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Un percorso di fede attraverso i vecchi mestieri

 
   
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I primi ceramisti "pasturari" di Caltagirone

 

Santari sì, ma anche pasturari

 
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di Mario Sergio Todesco
 

L’istituto culturale del Presepe è uno dei più fertili campi di analisi nell’ambito degli studi di antropologia religiosa e costituisce al contempo, come manufatto o come scena, un pertinente punto di partenza per avviare una riflessione sulle rappresentazioni iconografiche e plastiche della natività del Cristo.

Le fonti evangeliche sulla natività sono, come è noto, Luca e Matteo. Ai due evangelisti vanno aggiunti numerosissimi vangeli apocrifi, che dal II al VI secolo circa dell’era volgare ebbero una straordinaria proliferazione in tutto il Medio Oriente e che tra il ‘500 e il ‘600 arrivarono in copie manoscritte anche in Occidente. Tra questi vangeli apocrifi si possono qui ricordare il Protovangelo di Giacomo, l‘Evangelo Arabo dell ‘infanzia e l‘Evangelo della Natività dello Pseudo - Matteo. Da queste fonti traggono origine le prime rappresentazioni paleocristiane della natività. Risalgono al III secolo alcune scene di natività presenti in cimiteri e catacombe; nel IV secolo su alcuni sarcofagi orientali è presente ancora una resa iconografica arcaica, con la figura di Maria distesa su di un giaciglio e quella di Giuseppe appartato in un angolo. Da tale data si assiste progressivamente ad una sempre più analitica raffigurazione di alcuni personaggi, presenti nelle descrizioni evangeliche, che entreranno a far parte dell’assetto definitivo della natività, ossia i pastori, gli angeli, il bue e l’asino (il più antico documento figurato è un frammento di bassorilievo di sarcofago del 343) ed i Magi. Pare sia stato nel XIII secolo, esattamente la notte di Natale del 1223, che col presepe vivente di Greccio si ebbe la prima rappresentazione presepiale della natività; la nascita di Gesù venne così fissata per sempre, a livello iconografico, come strettamente connessa con l’annuncio dei pastori. Secondo le fonti apocrife, questi ultimi sono i primi a lodare e glorificare Dio per la nascita di Cristo, e fanno questo "seguendo l’esempio degli angeli" che appaiono come presenze celesti sulla grotta. Sarebbe interessante seguire storicamente le trasformazioni della scena presepiale, la quale si costituisce in epoca moderna essenzialmente come spazio sacro., come luogo deputato di un evento salvifico, del quale si vuole in qualche misura rendere partecipi tutti coloro che fruiscono visivamente la mise en scéne. Tra il ‘400 ed il ‘500 si registra la presenza di presepi monumentali, ossia con gruppi statuari di dimensioni naturali, e nei secoli XVII e XVIII si assiste ad una grande fioritura presepistica, soprattutto in Sicilia ed in Campania. Sulla scena del presepe si aggiunge così una miriade di personaggi estranei ai Vangeli, provenienti anche dalla realtà popolare urbana oltre che da quella agro - pastorale e contadina. L’ingresso di personaggi e di situazioni provenienti da ambiti culturali cittadini è probabilmente l’esito del lavorio espresso dai nuovi ceti emergenti che cercano di conquistarsi uno spazio sociale anche sulla scena del presepe

Un esempio di tale vivacità sociale è offerto, per quanto attiene ai presepi tradizionali siciliani, dalla formalizzazione dei ruoli presepiali presenti nelle descrizioni di Giuseppe Pitrè. La conquista di nuovi spazi sociali da parte dei ceti popolari in Sicilia è anche da far risalire alla stretta parentela del presepe, in specie di quello animato, con le rappresentazioni teatrali sacre e profane, fra le quali occorre menzionare espressamente almeno le casazze, i misteri, le dimostranze, le rappresentazioni mute di episodi evangelici e le pastorali sei - settecentesche.

Indubbiamente in tutti questi tipi di rappresentazioni si può scorgere l’uso. consolidatosi nel tempo, di fissare in una serie di tableaux vivents le fasi salienti della storia dell’uomo sulla terra; in più, è presente nella natività ed in tutte le scenografie pastorali lo sforzo di registrare e rendere più consueto, domestico, familiare un evento esemplare che per sua stessa tipologia si colloca al livello del mito, o di un fatto numinoso accaduto in illo tempore che proprio per la sua natura fonda e garantisce la storia successiva. La sacra laude. la sacra rappresentazione, l’immagine devota a quella sorta di machina festiva immobile che è il presepe hanno pertanto, in una più generale ottica antropologica, la funzione di riattualizzare ritualmente un evento mitico rendendolo fruibile all’interno di un tempo sospeso, di una dimensione metastorica entro cui la comunità avverte periodicamente l’esigenza di immergersi.

Il Presepe Vivente di Castanea fa parte integrante della storia che qui sommariamente si è delineata. lI coinvolgimento di circa trecentocinquanta comparse, la restituzione visiva alquanto accurata di un notevole numero di ambienti lavorativi, artigianali e sociali, relativi tanto all’ambito extraurbano che a quello urbano, all’interno di un hortus conclusus indubbiamente configurantesi, al di là della consapevolezza che ne possono avere i suoi fruitori, come spazio sacro, nonché il grande apprezzamento mostrato negli ultimi anni dalle decine di migliaia di persone che hanno visitato in modo partecipe la messa in scena annualmente riproposta dal 25 dicembre al 6 gennaio, depongono a favore di un fenomeno di massa di rilevante interesse etno-antropologico, interesse ancor più motivato dal fatto che per l’allestimento degli ambienti che compongono i quadri viventi proposti vengono impiegati strumenti di lavoro, suppellettili e attrezzi autentici, provenienti dalle famiglie del paese che dal mese di ottobre in poi collaborano comunitariamente alla preparazione ditale singolare palcoscenico multiplo entro il quale, oltre che gli emblemi di una storia sacra, vengono esibiti i manufatti di una memoria storica. Per tutto quanto sopra esposto, si ritiene che il Presepe Vivente di Castanea, coniugando correttamente e senza cadute di stile "folkloristiche" il recupero di una devozione popolare assai consolidata nella nostra Isola quale il culto e la devozione al Bambino Gesù attraverso la ricostruzione presepiale, e l’elemento spettacolare proposto attraverso la ricostruzione di ambienti e di situazioni storicamente e antropologicamente attendibili, possieda i titoli per meritare da parte delle Istituzioni una attenzione maggiore di quella che gli è stata fin qui attribuita.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 

   
 
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