Nato ad Ischitella nel 1676 nei pressi di
Foggia, Pietro Giannone non fu in vita fortunato a causa del periodo ancora
immaturo per un dibattito sereno e tollerante: Più volte “incriminato”, più
volte costretto a cambiare città di residenza, finì la sua vita in carcere,
in cui rimase anche dopo aver firmato un atto d'abiura (1738) similmente al
destino di Galileo Galilei.
Nato in Puglia da famiglia di avvocati, si trasferì a Napoli per gli studi
universitari. Ivi si laureò in Giurisprudenza.
Nella città partenopea frequentò filosofi che si ispiravano a Giambattista
Vico, ma anche a Cartesio e le teorie di Nicolas Malebranche.
Uomo di cultura e ricco di interesse Giannone approfondì non solo il campo
filosofico e il diritto ma anche gli studi storici. In questo settore
effettuò ricerche che dopo vent'anni di stesura lo portò a pubblicare forse
il più importante dei suoi scritti: Dell'istoria civile del regno di Napoli.
Sfortunatamente il testo, a causa di alcuni contenuti, gli valse l'ostilità
della Chiesa, che, non solo mise all'indice dei libri proibiti l'Istoria,
ma, anche, lo scomunicò.
Nel primo dei suoi trasferimenti, costretto, riparò a Vienna alla corte
asburgica di Carlo VI. Trovò protezione e potè per un certo periodo
continuare nelle sue ricerche filosofiche e storiche.
L'Arcivescovo di Napoli, recatosi a Vienna, lo convinse a fare ritorno in
patria. Ma alla sua venuta non trovo consenso ma ancora ostilità. Alla
ricerca di una residenza sicura giunse a Venezia. Venne accolto con grandi
onori e gli fu offerta prima la cattedra di giurisprudenza all'Università di
Padova e poi di consulente giuridico presso la Serenissima. Il Giannone
rifiutò entrambe le offerte per concentrarsi nei suoi studi.
Nel 1735, quasi un destino, fu espulso anche da Venezia, ancora per le sue
idee avanzate rispetto ai tempi, stavolta sul diritto marittimo. Pubblicò la
sua autodifesa nel libro Lettera intorno al dominio del Mare Adriatico, che
non gli valse favori.
Iniziò a “vagabondare” per diverse città (Milano, Modena, Ferrara, Torino e
anche Ginevra). Nella città svizzera compose il trattato Il Triregno. Del
regno terreno, Del regno celeste, Del regno papale (pubblicato postumo solo
nel 1895)
L'ostilità della Chiesa crebbe nei suoi confronti fino alla persecuzione. Fu
arrestato il primo aprile del 1736 in una città della Savoia e incarcerato a
Torino per parecchi anni. Nonostante la firma sull'abiura, non fu
scarcerato. Morì in carcere il 7 marzo 1748, all'età di 72 anni.
“Il Triregno. Del regno terreno, Del regno celeste, Del
regno papale”
I Triregni sono: quello “terreno” degli Ebrei, il regno “celeste”
prospettato dal Cristianesimo e quello papale. Quest'ultimo viene, sostiene
Giannone, in conflitto con la realtà dell'essere umano raggiunta nella
storia. La libertà individuale dovrebbe costituire il nucleo principale del
nuovo Stato, che dovrebbe essere laico. Il regno papale è quindi antistorico
e il suo potere negativo sulla libertà dei cittadini andrebbe combattuta
dallo Stato, anche con un esproprio dei beni ecclesiastici e il superamento
della sua nociva influenza.
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