Il
castello medievale di Pietrarossa
si trova a Caltanissetta, eretto
su uno strapiombo dal quale si
domina tutta la vallata fino al
fiume Salso. E’ nella zona più
antica della città: in contiguità
con la chiesa di Santa Maria degli
Angeli e vicino allo storico
quartiere arabo. Si dice che
il castello avesse delle torri
rivestite con mattoni d’argilla
rossa, da cui avrebbe preso il
nome di “Oietrarossa”. Di
questo non rimangono grosse
traccia, per cui la denominazione
rimane alquanto controversa.
Altrettanto controversa è
l’origine del maniero, nonostante
il lavoro di diversi studiosi che
vi ci sono applicati. Ne sono nate
più ipotesi (almeno cinque) che
vanno dall’età dei Siculi fino ai
saraceni. La versione più
accreditata, comunque, lo fa
risalire ai bizantini, tra il 750
e l’800. Di certo si sa della sua
esistenza nel periodo normanno, in
quanto le prime fonti scritte
risalgono proprio ad essi. Per la
precisione ad un periodo
successivo all’arrivo in Sicilia
di Ruggero I d'Altavilla. Il
Castello fu assediato dagli
angioini. Nicolò Maletta e i suoi
concittadini si opposero
all’arrivo delle truppe francesi,
al comando di Guglielmo
d'Estendard. Come capita spesso
nella storia, Maletta fu tradito e
il castello cadde in mano
angioina. Nicolò Maletta perse non
solo il fortilizio, ma anche la
vita, perché finì impiccato.
Durante il dominio degli
Aragonesi, il castello assurse a
sede dei tre Parlamenti generali
siciliani (nel 1295, 1361 e 1378).
Ma col passaggio di proprietà alla
casata dei Moncada, avvenuta nel
1407, che lo ritennero inadatto ad
essere una residenza nobiliare.
Fu, in pratica, declassato alla
sola funzione di difesa militare.
Sul finire del Quattrocento i
sotterranei del Castello erano già
utilizzati come prigione. La
fortezza militare, nella notte del
27 febbraio 1567, subì un
terribile terremoto, che lo fece
crollare miseramente. Tra le
macerie rimasero intatte solo due
torri, alcuni terrapieni ed una
torretta di guardia, che,
all’inizio del secolo scorso, andò
anch’essa in rovina. Quelli del
1591, più che lavori di
manutenzione assomigliarono a
lavori di smantellamento, essendo
utilizzato il castello come cava
di pietra per l’edificazione della
case private. Sembra che fra le
rovine venne trovato il corpo di
Adelasia, nipote di Ruggero
d'Altavilla. Fu riconosciuta dalle
iscrizioni su una corona di rame
che portava indosso.
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