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PLATONE
ED IL MITO DI ATLANTIDE 
 

  PLATONE
     

Biografia di Platone

 
I ripetuti viaggi in Sicilia
 

La sua filosofia

 
  ATLANTIDE
   

Atlantide, tema serio o fantasy?

 

I due dialoghi “incriminati”

 

Il Mito di Atlantide nei secoli

 

Atlantide, tra Nazismo e sensatezza

 

A caccia di Atlantide

 

La fantasia non vuole limiti

 
 
 
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I dialoghi di Platone, Timeo e Crisia, in cui si parla per la prima volta di Atlantide, furono scritti intorno al 360 a.C. Il filosofo utilizza la tecnica dei dialoghi (assimilata da Socrate, suo maestro) per trattare di una supposizione, sviscerandola da opinioni contrarie. I quattro personaggi che appaiono, sia nel Timeo che in Crizia, sono due politici (Ermocrate e Crizia) e due filosofi (Socrate e Timeo di Locri). Solo il politico Crizia parla dell’isola di Atlantide.

Nel Timeo, come già trattato nella Repubblica (dialogo del 380 a.C. circa), Platone fa disquisire i suoi personaggi sul tema della società perfetta. E’ Socrate ad aprire il Timeo proponendo l’argomento. Egli lo tratta a partire della creazione dell'universo e delle antiche civiltà. Su queste ultime interviene il personaggio di Crizia, che fa due esempi di antiche civiltà: una positiva e “perfetta”, l’antica Atene, ed una negativa all’antitesi, quella di  Atlantide.
La grande isola, governata da Poseidone (come da suo desiderio) era di enormi dimensioni, più grande dell’Antica Libia (l’Africa settentrionale) e dell’Asia minore (l’Anatolia) messe insieme. Sconvolta da un terribile terremoto, essa scomparve lasciando un enorme pantano, che impediva l’attraversamento dell’oceano. Descrive, poi, l’isola, secondo quanto riportavano gli egizi, come attorniata da alti monti che degradavano verso il mare, con una grande pianura centrale dove sorgeva la grande città in cui vi era la dimora dei re, così grande, che aveva un diametro di cinque stadi (circa 0,92 km).
E’ a questo punto nel Timeo che Crizia narra di Solone, che in un suo viaggio in Egitto, aveva appreso della civiltà di Atlantide. I sacerdoti Egizi gli narrarono di un antico scontro avvenuto tra soldati atlantidei e milizie dell’antica Atene. L’impero di Atlantide si era sviluppato in Africa fino all’Egitto e in Europa sino all’Italia. Lo scontro con gli ateniesi era divenuto fatale. Tuttavia, la vittoria arrise ad Atene. Fu a questo punto che Atlantide, posta oltre le Colonne d’Ercole, scomparve, tutta ad un tratto, a causa di un terribile cataclisma, che fece sprofondare l’isola nell’oceano. Scomparve ovunque, col tempo, l’antica civiltà.

Il Mito di Poseidone e Clito
Nel secondo dialogo, il Crizia, Platone si sofferma, in particolare, nell’approfondire la situazione geopolitica di Atlantide. Sempre il politico Crizia racconta delle origini di questa civiltà sconosciuta, partendo da un mito, che sarebbe stato all’origine dei fatti. Il dio Poseidone, che imperava sull’oceano, si innamorò di Còito, una giovane ragazza dell’isola. Per proteggerla da chiunque, Poseidone recinse la collina dove la fanciulla viveva, con cinque cerchi concentrici, due di terra pianeggiante e tre d’acqua. In più il dio del mare fece sgorgare due fonti d’acqua per la ragazza: uno d’acqua calda e uno d’acqua fredda. Poiché al tempo del mito, gli uomini non sapevano ancora navigare, Clito e Poseidone vissero in tranquillità, concependo ben dieci figli. Il maggiore, Atlante, sarebbe stato successivamente investito dell’incarico di governatore dell'impero. L’isola fu suddivisa in dieci zone, una per ogni figlio. Basata sulla monarchia, Atlantide si sviluppò ricca e potente, ed i suoi contadini raccoglievano prodotti d’ogni tipo e in grande abbondanza.
La città presentava edifici maestosi come palazzi reali, templi ed un grande porto commerciale. Al centro della città sorgeva un enorme tempio dedicato a Poseidone e Clito. Esso era lungo uno stadio (177 metri), largo tre plettri ed ancora di più in altezza. Rivestito all’esterno di argento, lo era al suo interno d’oro e d’avorio. Nella sala sacra campeggiava una statua d’oro di Poseidone con il suo cocchio alato, talmente grande da raggiungere il soffitto. 
La vita nella ferace isola procedeva tranquilla. Il rapporto tra i  dieci re, che amministravano ognuno la propria zona di competenza, era stabilito dalle regole dettate dallo stesso Poseidone, che erano scolpite su una lastra di oricalco, situata nella zona sacra al centro della città.
Prima di ogni deliberazione, i dieci re, narra Crizia, eseguivano una caccia al toro, armati soltanto di bastoni. Uccisolo, se ne beveva il sangue, dopodichè aveva luogo un giuramento collettivo ed una preghiera.
La vita si mantenne virtuosa per diverse generazioni, fin quando la natura umana ebbe il sopravvento sulle origini sacre. Cupidigia, invidia e bramosia di potere portarono gli atlantidei fuori da ogni binario. Zeus, irato, convocò il consiglio degli dèi, per decidere una punizione da somministrare agli abitanti della misteriosa isola.

E quì si conclude la narrazione. Misteriosamente, infatti, il dialogo Crizia non fu mai portato a termine da Platone.

Le eventuali notizie su Atlantide vengono riprese da Platone dalla tradizione greca, sicuramente, ma forse anche da Creta e dall’Egitto, oppure da altre fonti a noi sconosciute. Le informazioni vengono comunque rielaborate in funzione delle opinioni del filosofo. Il rapporto con l’Atene “corrotta” dei suoi tempi, è palese, soprattutto nel rapporto tra l’Atlantide virtuosa e sobria del primo periodo e la bramosia e cupidigia dell’Atlantide del secondo periodo. Il bene (il logos divino) ed il male (il caos umano e terreno), con cui confrontare il presente con il fatidico passato.
Il rapporto, quindi, tra la descrizione dell’Atlantide corrotta e l’Atene, del decennio che va dal 360 al 350 a.C., è evidente. Platone registra la sua età, con continui scontri tra polis greche per il controllo dei traffici commerciali nel mediterraneo. Il filosofo ha bisogno di un confronto ideale da contrapporre alla corruzione degli Stati già espressa nella Repubblica. Forse da questa necessità letteraria nasce il mito di Atlantide.

  

 
 
 
 
 

 
 
 
 

   
 
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