In Italia, all’inizio del XIX secolo, abbiamo Silvio
Pellico con " Francesca da Rimini", Pindemonte (autore di
diverse tragedie, tra cui Arminio, del 1804, in cui si
rileva l'influenza della poesia ossianica)., Vincenzo Monti
(nel 1785 debuttò con grande successo con la tragedia
Aristodemo), e Ugo Foscolo (Saul,
Tieste, Ajace). La grande personalità di
Manzoni (Il conte di Carmagnola, Adelchi) è alla
ricerca di una modernità parallela a quella sociale. Egli
supera le due unità aristoteliche di tempo e luogo, in nome
della verità e della creatività dell’autore.
Ugo Foscolo (Zante,
6 febbraio 1778 – Turnham Green, Londra, 10 settembre 1827) si
pone a cavallo fra Settecento e Ottocento, di cui è il
principale esponente letterario italiano.
In questo momento di passaggio fanno la loro
apparizione in Italia le correnti del Neoclassicismo, del
Preromanticismo e del Romanticismo. Privo di fede religiosa,
in quanto cresciuto alla scuola degli Illuministi, da cui
ereditò il materialismo, Foscolo, come Goethe, avverte la
potenza delle passioni interiori, ma le risolve tendendo
continuamente nella sua vita all'armonia classica. Il suo
legame con la sua isola greca d’origine di Zante (nota anche
come Zacinto),
a cui dedicò uno dei suoi 12 sonetti, è anche legame a
quel mondo di ideali e valori classici da cui proveniva. I
suoi ideali (l'amore per la patria, la libertà, la bellezza
femminile, l'amicizia) li definì "illusioni", concependoli
come vero bisogno dell’animo. Le tre tragedie, Tieste,
Ajace e Ricciarda, opere in cinque atti in versi, che
rispettano la tradizione pseudoaristotelica e si svolgono
nell'arco di una giornata, non ebbero tutte successo di
pubblico. Composta nel 1795 e revisionata da Melchiorre
Cesarotti, il Tieste venne messo in scena per la prima volta
al teatro Sant'Angelo di Venezia il 4 gennaio 1797, con grande
successo. Fu dedicato a Vittorio Alfieri e incluso nel X tomo
del "Teatro moderno applaudito", una pubblicazione
periodica dell’epoca. Stesso successo, invece, non ottenne l’Ajace,
del 1810 - 1811, rappresentata alla
Scala di Milano l'11 dicembre del 1811. Oltre ai fischi
(l’opera oggettivamente è alquanto noiosa, basandosi su lunghi
monologhi), scorgendo delle allusioni a Napoleone, fu
censurata dalla polizia, che ne impedì ogni altra replica. La
Ricciarda, forse la migliore delle tre, scritta nell'arco di
tempo che va dal settembre 1812 ai primi di giugno del 1813,
fu rappresentata a Bologna il 17 settembre del 1813, con
rinnovato successo. Ambientata nel medioevo ed in versi
endecasillabi sciolti, narra della storia d’amore contrastata
tra Guido e Ricciarda, simile al Romeo e Giulietta di
Shakespeare (la guerra tra Guelfo tiranno di Salerno, padre di
Ricciarda, ed il fratellastro Averardo, padre di Guido). Fu
pubblicata nel 1820 a Londra con una dedica a Lord John
Russell.
Silvio Pellico (Saluzzo, 24 giugno 1789
– Torino, 31 gennaio 1854) è noto soprattutto come autore di
Le mie prigioni, opera autobiografica, dove egli tratta
della sua condanna al carcere duro nella fortezza di
Spielberg, a Brno in Moravia. Condannato il 21 febbraio
1821, per la sua appartenenza alla setta segreta di tipo
carbonaro dei presunti "Federati" (dove trovavano sviluppo
idee liberali
rivolte alla costituzione di un’unità nazionale), ne venne
liberato, nel 1830, con grazia imperiale. Molte sono le sue
opere teatrali. Già da giovane redasse tragedie in versi,
classiche per struttura,
come Laodamia ed Eufemio di Messina. Il
18 agosto 1815 a Milano andò in scena la sua tragedia più
importante Francesca da Rimini. Ispirato al celebre
passo dantesco, la storia trova uno svolgimento romantico e
risorgimentale, proprio del periodo lombardo del Pellico.
Successivamente ai fatti che lo portarono allo Spilberg e alla
pubblicazione, una volta liberato, de
Le mie prigioni (che
esercitò notevole influenza sul movimento risorgimentale),
il Pellico scrisse altre tragedie teatrali, come Gismonda
da Mendrisio, Leoniero, Erodiade, Tommaso
Moro e Corradino.
Nipote di
Cesare Bonesana, marchese di Beccaria
(scrisse Dei delitti e delle pene),
Alessandro Manzoni (Milano, 7 marzo 1785 –
Milano, 22 maggio 1873) è per tutti l’autore del romanzo I
promessi sposi.
La sua prima versione (con il titolo Fermo e
Lucia) scritta tra il 1821 e il 1823, fu profondamente
modificata e rieditata nel 1827, per poi essere trascritta in
italiano (inizialmente era in dialetto milanese) ed essere
pubblicata a dispense tra 1840 e il 1842. Molti sanno della
conversione del Manzoni, a causa della quale tra il 1812 e il
1822 concepì i cinque Inni sacri, dedicati a cinque
festività religiose cattoliche. Nello stesso periodo compose
le due tragedie, Il Conte di Carmagnola (1816) e
Adelchi (1822), secondo un ripensamento delle “regole”
teatrali: le unità drammatiche e l'uso del coro. Nella
pubblicazione de Il
Conte di Carmagnola, il Manzoni aggiunse una
prefazione, cosa non usuale per i tempi. Il coro, essendo
scisso dall’azione e dallo svolgimento di essa, era utilizzato
spesso per riportare le riflessioni dell’autore. In linea
teorica il protagonista ne era esente, e quindi puro nella sua
espressione storica. Come aveva fatto notare, però, lo stesso
Foscolo, i protagonista di una tragedia storica pronunciano
parole mai dette e portano a termine azioni mai accadute.
Il Manzoni per tale tragedia si ispirò, probabilmente, al
libro Vite dei famosi capitani d'Italia (1804) di
Francesco Lomonaco, che era stato medico personale. Il
protagonista nell’opera è il capitano di ventura Francesco da
Bussone, fatto conte da Filippo Maria Visconti, duca di
Milano. Passato dalla parte dei Veneziani, aveva combattuto e
vinto il suo antico padrone nella battaglia di Maclodio del
1427. Poiché non aveva ucciso i prigionieri fatti in
battaglia, ma anzi li aveva liberati (come usavano i capitani
di ventura), i veneziani, temendo un tradimento, tragicamente
lo condannarono a morte. Sull'argomento della tragedia Manzoni
si espresse a favore dell’innocenza del conte, ma studi
recenti sembrano confermare la verità storica.
Nella tragedia Adelchi,
del 1822,
Alessandro Manzoni, narra le vicende di Adelchi, figlio di
Desiderio, ultimo re dei Longobardi, che storicamente si
svolsero tra il 772 e il 774, anno della caduta di Verona
sotto il dominio di Carlo Magno e dei Franchi. La tragedia
manzoniana presenta innovazioni quali, ad esempio, il dialogo
tra Adelchi morente e il padre fatto prigioniero. Adelchi
consola il padre ricordandogli che anche loro, prima della
sconfitta ad opera di Carlo Magno, si erano imposti su altra
gente. Entra nella tragedia la visione del Manzoni della
ciclicità storica e il tema della Divina Provvidenza, base del
suo successivo capolavoro dei
Promessi Sposi.
Nella seconda metà dell’Ottocento, col naturalismo ed il verismo,
appaiono sulla scena letteraria, scrittori come Verga (il
teatro realista). Quest’ultimo ha un grande sviluppo in
Russia, con Nikolaj Gogol ( Il revisore, I giocatori ecc.) e
Alexander Ostrovskij e, nella seconda metà, Lev Tolstoj,
Maksim Gor'kij e sopratutto Cechov (con analogie simboliste),
che misero in scena gli strati sociali più bassi e poveri come
denuncia sociale.
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