Le
legioni romane, o, in genere,
un'unità del loro esercito, doveva
risiedere, anche provvisoriamente,
in territorio ostile, erigeva un
“castrum”, cioè un accampamento
fortificato. La necessità di
una struttura difensiva per
l’esercito divenne sempre più
pressante, man mano che esso
operava distante da Roma. Quindi,
già a partire dalle guerre
puniche.Sembra che l’idea
dell’accampamento fortificato non
fosse romana. Sesto Giulio
Frontino (in Stratagemata),
infatti, narra: “Pirro re
dell'Epiro, istituì per primo
l'utilizzo di raccogliere l'intero
esercito all'interno di una stessa
struttura difensiva. I Romani,
quindi, che lo avevano sconfitto
ai Campi Ausini nei pressi di
Malevento, una volta occupato il
suo campo militare ed osservata la
sua struttura, arrivarono a
tracciare con gradualità quel
campo che oggi a noi è noto”.
Il primo, comunque, a
descrivere un castra romano, o
accampamento , è lo storico
Polibio. Ci descrive la sua forma
quadrangolare, suddivisa da due
assi principali, fra loro
ortogonali, il "cardo massimo" (cardo
maximus) e il "decumano
massimo" (decumanus maximus).
Nel loro punto d’incontro era
posizionato il praetorium,
dove risiedeva il comandante.
Sempre al centro di esso erano
posizionate le tende per gli
ufficiali (quaestorium)
Altre strade ortogonali dividevano
il castrum in più settori
regolari. Intorno alle mura,
spesso veniva costruito un
fossato, profondo circa due metri.
Solo nel periodo del Basso Impero
si possono trovare dei castra
non di forma regolare ma di tutte
le forme (anche quella circolare).
Le due strade principali
presentavano all’estremità ognuna
una grande porta, per un totale di
quattro, una per ogni lato del
rettangolo. La tipologia di questi
ingressi variò nel corso dei
tempi. Inizialmente la porta era
protratta verso l’esterno (detta a
Titulum), che presentava un
vallum unito ad una fossa,
entrambi paralleli all’ingresso
stesso. Questo per filtrare meglio
gli ingressi o eventuali
sfondamenti del nemico. Questa
tipologia fu adottata soprattutto
tra il I e il II secolo d. C. La
tipologia fu utilizzata fino alla
campagna in Britannia di Settimio
Severo. Per impedire agli
assalitori di attaccare
frontalmente le porte fu anche
utilizzato, nello stesso periodo,
la porta a Clavicula, che
poteva essere sporgente o verso
l’esterno o verso l’interno. Il
vallum e la fossa potevano essere
costruiti in una delle due
direzioni, deviando in modo che
l’ingresso fosse laterale e non
frontale. La soluzione era
adottata in modo tale che il
nemico mostrasse nell’attacco alla
porta il lato destro, quello che
portava la spada e non lo scudo,
cioè il lato non protetto. Un
terzo schema fu adottato durante
il periodo degli imperatori Flavi,
in particolare nelle campagne in
Britannia di Agricola, da cui
prese il nome di stile
Agricola. L’ingresso disegnava
una forma ad imbuto, con un lato
più lungo dell’altro, in modo da
avere entrambi i vantaggi dei due
metodi precedenti.
Il
castrum presentava alcune
strutture difensive. Oltre ai
fossati (fossa), di diverso
tipo, e al vallum, posto dinanzi a
quello, cioè un muro, realizzato
con terra, pietre e pali di legno,
la recinsione poteva essere dotata
di triboli cioè di tronchi con
ramificazioni laterali (detti cervoli).
Questi venivano accatastati e
uniti tra loro, creando una selva
artificiale, difficile da
togliere. A volte al vallum veniva
sostituito un pratico terrapieno (agger),
realizzato, però, con rocce dagli
spigoli taglienti. A tutto questo
si aggiungeva, naturalmente, un
regolare servizio di ronda di
cavalieri e numerosi soldati sulle
e intorno alle mura. Il
recinto oltre a mura difensive,
possedeva anche numerose torri.
Dovendo servire per la difesa, il
castrum era munito di armi adatte
allo scopo. Ecco allora le armi da
lancio, come le catapulte e le
baliste,
pronte con relativi dardi, oltre
ad arcieri provetti.
Il
castrum “Una volta costruito,
appare come una città con la sua
piazza (forum), le botteghe
degli artigiani e i seggi
destinati agli ufficiali dei vari
gradi (tribunal), qualora
debbano giudicare in occasione di
qualche controversia” (Giuseppe
Flavio, guerra giudaica,
66-70 d. C.). Infatti, la
struttura del castrum, utilizzato
nelle campagne militari, spesso
faceva da organizzazione
urbanistica per nuove città.
Inizialmente, durante il
periodo repubblicano, l’utilizzo
della struttura era, per lo più,
temporanea, per passare l’inverno
o mantenere uno stato di assedio
dei territori non ancora
“romanizzati”. Durante l’assedio
di Veio, città etrusca
(nell’inverno tra il 397 e il 396
a.C.), i comandanti fecero
costruire nel castrum dei
quartieri invernali, permettendo
un assedio indefinito della città.
Questi acquartieramenti invernali
vengono ben descritti da Cesare in
occasione della sua campagna
pluriennale per la conquista della
Gallia. La continua ricostruzione
delle strutture, anche poco
distanti tra loro, permise la
nascita di nuovi agglomerati
urbani.
L’organizzazione interna al
castrum Per
vivere in grande disciplina, ma in
perfetta sicurezza,
l’organizzazione interna è
fermissima. Questo avviene, non
solo come residenza, distinta
coorte per coorte, centuria per
centuria, ma anche nella vita
stessa del campo. Importante è la
logistica, come il procacciamento
di legna, di cibo e d'acqua, ma
anche nel loro consumo. La
giornata è perfettamente scandita,
non tramite orologio, ma per mezzo
degli squilli di buccina
(una specie di tromba). L’ordine
di svegliarsi all’alba e andare a
dormire al tramonto, così come i
turni di guardia o l’ora del
pranzo, tutto è corale e
cadenzato. Anche gli incontri
quotidiani tra gerarchie diverse
segue un preciso protocollo
tempistico.
Quando
bisognava “togliere le tende”,
cioè smontare l’accampamento, al
segnale dato dalle buccine, ogni
uomo sa quello che deve fare.
Innanzi tutto smontare la tenda,
raccogliere l’equipaggiamento e
prepararsi la marcia, poi caricare
le salmerie e le attrezzature
sugli animali da soma, infine,
schierarsi per la partenza. A
volte, se il castrum era
provvisorio, gli si dava fuoco,
per evitare un suo possibile uso
da parte del nemico. Dopo un
terzo segnale delle buccine, dato
per i ritardatari, al comando del
primo ufficiale, ripetuto tre
volte, per tre volte le truppe
urlano d’essere pronte. Indi si
parte verso la battaglia o per una
nuova marcia.
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