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Volgasi ora lo
sguardo alla
CATTEDRALE.
Essa è un magnifico edificio, ma fu pressoché totalmente
modificato a’tempi de’ Normanni (4). Il suo prospetto è di
gotica architettura con tre porte dello stesso stile, il cui
ordine inferiore è adorno di marmi variamente rabescati, ingente
lavoro! I bassi rilievi a’ dintorni della porta maggiore forse
furon tolti da altri tempii. Questa vien chiusa entro un
piramidale ornato di bianco marmo a varie figure scolpito, che
a’ fianchi va a terminare con dieci piccole statute e leggiere
colonnette dello stesso marmo. Presentasi sull’architrave la
Madonna sedente col bambino nelle braccia, scultura in marmo
che, al par delle statue de’ SS. Pietro e Paolo, a Gio: Domenico
Mazzolo è stata attribuita. Altre quattro porte laterali vi
danno ingresso, delle quali le prime due, l’una rimpetto
all’altra, son d’ordine composito, diligentemente ornate di
bassi rilievi eseguiti dal Bonanno sul disegno del celebre
Polidoro, ed una annessa alla Sacristia è adorna di elegante
scultura gotica. La chiesa ha figura di croce latina, ed è per
la più parte di gusto gotico; essa ha tre navate, di cui la
maggiore è sostenuta da 26 colonne monolitiche, ma d’ineguale
grandezza, e reputate in gran parte di granito d’Egitto (5);
altre se ne vedeano nel T, ma son ora intonacate dal muro. Era
il tempio un dì tutto d’uniforme architettura gotica, ed era
sorprendente per le sue ben proporzionate dimensioni, per la sua
vastità, semplicità e magnificenza: ma dopo i tremuoti del 1783
la poca attenzione a quanto il rendea venerando, lo ha
bruttamente contraffatto. All’antico altare di gotica eleganza
venne sostituito l’odierno baldacchino, sebbene questo per
venustà, magnificenza e ricca splendidezza ne compensi l’errore;
due logge musicali che stanno a rincontro vicino al T nel fine
della navata maggiore, lo accecarono di quattro colonne,
imperdonabile colpa! Prima ad un’occhiata dalla porta maggiore
godeasi la vista di un tutto maestoso, nobile e svolto, ora l’ingrombo
di quelle smodate logge a cassone, sorrette da grosse mura, ne
impediscono la metà, e tolgono parte della sua antica elegante
leggerezza. Il tempo è cieco e l’uomo è stupido, dicea Vittorio
Hugo, del tempio di Nostra Donna di Parigi. Lo stesso dir si può
di questo magnifico avanzo di soda architettura. Altri sconci si
sono ancora commessi. Le arcate da sesto acuto si son ridotte a
sesto circolare. La soffitta del T s’è convertita a volta ed a
cupola, mente prima ricorrea lo stesso travamento delle navate:
senza voler parlare della pesante goffaggine del campanile, che
sembra una rupe tagliata a picco, sostituita ad un’altissima, ma
delicata e snella, che finiva in aguglia. Malgrado queste ed
altre tali sconcezze, ha esso ammirevoli pregi. Nel medio evo fu
nobilitato da una sontuosa soffitta di legno parte dorata, e
parte dipinta, spesa principesca! Il pavimento è di marmo
screziato a vari colori e disegni, e con porfido nella navata
maggiore. Inoltre è adorno d’una
meridiana (6) delle più rinomate d’Europa, fatta eseguire
dall’Astronomo Messinese abate Antonio Jaci nel 1804. La
lunghezza del tempio è pal. 360, met. 92,880, larghezza pal.120,
met. 30,960, altezza pal. 92, met. 23,736, larghezza del T. pal.
172, met. 44,376 – Entrando dalla porta maggiore, vedesi a
dritta la statua di S. Giovan Battista, che pare respiri l’aura
di vita, collocata nel 1525, ed attribuita ragionevolmente ad
Antonio Gagini Palermitano, il più grande scultore che vanti la
Sicilia. Le due navate minori sono sostenute da pilastri
scanalati, ed il loro vano d’ambo i lati viene occupato da 14
statue di marmo, fra le quali 12, che ritraggono gli apostoli
sono riposte in cappelle d’ordine corintio sul disegno del
Montorsoli fiorentino. Al destro lato è riguardevole dapprima il
mausoleo eretto nel 1757 in memoria dell’arcivescovo di Blasi,
scultura del Marabutti Palermitano. Indi son degne
d’osservazione la statua di S. Giacomo Maggiore di Giulio Scalzo
Fiorentino, e quella di S. Paolo condotta da Martino da Firenze
sul modello del Montorsoli. Segue la porta del Tesoro; poi entro
una cappella sostenuta da due colonne adorne di delicati
rabeschi e finissimi intagli, la statua dell’Immacolata è opera
pregevole del cinquecento. Passando nel T si vedono le tre
tribune incrostate a musaico su fondo d’oro sin dal secolo XIII
a’ tempi di Federigo II Re di Sicilia: esse contengono un tesoro
di materia e d’arte, ma primeggia quella di mezzo. Facendo capo
dalla tribuna dedicata a S. Placido, essa rappresenta a musaico
S. Gregorio Nazianzeno detto il Teologo, a’ fianchi del quale
stan genuflessi il Re Lodovico, ed il
costui zio Giovanni duca di Randazzo; attorno alla
cappella in sei nicchie incavate nella tribuna sono riposti sei
belli angeli di bronzo. E’ veramente bella la tribuna maggiore,
la cui volta addimostra a musaico G.C. sedente di colossale
figura in mezzo ad un coro d’angeli colla Vergine da un lato, e
dall’altro S. Giovanni, ed a’ piedi in umile atteggiamento e
genuflessi Federigo II di Aragona, Pietro suo figlio e Guidotto
allora arcivescovo di Messina. I cinque gradini, che menano
all’altare, sono formati di agate e diaspri. Stupendo lavoro in
tarsia è quello dell’altare, coverto di pietre dure, cioè agate,
diaspri, calcedonie, lapislazzuli; le quali tutte raffigurano in
varie guise vasi, uccelli, fiori e fogliami. La gradinata non
men che il ciborio sull’altare sono ricchi d’oro, di rabeschi e
di lapislazzuli. S’eleva su quella custodia d’argento, splendida
di pietre preziose e di dorato metallo. Dietro quest’altare è un
magnifico baldacchino, alto 60 pal., met. 13,480 dal piano del
coro, e che volgarmente addimandasi Macchinetta. Esso è
ornato di corniole, calcedonie, agate, lapislazzuli, ametiste,
diaspri ed altre. Queste pietre dure non sembrano un commesso,
ma pittura a tocchi di diligente pennello, che colpisce, direi,
anche l’occhio di chi appena lo guarda. Sei colonne incrostate
di lapislazzuli, e fregiate di rame dorato, di unita a quattro
pilastri della stessa materia, con capitelli corintii, formano
parte del baldacchino. Lo stesso cuopre una mezza figura in
grande del Padre Eterno con cherubini d’intorno pure di rame
dorato; più sotto è il quadro della Madonna della Lettera,
circondato da più angeli e serafini, che lo sostengono: esso è
giornalmente coperto di un manto d’argento sparso di varie e
preziose gemme, al quale ne’ di più solenni vien sostituito
quello d’oro massiccio cesellato, splendidissimo per molte e
preziosissime gemme, fra le quali diamanti, perle, zaffiri,
rubini, smeraldi, in gran parte doni di sovrani. Sotto il quadro
è l’eccellente medaglione del celebre Juvara Messinese,
cesellato e indorato, esprimente in basso rilievo l’Ambasceria
Messinese alla Vergine.
Gl’intagli del
coro di gusto delicatissimo sono di Giorgio Veneziano. Le pareti
del medesimo furono dipinte a fresco da Giovanni Quagliata –
Scendendo per gl’inferiori gradini dell’altare, potrà osservarsi
una colonnetta d’agata di Sicilia con bellissime macchie, che
presso a poco ci offre la carta geografica di quest’isola.
La tribuna del
Sacramento esprime a musaico nella volta la Vergine sedente col
Salvatore sulle ginocchia in mezzo ad un corteggio d’angeli, ed
a piè genuflesse le regine Eleonora ed Elisabetta, consorti ai
re Federigo e Pietro d’Aragona. Attorno all’altare sono incavate
nella tribuna otto nicchie, in ognuna delle quali è un angelo
con un cesto d’uva e spighe; sotto son collocati otto busti di
profeti in rilievo, e nella base di otto dipinti ad olio di
Alessandro Fei Fiorentino. – A sinistra del T vedesi la cappella
dedicata alla Madonna della Pietà. Non è così agevole il
descriverne l’eleganza in tutte le sue parti. L’Addolorata
Vergine col Cristo morto sulle ginocchia, in mezzo a S. Antonio
di Padova e S. Pietro, sono statue finitissime. A’ lati
dell’altare, su di esso nel primo scalino della gradinata
osservasi in piccoli, ma leggiadrissimi bassorilievi, la
Passione del Signore, e con indicibile squisitezza son condotti
i rabeschi alle cornici, ai pilastri, a’ basamenti. Termina la
cappella con un frontespizio semicircolare, ove a basso rilievo
è espressa la Vergine del Soccorso, a’ lati della quale stanno
genuflessi S. Antonio di Padova e l’arcivescovo Antonio La
Lignamine, di onorata ricordanza, il quale tal cappella nel 1530
faceva innalzare.
Accanto a questa
cappella è il sepolcro dell’arcivescovo Giovanni Retana,
scolpito da Rinaldo Bonanno Messinese. – Sotto la loggia
musicale nel sinistro lato vedonsi due ragguardevoli mausolei,
cioè quello dell’arcivescovo Pietro Bellorado, che si risente di
tutto il buon gusto del secolo XV, e l’altro dell’arcivescovo La
Lignamine. Rimpetto è la pregevolissima cappella della
Resurrezione, sostenuta da due colonne squisitamente rabescate e
più dolcemente intagliate. S’eleva in essa la statua del Cristo
risorto, opera bellissima creduta del Gagini; ed a piè due busti
di soldati sbaloriditi, scarpello di Jacopo del Duca
Palermitano. Vicino vedesi un frammento di colonna, che sostiene
il fonte dell’acqua benedetta, nel quale in nitidi caratteri
incise si leggono due iscrizioni, una dedicata “ad Esculapio
e ad Igea servitori tutelari della città” e l’altra “ad
Elio Adriano Antonino Augusto Pio Padre della Patria”.
Son degne poi di
molta lode la statua di S. Pietro, finito lavoro del Montorsoli,
l’altra di S. Andrea, ben condotta opera di Andrea Calamech, e
le ultime due di Vincenzo Tedeschi Romano.
La navata maggiore
è adorna di 12 quadroni a fresco, pregiate opere del Bova, meno
gli ultimi due, l’uno rimpetto all’altro. In un’arcata di
colonne si fa vedere il famoso pergamo di marmo, opera
attribuita al Bonanno, nella quale l’artista ha molto da notare
sol che voglia por mente alle squisite bellezze di arte ne’
finissimi intagli di fogliami, di rabeschi a basso ed alto
rilievo.
Nella Sagrestia
fra le altre pitture è la tavola dell’Assunta, opera di Salvo
d’Antonio Messinese, oltre a quattro gran quadri di Alfonso
Rodriquez. Nella stanza, ove si congregano i canonici, si
osservano vari eccellenti quadri de’ Quagliata, del Rodriquez e
di Catalano il giovane, primeggiando fra questi un ottimo
dittico fiammingo ben conservato, ed una Presentazione a mezze
figure dell’Alibrandi. Al di
sotto della cattedrale vi è un’altra chiesa fondata nel 1638,
che si estende per quanto è il cappellone ed il T della prima:
essa è a tre navate, ed in fondo della maggiore trovasi un
antichissimo dipinto ad olio, allusivo alla Vergine; la volta è
sostenuta da colonne di pietra, intonacato a calce con lavori
plastici e dipinti a fresco di Antonio Bova. Il rimanente di
questo sotterraneo contiene molti sepolcri di antiche e nobili
famiglie. |