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La DC Comics, a metà degli
anni cinquanta, pensò bene di
rilanciare i supereroi in una
versione rivista e corretta, che
fosse maggiormente fedele ai nuovi
tempi e alle nuove mentalità. Nel
1956, fu messo in commercio un
nuovo Flash aggiornato, vincendo
la scommessa, con un grande
successo. A quel punto i vecchi
eroi della Golden Age riapparvero
sul mercato completamente
rinnovati, come Hawkman, Lanterna
Verde ed altri eroi. I personaggi
così modernizzati, presentavano
una maggiore profondità
psicologica ed un taglio quasi
cinematografico. Riapparve in
edicola anche il gruppo della
Justice League of America. Tra i
maggiori promotori del cambiamento
vi fu il redattore Julius
Schwartz, che richiamò forze e
nuove idee. Nacque così la Silver
Age. Tra i protagonisti,
annoveriamo Garnder Fox, Joe
Orlando, John Broome, Curt Swan,
Joe Kubert e soprattutto Carmine
Infantino.
Alla DC Comics,
che rilanciava i suoi vecchi
supereroi, Stan Lee della Atlas
Comics di Goodman, ed artisti come
Jack Kirby e Steve Ditko (e molti
altri) si unirono formando la
nuova Marvel Comics,
che, per prima cosa fece
l’opposto, cioè ne creò di nuovi.
L’approfondimento
psicologico e la ricerca di nuove
tipologie di eroi produsse
risultati stupefacenti, che
andavano oltre i cliché della
Golden Age. Nel 1961, fu lanciato
l’originale gruppo dei Fantastici
Quattro. Tra loro, ad esempio, vi
era La Cosa, una mostruosa
creatura indefinibile ma
imbattibile, con la pelle simile a
roccia, e, perciò, vittima di
momenti di scoraggiamento, che
finiva spesso per
autocommiserarsi (nel gruppo vi
era anche Susan Storm, la Donna
Invisibile).
Il mito del Dr. Jekyll e Mr. Hyde
fu ripreso e rilanciato nel
personaggio di Hulk,
con il suo alter ego Bruce
Banner. E se gli X-Men erano dei
mutanti, temuti ma anche odiati,
l’Uomo Ragno era un povero ragazzo
che si arrangiava per vivere.
Decisamente sorprendenti. Ma i
rinnovamenti non finirono qui.
Abbiamo detto che la Silver Age
era maggiormente connessa con la
nuova società (e le sue spinte
rinnovatrici) degli anni sessanta.
Se il tipico supereroe nella
Golden Age, degli anni quaranta,
era bianco, di giovane o media
età, di ceto medio-alto,
eterosessuale e con un lavoro da
professionista, ecco che invece,
nella Silver Age, tra gli anni
sessanta e settanta, cominciarono
ad apparire i primi supereroi
afro-americani e non solo. Furono
pubblicati i primi fumetti con
Pantera Nera, re di una fantastica
nazione africana (il Wakanda),
Luke Cage, un afro-americano e
Shang-Chi, un eroe di provenienza
asiatica, naturalmente esperto
nelle arti marziali. Tuttavia,
essendo in un periodo di
sperimentazioni, le case editrici
rischiarono di aggiungere nuovi
stereotipi ai vecchi. Tra questi,
la lingua dei neri utilizzata nei
film della blaxploitation
o il tipico cinese, che doveva
essere per forza esperto di arti
marziali. Approfondendo il
carattere dei personaggi e la loro
tipicità, nacque, ad esempio,
l’invenzione del linguaggio
afro-americano Cyborg.
Negli anni settanta, periodo
di grandi cambiamenti nella
società, spuntarono eroine
femministe come la Donna Ragno e
Tempesta o ne furono
“ristrutturate” di vecchie, come
Black Canary, Fenice e Power Girl.
La nuova moda dei supereroi
contagiò persino la Disney, che,
sul finire degli anni sessanta,
tirò fuori dal cilindro i teneri
Superpippo (1966) e Paperinik,
eroi a misura di bambino. |
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