I
castelli erano considerati
“instrumenta regni”, controllavano
gli spazi più importanti e
regolavano lo sviluppo economico,
fungevano come punto d’appoggio
per le guarnigioni reali. Ma la
distinzione delle funzioni
degli edifici è una prerogativa
abbastanza recente.
Il
singolo castello era progettato
per racchiudere in sé, nella
compattezza dell’insieme,
una molteplicità di funzioni. La
fortezza poteva assolvere, allo
stesso tempo, ad esigenze di
natura politico-amministrativa,
militare, agricolo-economica o
soltanto paesaggistica. Queste
imponenti opere, oltre alla loro
vocazione difensiva, conservavano
una loro dignità residenziale
denunciata da uno studio accurato
nella creazione di arredi interni
confortevoli e signorili.
Soltanto i “solacia” o “solatia”
mantenevano una loro identità
specifica. Essi furono luogo di
sosta o sede di attività ludiche e
venivano disegnati e progettati
anche in funzione dell’ambiente
circostante (le riserve di
caccia). Federico II, durante
l’amministrazione del proprio
impero, era costretto ad
affrontare viaggi sfiancanti e
continui. L’edificazione dei
palazzi imperiali rientra, quindi,
anche in un piano che prevedeva un
sistema di soste adeguato a fare
fronte ai continui spostamenti.
Nel
1239 vengono istituiti i
“provisories castrorum”,
funzionari incaricati del
controllo dei castelli e della
segnalazione di chi avesse
l’obbligo della loro manutenzione,
e i “prepositi edificorum”,
funzionari addetti a presiedere
alle costruzioni delle fortezze
del Regno. Quelli che più spesso
interloquirono con l’imperatore,
attraverso una fitta
corrispondenza, molto illuminante
sulle vicende dell’architettura
sveva, furono Riccardo da Lentini
e Stefano Ronualdo.
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