene della città. Sempre
coinvolto in allestimenti teatrali (dello Starnuto d'Ercole di Martelli,
1726-27), e iniziando a comporre opere in forma dilettantesca, si procurò un
posto presso la cancelleria criminale di Chioggia. Continuò ugualmente a
frequentare il palcoscenico curando la rappresentazione di melodrammi e
intermezzi del Metastasio.
Sorpreso
dalla morte inprovvisa del padre (1731), completò gli studi laureandosi
finalmente a Padova e iniziando la pratica professionale. Seguì
successivamente il segretario del ministro di Venezia a Milano, OrazIo
Bartolini. Provò ad allestire a Milano, con scarsa fortuna, alcuni suoi
melodrammi. Quì entrò in rapporti con la compagnia di Buonafede Vitali e
dell'attore Gaetano Casali e del capocomico Imer. a Verona. Tornato a
Venezia con quest'ultimo (1734), entrò nelle grazie di Michele Grimani,
proprietario del T. S. Samuele (il teatro di Imer) e del S. Giovanni
Grisostomo (tempio dell'opera in musica). Sposò nel 1736 la dolce e fedele
Nicoletta Connio, una genovese conosciuta seguendo la compagnia di Imer in
una delle sue trasferte.
Preso
l'impegno di rifornire entrambi i teatri, con lavori comici e
melodrammatici, diede al teatro San Samuele la sua prima vera commedia (il
Momolo cortesan). Dalla fine del 1740 fu console di Genova presso la
Serenissima, ma dopo la stesura della Donna di garbo (1742-43), fu costretto
per debiti a fuggire da Venezia.
Esercitò
per qualche tempo l'avvocatura a Pisa, ma, come capita spesso nella vita,
l'incontro con la compagnia Medebac gli cambiò la carriera. Dopo la
rappresentazione della Donna di garbo (Livorno 1747), prese l'impegno con
Medebac di scrittore per la propria compagnia. Raggiunse l'impresario a
Mantova (apr. 1748), proseguendo poi per Venezia, dove lavorò per il T. S.
Angelo fino al '53. In questo periodo, mal pagato e oberato di lavoro (nel
1750 prese l'impegno di scrivere ben 16 commedie nel corso dell'anno), opera
una sostanziale “riforma” della commedia dell'Arte e del teatro in genere.
Con le novità apportate da Goldoni iniziano le polemiche che lo seguiranno
per il resto della sua vita. Alla rivalità con l'abate Pietro Chiari ( che
lavora per il Teatro San Samuele) si assommerà, nel tempo, quella con Carlo
Gozzi, autore di commedie come lui.
Spostatosi al Teatro S. Luca (1753-62), al servizio dei patrizi veneziani
Antonio e Francesco Vendramin, si palesa a pieno l'ostilità dei conservatori
(in politica e in arte), punti sul vivo dal suo corrosivo umorismo. Il
totale successo delle sue opere fanno di lui un autore di livello nazionale,
ma anche un personaggio oltremodo scomodo. Lontano dai modelli della
commedia dell'arte, dove regnava l'improvvisazione e la comicità fine a se
stessa, è costretto ad un necessario adattamento con gli attori e gli spazi
teatrali, con i malumori della reazione, con le critiche (anche quando il
successo è palese e la qualità delle sue opere è innegabile), facendo di
questa parte della vita un periodo d'oro per l'ingente produzione dei suoi
capolavori, ma anche difficile da portare avanti umanamente. In una delle
ultime sere di Carnevale, il martedi grasso del 1762, Goldoni si accomiatò
dal S. Luca e, accettando l'invito di recarsi a Parigi, partì per la
Francia.
Giunto a
Parigi dopo un viaggio di quattro mesi, trovò in sostanza una situazione
molto simile a quella veneziana. Il pubblico francese identificava la
commedia italiana con quella commedia dell'arte che Goldoni aveva
sovvertito. Le sue opere, scritte in francese, gli procurarono successi ma
anche totali fallimenti (il trionfo del Bourru bienfaisant, del 4 novembre
1771, e il fiasco de L'Avare fastueux del 14 novembre 1776). Nel frattempo,
forse per nostalgia, continuò ad inviare copioni a Venezia al teatro S.
Luca. Alla fine in una realtà così contrastata, anche Goldoni fu costretto a
tirare i remi in barca: accettò l'invito del re Luigi XV a Versailles come
insegnante d'italiano per le principesse reali. Vivendo. d'un lauto
stipendio iniziò a scrivere i Memoires, biografia che ultimò nell'87, quasi
alla vigilia della Rivoluzione francese. Scoppiata l'insurrezione Goldoni si
vide cancellata la sua pensione. Joseph-Marie Chénier riuscì a otteneme il
ripristino quando purtroppo non serviva più: Goldoni morì povero a Parigi il
6 gennaio 1793.
Le sue ossa sono andate disperse.
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