In contrasto con il classicismo di precetto arcadico, in contrasto con
purismi letterari, il parlato del suo teatro è la ricerca artistica del
linguaggio del suo tempo. È una calata di volo coraggiosa e convinta. Goldoni non si scompone: se i suoi personaggi, le loro caratterialità, gli
ambienti e la musica del dialogo, è estratta dalla realtà in cui vive
l'autore, ma anche tutti gli altri, dagli attori al pubblico stesso, allora
anche il parlato deve essere realistico e veritiero. La lingua del tempo è
composita e attraversa un momento di mutazione. Goldoni la estrae così
com'è: con una certa dose di dialettalità, di vena veneziana, ma persino di
« lombardismi », di toscaneggiamenti popolari, e la meno conscia
accettazione di francesismi del tempo, in un calderone che talvolta può
essere definito « orripilante» (Devoto).
Goldoni girovago ha rilevato un po' dovunque il sapore dell'umanità (non per
niente la famosa Mirandolina è di Firenze), ma la sua comunicazione dalle
tavole del palcoscenico si fa immediata con l'uso della parlata dialettale,
semplice e ingenua, ma efficace e diretta. Trattenendolo entro la
comprensibilità, liberamente lo articola per professioni, qualità, luogo.
La reinvenzione teatrale d'una realtà quotidiana, passa necessariamente per
il linguaggio popolare, che dà un ritmo, sveltisce l'azione, caratterizza i
personaggi, tanto che se ne sente il profumo persino nelle opere in lingua.
Percorre questa strada nè in funzione dei suoi contemporanei milanesi o
toscani che ne fanno uso, nè per continuare la tradizione letteraria
veneziana, che ha già visto autori come il Ruzante o il Calmo. Goldoni,
forse, nell'ambito di quest'ultima, rappresenta la fioritura primaverile,
piena espressione artistica, che con la sua opera tocca il suo punto
massimo. Realtà e dialetto, fantasticamente rivissuti, rappresentano lo
spunto della comicità, la sostanza di partenza per una descrizione concreta
di umanità, costume e società del suo tempo.
|
|