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I
due maggiori poemi epici
della letteratura greca
antica sono l’Iliade e
l’Odissea, entrambi attribuiti
al poeta Omero. La loro stesura si
fa risalire a tempi alquanto
arcaici, tanto da essere investiti
dal Mito stesso. Non avendo
notizie certe di Omero, ad
esempio, alcuni autori storici lo
vogliono figlio della ninfa
Creteide, o discendente di Orfeo
(mitico poeta della Tracia).
Molte sono le biografie scritte su
di esso; sette fanno
parte delle Vite di Omero,
tra le più importanti, quella di
Erodoto, o quella attribuita a
Plutarco. Un ottava biografie,
anonima, è l’Agone di Omero e
Esiodo. Tutte sono poco
autorevoli e molto fantasiose. Ben
sette città greche si contendono
la nascita di Omero: Chio, Smirne
e Colofone, Atene, Argo, Rodi e
Salamina. Dalla analisi del testo
dell’Iliade, risultano molti gli
eolismi (termini eolici), tanto
che, Pindaro individua Smirne
(città sulla costa nord della
moderna Turchia) come città natale
di Omero. Simonide lo ritiene
autore dell’Inno ad
Apollo, il quale definisce se
stesso “uomo cieco che abita nella
rocciosa Chio”, e quindi nato a
Chio. In genere, infatti, si pensa
alle colonie greche ioniche della
costa turca, come le più
probabili. In effetti, la lingua
base dell'Iliade è proprio
il dialetto ionico. Secondo
Erodoto Omero sarebbe nato,
addirittura, verso
la metà del IX secolo a.C. In
sostanza Omero, persona per i
greci concretamente esistita,
era posto anticamente a
cavallo tra Mito e Storia.
Dalla derivazione del nome Omero (o
mè oròn, "colui che non vede",
o da òmeros, "l'ostaggio",
ma anche "il cieco") si ritiene
comunemente che fosse cieco, ma
sappiamo, altresì, che la figura
del cieco era nella antica Grecia
sinonimo di profonda saggezza e
autorevolezza, e di innate doti
profetiche. La scrittura venne
introdotta nel 750 a.C circa, ed
utilizzata dagli aedi, che
giravano per le città greche
narrando episodi epici, per
fissare passaggi dei loro racconti
orali. E’ probabile che si
diffusero numerosi scritti già
dopo pochi decenni legati al Ciclo
Troiano. Molte erano, quindi, le
versioni dell’Iliade, che
differivano a seconda di chi le
narrava. Si suppone che Omero
lavorasse in tale periodo, ed è
probabile che già nel VI secolo
a.C circolassero diversi esemplari
d’origine omerica. In quest’epoca
singole città (Creta, Cipro, Argo
e Marsiglia) possedevano la
propria versione delle opere
(edizioni dette kata poleis),
si suppone molto simili tra loro.
Oltre le edizioni “cittadine”, ne
esistevano di “personali”: gli
aristocratici possedevano la
propria versione, richiesta con
ordinazione. Si narra che
Aristotele (intorno alla fine del
IV sec. a.C.) se ne fece fare una
dell’Iliade e dell’Odissea, per
insegnarle ad Alessandro Magno,
suo discepolo. Per circa
quattro secoli, quindi, le
due opere furono liberamente
modificate con alterazioni,
decurtazioni e interpolazioni,
fino ad arrivare a una specie di
testo base attico. Tra il III e il
II secolo a. C. gli antichi
grammatici alessandrini si
concentrarono su un lavoro attento
di filologia dei testi omerici,
che portò ad una sola versione,
“riveduta e corretta”. Tre furono
gli alessandrini più importanti
che parteciparono alla redazione
definitiva: Zenodoto di Efeso,
Aristofane di Bisanzio e Aristarco
di Samotracia. La loro versione,
tuttavia, corrisponde solo in
minima parte a quella giuntaci
(circa il 10%.). Il testo
alessandrino, essendo opera
comunque creata in un ambiente
culturalmente elitario, non
eliminò le altre versioni che
circolavano contemporaneamente. Il
loro lavoro era fatto,
soprattutto, di commenti separati
e spiegazioni filologiche, ma da
essi derivano le analisi marginali
negli scritti medievali, ricchi di
osservazioni al testo, note,
lezioni, commenti (gli scolii).
Questi vennero raccolti nei primi
secoli cristiani, tra gli altri,
opera dei quattro grammatici
Didimo, Aristonico, Nicanore ed
Erodiano, che, a loro volta,
furono compendiati in epoca
bizantina nel “Commento dei
Quattro”. Intorno al 150 a.C,
comunque, i testi alternativi alla
stesura alessandrina scompaiono,
ciò che ne rimase fa parte della
summa realizzata nella vulgata
medievale (vulgatam,
per il volgo, da
divulgare). Durante il Medioevo in
occidente la lingua greca era
scarsamente conosciuta e l’opera
di Omero era soprattutto
conosciuta grazie alle versioni
latine che ne erano state fatte.
Nel IX secolo d.C, per ordine del
patriarca di Costantinopoli Fozio,
i testi scritti in lingua greca
maiuscola furono traslitterati in
minuscolo. Molte furono le copie
eseguite, ma tutto ciò che non lo
fu andò perduto. Ma è solo dopo il
1453, con la presa di
Costantinopoli da parte dei
turchi, che l’antichità greca
inizia ad essere studiata. Molti
profughi orientali ripararono in
occidente, portando con sé anche
antichi manoscritti e la loro
capacità con la lingua greco
antica. La data storica coincide,
inoltre, con la nascita
dell’Umanesimo e la moda della
cultura classica.
La prima edizione dell'Iliade
tirata a stampa risale al 1488 a
Firenze da Demetrio Calcondila. Ad
essa fanno seguito le ristampe
veneziane di Aldo Manuzio, del
1504, 1517 e 1521. Il più
antico papiro manoscritto giunto a
noi risale al X secolo d. C. ed è
contenuto nella Biblioteca di
Venezia: il Marcianus 454a, giunto
in città grazie a Bessarione, a
capo della Biblioteca, che lo
ottenne dall'oriente attraverso
Giovanni Aurispa. |
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