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del Minisito

 
 

  

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A guisa di un grande anfiteatro sorge Messina alle falde di una catena di montagne, che la custodiscono alle spalle e la liberano dai forti venti del settentrione. ...essa giace in riva al mare, sul quale stende lo storico Braccio di S. Rainero che forma, a guisa di falce, un porto, il più bello dell'Italia

 
 
 
Guide di Messina

DUOMO DI MESSINA

Il Duomo e fonte di Orione nel 1894.
di Jeannette Power, da Messina: guida della città, 1842
 

 
   
 

Volgasi ora lo sguardo alla

CATTEDRALE. Essa è un magnifico edificio, ma fu pressoché totalmente modificato a’tempi de’ Normanni (4). Il suo prospetto è di gotica architettura con tre porte dello stesso stile, il cui ordine inferiore è adorno di marmi variamente rabescati, ingente lavoro! I bassi rilievi a’ dintorni della porta maggiore forse furon tolti da altri tempii. Questa vien chiusa entro un piramidale ornato di bianco marmo a varie figure scolpito, che a’ fianchi va a terminare con dieci piccole statute e leggiere colonnette dello stesso marmo. Presentasi sull’architrave la Madonna sedente col bambino nelle braccia, scultura in marmo che, al par delle statue de’ SS. Pietro e Paolo, a Gio: Domenico Mazzolo è stata attribuita. Altre quattro porte laterali vi danno ingresso, delle quali le prime due, l’una rimpetto all’altra, son d’ordine composito, diligentemente ornate di bassi rilievi eseguiti dal Bonanno sul disegno del celebre Polidoro, ed una annessa alla Sacristia è adorna di elegante scultura gotica. La chiesa ha figura di croce latina, ed è per la più parte di gusto gotico; essa ha tre navate, di cui la maggiore è sostenuta da 26 colonne monolitiche, ma d’ineguale grandezza, e reputate in gran parte di granito d’Egitto (5); altre se ne vedeano nel T, ma son ora intonacate dal muro. Era il tempio un dì tutto d’uniforme architettura gotica, ed era sorprendente per le sue ben proporzionate dimensioni, per la sua vastità, semplicità e magnificenza: ma dopo i tremuoti del 1783 la poca attenzione a quanto il rendea venerando, lo ha bruttamente contraffatto. All’antico altare di gotica eleganza venne sostituito l’odierno baldacchino, sebbene questo per venustà, magnificenza e ricca splendidezza ne compensi l’errore; due logge musicali che stanno a rincontro vicino al T nel fine della navata maggiore, lo accecarono di quattro colonne, imperdonabile colpa! Prima ad un’occhiata dalla porta maggiore godeasi la vista di un tutto maestoso, nobile e svolto, ora l’ingrombo di quelle smodate logge a cassone, sorrette da grosse mura, ne impediscono la metà, e tolgono parte della sua antica elegante leggerezza. Il tempo è cieco e l’uomo è stupido, dicea Vittorio Hugo, del tempio di Nostra Donna di Parigi. Lo stesso dir si può di questo magnifico avanzo di soda architettura. Altri sconci si sono ancora commessi. Le arcate da sesto acuto si son ridotte a sesto circolare. La soffitta del T s’è convertita a volta ed a cupola, mente prima ricorrea lo stesso travamento delle navate: senza voler parlare della pesante goffaggine del campanile, che sembra una rupe tagliata a picco, sostituita ad un’altissima, ma delicata e snella, che finiva in aguglia. Malgrado queste ed altre tali sconcezze, ha esso ammirevoli pregi. Nel medio evo fu nobilitato da una sontuosa soffitta di legno parte dorata, e parte dipinta, spesa principesca! Il pavimento è di marmo screziato a vari colori e disegni, e con porfido nella navata maggiore. Inoltre è adorno d’una meridiana (6) delle più rinomate d’Europa, fatta eseguire dall’Astronomo Messinese abate Antonio Jaci nel 1804. La lunghezza del tempio è pal. 360, met. 92,880, larghezza pal.120, met. 30,960, altezza pal. 92, met. 23,736, larghezza del T. pal. 172, met. 44,376 – Entrando dalla porta maggiore, vedesi a dritta la statua di S. Giovan Battista, che pare respiri l’aura di vita, collocata nel 1525, ed attribuita ragionevolmente ad Antonio Gagini Palermitano, il più grande scultore che vanti la Sicilia. Le due navate minori sono sostenute da pilastri scanalati, ed il loro vano d’ambo i lati viene occupato da 14 statue di marmo, fra le quali 12, che ritraggono gli apostoli sono riposte in cappelle d’ordine corintio sul disegno del Montorsoli fiorentino. Al destro lato è riguardevole dapprima il mausoleo eretto nel 1757 in memoria dell’arcivescovo di Blasi, scultura del Marabutti Palermitano. Indi son degne d’osservazione la statua di S. Giacomo Maggiore di Giulio Scalzo Fiorentino, e quella di S. Paolo condotta da Martino da Firenze sul modello del Montorsoli. Segue la porta del Tesoro; poi entro una cappella sostenuta da due colonne adorne di delicati rabeschi e finissimi intagli, la statua dell’Immacolata è opera pregevole del cinquecento. Passando nel T si vedono le tre tribune incrostate a musaico su fondo d’oro sin dal secolo XIII a’ tempi di Federigo II Re di Sicilia: esse contengono un tesoro di materia e d’arte, ma primeggia quella di mezzo. Facendo capo dalla tribuna dedicata a S. Placido, essa rappresenta a musaico S. Gregorio Nazianzeno detto il Teologo, a’ fianchi del quale stan genuflessi il Re Lodovico, ed il costui zio Giovanni duca di Randazzo; attorno alla cappella in sei nicchie incavate nella tribuna sono riposti sei belli angeli di bronzo. E’ veramente bella la tribuna maggiore, la cui volta addimostra a musaico G.C. sedente di colossale figura in mezzo ad un coro d’angeli colla Vergine da un lato, e dall’altro S. Giovanni, ed a’ piedi in umile atteggiamento e genuflessi Federigo II di Aragona, Pietro suo figlio e Guidotto allora arcivescovo di Messina. I cinque gradini, che menano all’altare, sono formati di agate e diaspri. Stupendo lavoro in tarsia è quello dell’altare, coverto di pietre dure, cioè agate, diaspri, calcedonie, lapislazzuli; le quali tutte raffigurano in varie guise vasi, uccelli, fiori e fogliami. La gradinata non men che il ciborio sull’altare sono ricchi d’oro, di rabeschi e di lapislazzuli. S’eleva su quella custodia d’argento, splendida di pietre preziose e di dorato metallo. Dietro quest’altare è un magnifico baldacchino, alto 60 pal., met. 13,480 dal piano del coro, e che volgarmente addimandasi Macchinetta. Esso è ornato di corniole, calcedonie, agate, lapislazzuli, ametiste, diaspri ed altre. Queste pietre dure non sembrano un commesso, ma pittura a tocchi di diligente pennello, che colpisce, direi, anche l’occhio di chi appena lo guarda. Sei colonne incrostate di lapislazzuli, e fregiate di rame dorato, di unita a quattro pilastri della stessa materia, con capitelli corintii, formano parte del baldacchino. Lo stesso cuopre una mezza figura in grande del Padre Eterno con cherubini d’intorno pure di rame dorato; più sotto è il quadro della Madonna della Lettera, circondato da più angeli e serafini, che lo sostengono: esso è giornalmente coperto di un manto d’argento sparso di varie e preziose gemme, al quale ne’ di più solenni vien sostituito quello d’oro massiccio cesellato, splendidissimo per molte e preziosissime gemme, fra le quali diamanti, perle, zaffiri, rubini, smeraldi, in gran parte doni di sovrani. Sotto il quadro è l’eccellente medaglione del celebre Juvara Messinese, cesellato e indorato, esprimente in basso rilievo l’Ambasceria Messinese alla Vergine.

Gl’intagli del coro di gusto delicatissimo sono di Giorgio Veneziano. Le pareti del medesimo furono dipinte a fresco da Giovanni Quagliata – Scendendo per gl’inferiori gradini dell’altare, potrà osservarsi una colonnetta d’agata di Sicilia con bellissime macchie, che presso a poco ci offre la carta geografica di quest’isola.

La tribuna del Sacramento esprime a musaico nella volta la Vergine sedente col Salvatore sulle ginocchia in mezzo ad un corteggio d’angeli, ed a piè genuflesse le regine Eleonora ed Elisabetta, consorti ai re Federigo e Pietro d’Aragona. Attorno all’altare sono incavate nella tribuna otto nicchie, in ognuna delle quali è un angelo con un cesto d’uva e spighe; sotto son collocati otto busti di profeti in rilievo, e nella base di otto dipinti ad olio di Alessandro Fei Fiorentino. – A sinistra del T vedesi la cappella dedicata alla Madonna della Pietà. Non è così agevole il descriverne l’eleganza in tutte le sue parti. L’Addolorata Vergine col Cristo morto sulle ginocchia, in mezzo a S. Antonio di Padova e S. Pietro, sono statue finitissime. A’ lati dell’altare, su di esso nel primo scalino della gradinata osservasi in piccoli, ma leggiadrissimi bassorilievi, la Passione del Signore, e con indicibile squisitezza son condotti i rabeschi alle cornici, ai pilastri, a’ basamenti. Termina la cappella con un frontespizio semicircolare, ove a basso rilievo è espressa la Vergine del Soccorso, a’ lati della quale stanno genuflessi S. Antonio di Padova e l’arcivescovo Antonio La Lignamine, di onorata ricordanza, il quale tal cappella nel 1530 faceva innalzare.

Accanto a questa cappella è il sepolcro dell’arcivescovo Giovanni Retana, scolpito da Rinaldo Bonanno Messinese. – Sotto la loggia musicale nel sinistro lato vedonsi due ragguardevoli mausolei, cioè quello dell’arcivescovo Pietro Bellorado, che si risente di tutto il buon gusto del secolo XV, e l’altro dell’arcivescovo La Lignamine. Rimpetto è la pregevolissima cappella della Resurrezione, sostenuta da due colonne squisitamente rabescate e più dolcemente intagliate. S’eleva in essa la statua del Cristo risorto, opera bellissima creduta del Gagini; ed a piè due busti di soldati sbaloriditi, scarpello di Jacopo del Duca Palermitano. Vicino vedesi un frammento di colonna, che sostiene il fonte dell’acqua benedetta, nel quale in nitidi caratteri incise si leggono due iscrizioni, una dedicata “ad Esculapio e ad Igea servitori tutelari della città” e l’altra “ad Elio Adriano Antonino Augusto Pio Padre della Patria”.

Son degne poi di molta lode la statua di S. Pietro, finito lavoro del Montorsoli, l’altra di S. Andrea, ben condotta opera di Andrea Calamech, e le ultime due di Vincenzo Tedeschi Romano.

La navata maggiore è adorna di 12 quadroni a fresco, pregiate opere del Bova, meno gli ultimi due, l’uno rimpetto all’altro. In un’arcata di colonne si fa vedere il famoso pergamo di marmo, opera attribuita al Bonanno, nella quale l’artista ha molto da notare sol che voglia por mente alle squisite bellezze di arte ne’ finissimi intagli di fogliami, di rabeschi a basso ed alto rilievo.

Nella Sagrestia fra le altre pitture è la tavola dell’Assunta, opera di Salvo d’Antonio Messinese, oltre a quattro gran quadri di Alfonso Rodriquez. Nella stanza, ove si congregano i canonici, si osservano vari eccellenti quadri de’ Quagliata, del Rodriquez e di Catalano il giovane, primeggiando fra questi un ottimo dittico fiammingo ben conservato, ed una Presentazione a mezze figure dell’Alibrandi.

Al di sotto della cattedrale vi è un’altra chiesa fondata nel 1638, che si estende per quanto è il cappellone ed il T della prima: essa è a tre navate, ed in fondo della maggiore trovasi un antichissimo dipinto ad olio, allusivo alla Vergine; la volta è sostenuta da colonne di pietra, intonacato a calce con lavori plastici e dipinti a fresco di Antonio Bova. Il rimanente di questo sotterraneo contiene molti sepolcri di antiche e nobili famiglie. 
   
 
 
 
 
 
 
 
  Brani tratti da: AAVV, Guide di Messina, Ottocento,  Experiences, 2008.
 

 
     
 
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