Tra i
maggiori esponenti della
Scolastica medievale, vi è,
senz’altro, Tommaso d’Aquino
(1225-1274). Ispiratosi alle
teorie aristoteliche, egli
individua una correlazione tra
intelletto ed oggetto, da cui
scaturisce la conoscenza come
concezione di verità. Essa è
universale e indipendente, non
basandosi da imput soggettivi o
contingenti. Essa è assoluta. In
quanto tale essa non può essere
mutabile, come sono le cose
materiali e temporali (il mondo
circostante), ma dipende da una
realtà propria dell’intelletto. Il
mondo sensibile non darebbe
conoscenza, ma è dal nostro
intelletto a cui attingiamo.
Quando la scienza iniziò ad
operare nacque la corrente
filosofica detta realismo.
Sempre riconducibile alla sfera
della scolastica, sono anche li
teorie di Ruggero Bacone
(1214-1274). Rifacendosi anch’esso
alla filosofia di Aristotele,
cercò di recuperare e valorizzare
le teorie legate alla
sperimentazione. Fu chiaramente
critico delle teorie allora
imperanti (che poggiavano sulla
tradizione), pur non
distaccandosene totalmente.
Leonardo da
Vinci
Leonardo (1452–1519) fu una specie
di traghettatore tra vecchie e
nuove teorie. Se da una parte
adottò il pensiero
ipotetico-deduttivo aristotelico,
dall’altra rifiuto il principio di
autorità. Poco rimane degli
scritti di Leonardo andati
perduti, ma quelli giunti sino a
noi, tratteggiano la figura di un
ricercatore e al contempo
inventore. Basti pensare ai
progetti d’ingegneria, le macchine
, gli studi sul corpo umano, oltre
a quelli sulla prospettiva, tipici
del Cinquecento. Due furono i
contributi essenziali:
l’importanza data alla
sperimentazione empirica, come
verifica dei concetti teorici e la
prova matematica come
dimostrazione di garanzia logica.
Egli sosteneva, infatti, che tutti
i fenomeni naturali comportassero
una struttura razionale, quindi,
si manifestavano secondo leggi
matematiche.
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