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Lungo questa
sorprendentissima strada s'incontra la celebre fontana di
Nettuno opera incomparabile del tante volte lodato Fra Gio.
Angelo. Posa la gran pila di figura parallelogramma sopra tre
gradini , avente li due lati quello cioè di fronte alla strada,
e quello che guarda il mare di doppia lunghezza degli altri due.
Gli angoli sono troncati, e danno ricetto a quattro vasche
minori, nelle quali per otto maschere diverse divinamente
scolpite si versa l'acqua dalla pila maggiore: sotto l'orlo di
questa si leggono incisi i seguenti distici parto incomparabile
della mente creatrice e sublime del nostro Maurolico; e qual
penna migliore della sua, potea decorare un'opera tanto insigne
dello scarpello del frate? Nel lato maggiore che guarda la
strada.
Regnorum hæc meta est, Carolo simul atque Philippo. Hic terra invictis, hic famulantur aquæ. Dignus hic est Musis, hic dignus Apolline fons est Bellorophonteis anteferendus aquis.
E nel lato che guarda
il lido
Dum recipit quassas falx hic Saturnia puppes Neptunus dulci fonte propinat aquas. Dat placidum pelagus, dat juppiter ecce serenus Hic maris, hic
nemorum ludere posse Deas.
Dal lato di mezzo
giorno
Desere montanos jam desere Cynthia·saltus, Hic tibi dat fontem, dat tibi Zancla domum.
E dall'opposto lato
Sicelides Nymphæ gelidis e fontibus ortæ Obsequimur meritis Urbs generosa tuis.
Nel mezzo della
descritta gran pila s'inalzano tre piedistalli; quello di mezzo
più alto, è fiancheggiato da quattro cavalli marini, e di alcuni
delfini che spillano acque, ed è ornato colle armi reali, e
della Città, con otto maschere intorno due per lato dalle quali
ancora schizzano sgorghi d'acqua: sopra di esso sta ritto il
gran colosso di Nettuno di palmi 16 d'altezza tutto nudo, col
capo ornato d'erbe marine, con lunga barba così morbidamente
scolpita, che giureresti d'esser bagnata, e vedervi stillare
l'acqua marina: egli impugna colla sinistra il Tridente, e
stende maestosamente la destra, imponendo calma alle tempeste.
Sotto i suoi piedi all'intorno si legge anco il sequente:
Hic pelagi Rector fremitum dediscit et iram, Hac recreat fessas in statione rates.
Alla destra,
ed alla sinistra sopra i due minori piedistalli si vedono
incatenati i due mostri Scilla, e Carridi. Qui si che il Frate
toccò l'apice del sublime nell'espressione di questi due
inimitabili colossi: essi sono ira-spiranti dal volto, dagli
occhi, e dalle narici, e mentre, con savio accorgimento proprio
di così divino maestro, Scilla stringe i denti quasi profferendo
il suo nome, spalanca l'altra la bocca, che ti sembra udire
pronunziare Cariddi.
Lo Scultore le figurò
in due donne dal mezzo in sopra, e di squamoso pesce poi le
diede ambe l'anche, con tal magistero avviticchiate ed annodate,
che non può immaginarsi come lo scarpello abbia potuto
introdursi in tutti quelli trafori. Otto teste di latranti cani
cingono i fianchi di Scilla, ed è ammirabile con quanto
magistero sono questi scolpiti, e con quanta diligenza sono
trattati i capelli, le alette, le squame, e tutte le altre
minute parti di così grandiosa composizione. Sotto questi anche
si leggono i seguenti versi, cioè sotto Scilla:
Impia nodosis cohibetur Scylla catenis. Pergite securæ per freta nostra rates.
E sotto Cariddi
Capta est prædatrix siculique infamia ponti, Nec fremit in mediis sæva Caribdis aquis.
Non lungi da questa
fonte s'inalza sopra elevato piedistallo di marmo, di figura
rotonda, la statua colossale di bronzo di Carlo III erettagli
nel 1757; opera ragguardevole del nostro scultore Giuseppe
Buceti. |