A
parire dal 1795, in
Germania, si riprende lo studio
della mitologia greca. Dopo un
lungo periodo di stasi, dovuto
alle posizioni religiose
intransigenti, che timbravano il
mito come favole bugiarde, la
filosofia illuminista l’aveva
riportato agli studi storici. Tra
i primi ad occuparsi di questo fu
Johann Matthias Gesner, a
Gottinga. A lui seguì Christian
Gottlob Heyne, che unitamente a
Johann Joachim Winckelmann sancì
la ripresa degli studi mitologici
in tutta Europa. Nel XIX
secolo, in epoca romantica, furono
applicati metodi comparativi e un
nuovo tipo di approccio, che
costituirono un vero e proprio
metodo storiografico, con la
nascita di filologie, che poi si
uniranno alle successive scoperte
di carattere etnologico del
Novecento. Tra i primi storici ad
applicare il metodo comparativo vi
furono Wilhelm Mannhardt, James
Frazer, e Stith Thompson. Ma è
nel 1871, con la pubblicazione del
saggio Primitive Culture di
Edward Burnett Tylor, che il
metodo viene messo a punto. Lo
studioso, infatti, mette a
confronto diverse culture e miti
tra loro, cercando un’origine ed
uno sviluppo comune del pensiero
religioso. Da questo testo prese
avvio l'opera di Carl Gustav Jung
e Joseph Campbell. Passando dal
panteismo individuato da Max
Müller, Bronislaw Malinowski
indica il mito come necessità
sociale, comune alle varie
culture. Claude Lévi-Strauss ed
altri strutturalisti, nel secolo
scorso, hanno approfondito
l’analisi e le strutture del mito
in tutte le culture antiche del
mondo.
La natura
del mito nelle culture primitive
Attualmente,
esistono diverse teorie
sull’origine della mitologia ed in
particolare di quella greca. La
“teoria storica” ipotizza
l’esistenza all’origine del mito
di persone reali. Ad esempio, la
figura di Eolo sarebbe nata
dall’antichissimo re di alcune
isole del mar Tirreno. La sua
esistenza sarebbe poi stata
trasfigurata nel racconto
mitologico. La "teoria
allegorica" sostiene che
l’esistenza di queste persone sia
stata, nel tempo, resa in forma
allegorica e simbolica. La "teoria
fisica", invece, pone
all’origine non persone ma realtà
naturali. Dalle religioni
primitive, che adoravano acqua,
terra e fuoco, ne scaturì la
personificazione di queste forze
naturali. Alcuni studiosi,
come Max Müller, hanno supposto
una forma di religione
Indoeuropea, alla base di tutte le
culture dell’area. La teoria
scaturisce dall’osservazione della
comune funzione di varie figure in
queste religioni. Ad esempio, la
similitudine tra Dyaus-Pitar nel
sanscrito, il greco Zeus, Il
latino Iupiter e il norreno Týr.
Che vi sia un possibile
parallelismo tra le culture,
sarebbe provato da scoperte
archeologiche, che dimostrerebbe
l’influenza sulla mitologia greca
di più antiche religioni dell’Asia
minore. E’ dimostrato come nella
cultura anatolica è presente un "dio
morente", come Cibele, oppure
la figura di Afrodite, anch’essa
comune a divinità semitiche.
Questi parallelismi divengono
ancor più credibili, se si risale
a civiltà pre-elleniche, ad
esempio, Creta, Micene, Pilo e
Tebe. La mitologia greco-classica,
secondo Martin P. Nilsson,
presenta fortissime affinità con
la cultura micenea, che a sua
volta ha le sue radici in età
preistorica. Alcuni storici non
sono, tuttavia, dello stesso
parere (vedi Burkert).
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