Con la
nascita della Scienza moderna,
supportata dal metodo scientifico
formulato da Galileo Galilei,
l’improvvisazione dell’Acchimia
entra sicuramente in crisi. E’
proprio sul metodo galileiano che
si poggiano le ricerche di Robert
Boyle (1627-1691), nel XVII
secolo. Egli affronta con rigore e
meticolosità l’analisi della
trasformazione della materia,
superando l’eterna ricerca della
pietra filosofale. Ugualmente i
vari elisir medicamentosi
dell’Alchimia vennero
ridicolizzati dai primi sviluppi
nel campo della chimica organica,
uniti ai passi in avanti della
medicina, sviluppatasi a partire
dalla iatrochimica di Paracelso.
Paracelso
Philippus Aureolus
Theophrastus Bombastus von
Hohenheim, detto per brevità
Paracelso (1493 – 1541), è un
complesso personaggio, che fu
medico, alchimista ed anche
astrologo. Il suo strano
appellativo significa “eguale a
Celsus”, cioè di Aulus Cornelius
Celsus (prima metà del I secolo),
autore latino, che compose un
trattato di medicina. Egli fu,
a tutti gli effetti, uno
spartiacque tra la ricerca
alchemica sui metalli preziosi e
le teorie magiche (che egli
rifiutò) e l'utilizzo di
osservazioni empiriche
sperimentali mirate alla
comprensione del corpo umano e
alla ricerca di medicinali.
Notevolmente proteso, quindi,
verso il futuro, egli non
abbandonò mai le filosofie
ermetiche, neoplatoniche e
pitagoriche.
Paracelso si
laureò all'Università di Ferrara,
come il contemporaneo Niccolò
Copernico. Come studioso,
aggiunse ai quattro elementi
aristotelici, principi che
formavano la materia nella
concezione classica, ulteriori tre
elementi: sale, zolfo e mercurio.
Come motore del cambiamento e
delle trasformazioni, egli
sostenne la presenza di spiriti
della natura. I tre elementi,
sale, zolfo e mercurio, basilari
nei corpi organici ed inorganici,
formavano, a suo avviso, un
tutt’uno, irriconoscibile. Solo
nello stato della malattia essi si
separavano, perdendo l’equilibrio
del loro rapporto. Nel concetto di
malattia e di cura corrispondente,
Paracelso sostenne la teoria
dei simili, in opposizione
alla teoria dei contrari,
allora in voga. Egli
affermava, infatti, che alla
malattia bisognasse opporre la
stessa sostanza da cui era stata
causata. Sempre come
innovatore, non aderì alla
medicina tradizionale, ma fondò la
iatrochimica. Quest’ultima
rappresenta proprio l’innovazione
del sapere alchemico. Paracelso,
infatti, rifiutò la ricerca
“metallurgica” dei materiali
nobili degli alchimisti del tempo,
preferendo un’utilità delle
ricerche indirizzate sulla salute
umana.
La
iatrochimica La
iatrochimica, branca della chimica
e della medicina, originatasi nel
Rinascimento, sosteneva che la
vita dipendesse dall’equilibrio
tra elementi chimici e, quindi, la
salute del corpo umano consisteva
nell’equilibrio tra i vari fluidi
corporei. Quindi la ricerca della
chimica, applicata alla medicina,
poteva trovare i rimedi
farmacologici contro la malattia.
Le ricerche del famoso
Paracelso, medico svizzero, e
degli iatrochimici, inizialmente
molto simili a quelle effettuate
contemporaneamente dagli
alchimisti, portarono
all’individuazione di primi rimedi
chimici, tra i quali anche di
alcuni ancora oggi utilizzati. Ad
esempio, tra questi, citiamo: la
tintura di ferro, il laudano, il
tartaro emetico, l'acetato
ammonico, il colchino, l'etere
solforico (o etere dietilico).
La iatrochimica, non ancora
pienamente scienza, poggiava sul
concetto di fluidi corporei,
teorizzati molto tempo prima da
Ippocrate. Fu definito, infatti,
una scuola filosofica. Apertamente
in contrasto con le pratiche
mediche vigenti all’epoca, la
iatrochimica scomparve proprio a
causa delle moderne pratiche
mediche, sviluppatesi
seguentemente. Il suo periodo di
massima diffusione che va dal 1525
al 1660.
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