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  DALLA MAGIA AD HARRY POTTER
 

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Anche la magia è stata, ed è, oggetto di studi, per la sua influenza sociale e psicologica. La diffusione del fenomeno ha implicazioni tali d’ascriverla a settori quali l'antropologia culturale e l'etnologia. Innegabile, infatti, è il suo legame, anche nella società moderna, alla storia della civiltà umana, dai primordi ad oggi.

Dall’Ottocent, alcuni studiosi hanno relazionato la magia con le società primitive, sottolineandone lo stretto rapporto. In effetti, anche Claude Lévi-Strauss, nel testo Antropologia strutturale, ed in particolare nel saggio Lo stregone e la sua magia, evidenzia proprio questo legame. I riti magici, messi in atto dal mago, debbono essere riconoscibili da chi partecipa, e quindi propri della cultura sociale stessa dello spettatore. Il carattere simbolico del rito esplicato, come ogni simbolo, ha, in effetti, efficacia solo se il significato sia conosciuto a tutti. Così come il risultato del rito magico è proprio dell’attesa di riuscita dello stesso che vi partecipa.
Se la magia risulta diametralmente opposta alla scienza, è proprio il contesto sociale su cui essa opera ad occupare un posto rilevante, necessario al suo svolgimento. Vari antropologi inglesi, all’inizio del secolo scorso (nel 1937), hanno studiato il fenomeno sul campo, presso tribù primitive africane, dove i maghi (o sciamani) operavano, non tanto per contrastare negatività naturali, ma proprio sul gruppo sociale, che li ospitava.
Le prime scoperte scientifiche operarono sul rapporto causa-effetto, come legge che si dimostra ad ogni esperimento. Il lavoro pratico, operando sulla materia non ha bisogno dell’intervento soprannaturale. Quando il lavoro materiale ha bisogno della maggia, è con molta probabilità, un aiuto richiesto più dal lato culturale e sociale che scientifico. La teoria-dimostrazione è dell’antropologo polacco Bronisław Malinowski,

Se il rapporto tra la vita e la morte fa parte di ogni civiltà, il ruolo sociologico e, quindi, antropologico, della magia si conferma una volta di più. Secondo l'antropologo Ernesto de Martino, la magia farebbe da ponte tra la perdita di un caro e del dolore ad essa conseguente.. Quindi, nel bene o nel male, le pratiche magiche trovano il loro significato (e la propria funzione) esattamente a livello antropologico.
Questo “utilizzo” della magia come attività sociale, presenta presupposti anche a livello individuale, cioè nel campo psicologico. Questo istinto comune a tutti gli uomini, risalirebbe, secondo Freud, al periodo infantile, quando, cioè, il bambino pensa di poter cambiare qualsiasi situazione reale attraverso la propria volontà.

 
 
 
 
 

 
 
 
 

   
 
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