Questa
attività prosegue fino ai nostri
giorni, continuamente rinnovantesi
ed adeguandosi ai mutamenti del
tempo e del costume. Ciò che rende
splendidi i "personaggi" del
presepe caltagironese, dal più
modesto al più raffinato, è la sua
perfetta aderenza psicologica ed
antropica al mondo ed al tempo che
l’ha creato.
Da ogni
racconto, da ogni resoconto di
antichi e meno antichi viaggiatori
e visitatori, la descrizione dei
luoghi e della gente coincide
con l’ambiente dei presepi,
dal modo di vestire alla
gestualità.
Se il presepe
napoletano è il portato di una
società mercantilistica, lo
spaccato di una città capitale che
realizza nei personaggi e nelle
scene l’ancora presente mito
medievale dell’abbondanza, il
presepe caltagironese è lo
specchio di una società contadina,
di burgisi, cappelli, cappellacci
e piccoli artigiani senza
sfumature di classe, che non
celebra alcun rito o mito se non
quello della natività. La
rappresentazione, pur nella
struttura o nelle tipologie
consacrate, ha la compattezza di
un’antica sacra rappresentazione,
con i suoi moduli più consueti: un
senso tragico, anche
nell’apparente felicità
dell’evento, permea lo scenario
con valenza profetica. Ha meno
libertà e fantasia compositiva
rispetto agli esempi napoletani e
palermitani ma, in sintesi,
realizza incosciamente ancora i
caratteri della tragedia greca.
Essa vive di una
inconciliabile antinomia perché è
nello stesso tempo rassicurante e
piena di speranze.
C’è nei
creatori di pastori una profonda
aderenza ed adesione umana al
mondo che li circonda, pur
mantenendone i caratteri
tradizionali di figure simboliche,
tanto che essi, nei secoli,
rispecchiano i modi di essere e di
sentire del tempo in cui furono
fatti e basta vedere questi esempi
per constatare come la storia ed
il costume li seguano di pari
passo fino ai nostri giorni.
La rappresentazione si svolge
su un canovaccio immutabile dove
però il "pasturaro" ed il
"chiunque" si costruisce il
Presepe, modificano di volta in
volta la rappresentazione,
adeguandola al sentire del proprio
tempo, sicché quelli che possiamo
considerare archetipi, pur
restando tali, si trasformano
continuamente fino ad essere senza
tempo, rappresentando, in piccolo,
quell’essenza del sogno di
atemporalità che è il vero giuoco
supremo della storia.
Questa tradizione, che è ancora
viva nelle cento botteghe
artigiane di questa città, è oggi
in ogni modo stimolata e
gratificata, e rende giustizia a
tutti quegli ignoti artisti e
umili artigiani che per tre secoli
e più si sono cimentati nell’arte
delle figurine, dei pastori e a
tutti quelli che, senza alcun
intento "artistico", oscuramente,
hanno continuato dai loro padri
l’umilissimo mestiere di
"pasturari", riempiendo di piccoli
sogni di creta le bancarelle dei
paesi di Sicilia per la gioia dei
piccoli e dei grandi.
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