Gli
anni fra il 1458 e il 1461 segnano
un brusco cambiamento, in campo
artistico e non solo, in quella
che fino ad ora era stata definita
la capitale del rinascimento
meridionale: Napoli. Alfonso
d’Aragona muore nel 1458 e il
nuovo polo artistico viene
spostato ad Aix-en-Provence, con
la figura di Renato d’Angiò,
anch’egli grande estimatore
d’opere d’arte, il quale ha al suo
seguito il suo artista prediletto,
il provenzale Barthelemy d’Eyck.
E’ quasi ovvio pensare che
dalle molteplici innovazioni, così
come dalle tecniche e dagli
accorgimenti proposti dagli
stranieri, Antonello cercasse di
apprendere il più possibile.
Durante questo periodo di
instabilità decide di
intraprendere un viaggio con tutta
la sua famiglia. “Il 15 Gennaio
1460 il padre noleggia infatti un
brigantino per recarsi al porto di
Amantea, in Calabria; la nave
dovrà attendere per otto giorni il
ritorno del pittore, dei suoi
familiari, dei servitori e delle
sue masserizie, per riportarli a
casa… una destinazione lontana,
visto.. il vasto seguito che
accompagnava Antonello.”
Sembra quasi accertato che il
viaggio avesse come meta le
Fiandre, conferma che viene data
dalle opere eseguite al rientro
dell’artista nella sua città
natale, opere che parlano lo
stesso linguaggio preciso e
minuzioso fino all’inverosimile,
dell’arte fiamminga, con
l’aggiunta dei colori e del pathos
siciliano distintivo delle tele di
Antonello.
La sua città
rimane sempre e comunque un grande
punto fermo. Nei paesaggi delle
sue opere c’è sempre spazio per un
accenno alla sua Messina: i
cipressi, il porto e lo stretto, o
la Rocca Guelfonia, il S.
Salvatore, le isole Eolie e i
colori caldi. La Crocefissione
del 1460 ne è una forte
testimonianza. I soggetti
principali, in primo piano, non
impediscono la fuga prospettica
verso il fondo, che accoglie la
magnifica veduta del Golfo di
Messina, con la “falce” del porto
e i piccoli isolotti delle isole
Eolie in lontananza. Il
paesaggio, in questo caso, non
funge solo da sfondo, ma completa
la visione con un forte messaggio
rivolto ai suoi ricordi. La
Crocefissione è un momento di
dolore unito ad una grande
devozione, sentimenti questi che
Antonello ha sempre nutrito per la
sua città.
Antonello non
dimentica mai le sue origini, anzi
diventano simboli inconfondibili
delle sue opere. La sua terra, i
suoi profumi faranno sempre parte
del suo genio artistico e
filtreranno attraverso i pennelli
e i colori delle tele, anche in
seguito, come dimostra la presenza
inconfondibile delle absidi della
chiesa di S. Francesco di Messina,
che si ergono fra le ali
dell’angioletto che tiene
sollevata, dolcemente, la mano
sinistra del Cristo nella Pietà
del 1475. Nonostante le
disastrose condizioni nelle quali
si trova l’opera, dovute ad un
restauro non appropriato che rende
le figure prive di volto, il
paesaggio alle spalle è rimasto
“pulito”, chiaro e se ne leggono
i simboli. Sono semplici segnali
dell’amore per le sue origini, che
il pittore ha modo di far emergere
sempre nelle sue opere. E per di
più, in questo caso, la
particolare devozione all’ordine
dei francescani, devozione che si
manifesterà ancora più forte al
momento della morte del grande
artista, come vedremo in seguito.
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