La
vasta produzione industriale della
prima metà dell’Ottocento
presentava una bassa qualità, sia
nei materiali che a livello
stilistico. Nella seconda metà del
secolo sorse spontanea una
reazione colta, detta Arts and
Crafts ("arti e mestieri"). Essa
era formata da artisti ed
intellettuali, che rivendicavano
l’importanza dell’opera
artigianale, concepita come
manifestazione dell’opera umana.
In quanto tale, l’artigianato era
espressione di un valore proprio,
durevole nel tempo e apportatore
di qualità, a differenza dei
prodotti industriali di quel
tempo, alquanto scadenti.
La prima opposizione colta al
ciarpame industriale, si ebbe con
Augustus Pugin, che sottolineava
il valore dello stile gotico. Egli
ne lodava la purezza,
l’essenzialità e l’onestà di
mostrare apertamente la propria
struttura. Come movimento
artistico lo stile gotico era alle
fondamenta della cultura cristiana
medievale. Proprio il
riferimento al medioevo fu ripreso
da John Ruskin, sostenitore di
Pugin. A suo avviso l’artigianato
medievale era dimostratore della
semplicità ed essenzialità del
lavoro umano. Alle lezioni di
Ruskin, tenute all’università di
Oxford, partecipò, nel 1851,
William Morris. Egli, in questo
consesso, ebbe modo di conoscere
John Bourne, il quale, a sua
volta, gli presentò Dante Gabriel
Rossetti, importante pittore
preraffaellitia. Colpito dalle
idee del maestro e dall’opera
dell’artista, di opinione in
opinione, Morris ne trasse una
sintesi anti-industriale. Ispirato
dalla società medievale, come
società collaborativa e positiva,
egli la contrappose al “caos” del
periodo che stava vivendo.
Ciononostante, la sua opera –
disegnerà tappeti, tessuti, mobili
e molto altro – risulterà assai
propositiva, creativa e moderna,
un tipico esempio di industrial
design. Purtroppo, egli fu
anticipatore, forse troppo. Le sue
proposte si dimostreranno
complesse e molto costose da
realizzare per l’industria di quel
tempo.
Morris concentra il
suo sforzo sull’ambiente della
casa e dei mobili che l’arredano.
Crea, nel 1888, la società
Morris, Marshall & Co, che
tenterà un primo approccio con le
macchine che sostanziavano
l’industria. Ma è su questo punto
che naufraga l’idea di Morris.
Egli è convinto (come pure Ruskin)
che la “macchina” debba servire
l’uomo e non il contrario. Con una
simile impostazione mentale, egli
non può che fallire. I suoi
prodotti non si allineano alle
macchine che possono produrli, e,
quindi, impossibili da ottenere o
eccessivamente costosi. Ne va da
se che la successiva distribuzione
non può essere accolta come
dovrebbe. Sia Morris che Ruskin,
oltretutto, pensano che la società
a cui si rivolgono sia degenerata
nei gusti. Se l’artista non segue
i bisogni e le relative
funzionalità dei consumatori, ma
si pretende il contrario, il
rapporto non si può instaurare. Ed
è il limite finale delle Arts and
Crafts.
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