Quasi
contemporaneamente all’invenzione
della plastica, furono inventate
le fibre di carbonio. Era il 1958,
e il suo inventore il Dr. Roger
Bacon, fisico ed esperto dei
materiali, presso il Parma
Technical Center, in Ohio. La
fibra di carbonio consisteva in
sottili filamenti di grafite, che
si intrecciavano formando fogli o
rotoli di fibra tessile di
carbonio. Tuttavia, il nuovo
materiale presentava un alto costo
di produzione. La notevole
scoperta, si mantenne viva,
continuando la ricerca su di essa.
Nel 1969 la Carr
Reinforcements produsse, per la
prima volta, un tessuto in fibra
di carbonio.
La fibra di
carbonio si compone di una trama
filiforme, sottilissima, ottenuta
con fili in carbonio. Dalla tela,
così realizzata, si ottengono
diversi materiali, denominati
compositi, perché,
successivamente, le fibre vengono
unite ad una matrice,
usualmente di resina,
metallo o plastica. La matrice ha
lo scopo di tenere ferme le fibre
secondo gli orientamenti
prefissati nell’intrecciatura
preventiva, determinata per
resistere agli urti e agli sforzi,
ma anche a mantenere la forma e a
proteggere la tela di carbonio.
Con essa, quindi, in varie
applicazioni, si producono
materiali innovativi. Tali
materiali presentano molti
vantaggi, risultando ad elevata
resistenza meccanica, isolamento
termico, resistenza chimica e ai
cambiamenti di temperatura e
ottime proprietà ignifughe.
Tuttavia, le sue caratteristiche
meccaniche possono essere a
rischio di anisotropia se
l’intrecciatura, non essendo
omogenea, acquista determinate
direttrici negli sforzi e non
altre.
Definire tela o tessuto la fibra
di carbonio non è propriamente
giusto. In effetti, ogni “filo” di
carbonio ha dimensioni enormemente
piccole, da nanotecnologia. La
fibra di carbonio è simile alla
grafite. Gli intrecci fittissimi
di fili sono ammassi di atomi di
carbonio a struttura piana, posti
con simmetria esagonale
geometrica. I rapporti tra i
singoli fogli differenziano le sue
prestazioni. Infatti, nella
grafite i fogli sono paralleli e
con scarsa correlazione chimica.
La grafite, infatti, è
impalpabile, delicata e volatile.
La fibra di carbonio, invece, può
assumere caratteristiche
variabili. Una fibra di carbonio
può essere turbostratica o
grafitica, oppure assumere una
struttura ibrida. La fibra
turbostratica ha una struttura
cristallina, ed essendo ogni
foglio con direzione diversa l’uno
dall’altro, risultano uniti in
modo del tutto casuale. Esse
risultano più resistenti e con un
carico di rottura maggiore. Le
fibre grafitiche, sottoposte ad un
riscaldamento con temperature
maggiori dei 2200 gradi,
posseggono, invece, un’elasticità
più pronunciata.
Avendo la
fibra di carbonio caratteristiche
di resistenza e leggerezza, viene
utilizzata per rinforzare altri
materiali, come, in particolar
modo, i polimeri plastici. I
materiali non polimerici, come i
metalli, sono scarsamente
applicati in associazione con la
fibra, presentando fenomeni
negativi, come quello della
corrosione. In casi
particolari viene usata la fibra
di carbonio in una matrice di
grafite, cioè sempre di carbonio.
Questa associazione viene chiamata
carbonio-carbonio. Essa si applica
in particolari situazioni, quando
necessita un’elevata resistenza al
calore. E’ il caso dei freni delle
auto di Formula 1, oppure gli
scudi termici delle navette
spaziali. La sua resistenza e
leggerezza sta permettendo la
costruzione di aerei di linea di
nuovo tipo. La sua applicazione,
ad esempio nei Boeing 787, renderà
l’aereo più leggero, con un deciso
risparmio di carburante. Perfino
le scarpe dei calciatori vengono
realizzate con fibra di carbonio,
tanto da renderle più leggere,
resistenti e flessibili.
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