Egitto
Non moltissime sono le fonti per la determinazione delle
conoscenze matematiche in uso nell’Antico Egitto. Il
ritrovamento più antico è, senz’altro,
il
papiro di Mosca
(2000-1800 a.C. ca.). In esso, come capita spesso in
ritrovamenti del periodo, vi è esposto un ragionamento
matematico sottoforma di racconto ad uso ricreativo.
Esso espone, tra l’altro, un metodo preciso per determinare il
volume di un tronco di piramide: il solido viene suddiviso in
parallelepipedi e prismi; l’individuazione del volume generale è
ottenuta con la somma successiva dei volumi parziali. Il
ritrovamento più importante è, tuttavia,
il papiro di Rhind
(del 1650 a.C. ca). Esso è un vero e proprio Manuale di
Matematica (aritmetica e geometria) ad uso didattico. Il papiro,
che rappresenta la summa del sapere matematico egiziano,
contiene, oltre formule per aree e procedimenti di
moltiplicazione, divisione e operazioni con frazioni a
numeratore unitario, anche di un livello superiore, come: numeri
primi, media aritmetica, media geometrica, media armonica e
numeri perfetti, e anche un metodo per la soluzione di una
equazione lineare del primo ordine. Gli egizi utilizzavano
una tecnica, chiamata ancora oggi frazione egiziana, per
esprimere i numeri razionali come somma di frazioni con
numeratore unitario, oppure della frazione 2/3. Nel campo della
geometria possedevano metodi che permettevano di ottenere
un'approssimazione di
π
con un'imprecisione inferiore all'1%, oltre a conoscere per
primi il concetto di cotangente.
Mesopotamia
L'algebra babilonese, andava oltre la conoscenza dei vicini
egiziani: sapevano, infatti, risolvere le equazioni di secondo
grado (erano dotati delle stesse formule applicate attualmente),
e avevano la padronanza nelle frazioni, nell’algebra e nel
calcolo di terne pitagoriche, erano dotati di tavole di
moltiplicazione, tavole trigonometriche e metodi risolutivi per
equazioni lineari e quadratiche. La buona conoscenza della
cultura mesopotamica è dovuta al ritrovamento (alla metà del XIX
secolo) di oltre 400 tavolette di argilla, scritte con il
carattere cuneiforme, tipico dei babilonesi. In Mesopotamia, in
particolare, si faceva uso di un sistema di numerazione
posizionale (molto simile a quello arabico in uso oggi)
sessagesimale, cioè a base 60, molto favorevole, poiché il
numero 60 possiede numerosi divisori. La numerazione posizionale
dei babilonesi permetteva calcoli più avanzati, di quelli, per
esempio, di Egiziani, Greci e degli stessi Romani. Sembra che
fossero molto vicini all’uso della cifra 0, facilitata, appunto,
dal posizionamento numerico.
India
Nel 1500 a.C., avviene il collasso della Civiltà della valle
dell'Indo: scompare la scrittura nell’Asia meridionale. Sulla
data in cui essa torna ad essere utilizzata (in particolare la
scrittura Brahmi), gli studiosi si dividono. Alcuni la fanno
risalire al 600 a.C., altri al 1000 a.C.. Di certo, molti
ricercatori individuano in questo lasso di tempo un contatto tra
la civiltà occidentale e quella indiana. Due sono le ipotesi: o
il celebre matematico Archimede visitò la lontana regione, o le
due culture entrarono in rapporto tra di loro nel periodo
dell’espansione ad est dell’Impero di Alessandro Magno.
Diversi sono i testi indiani che trattano la disciplina
matematica: La Yajur-Veda (intorno al
900 a.C.), prende in esame per prima il concetto di
infinità numerica; La Yajnavalkya (900-800 a.C. ca) determinò
il valore di
π fino a 2 cifre decimali; Le Sulba Sutras (800-600 a.C.
ca) sono testi di geometria. Questi ultimi testi, in
particolare, utilizzano numeri irrazionali, numeri primi, la
regola del tre e radici cubiche, studiano la quadratura del
cerchio, propongono il metodo per la risoluzione delle
equazioni lineari ed equazioni quadratiche, definiscono
con l’algebra le terne pitagoriche e forniscono enunciato e
dimostrazione numerica del teorema di Pitagora. Se ciò non
bastasse, esprimono un
algoritmo infinito per l’individuazione della radice di 2
(arrivano fino alla determinazione delle prime 5 cifre
decimali).
Pingala (IV secolo a.C.-III secolo a.C.) diede
la definizione di matrice, creò un sistema binario e si applicò
allo studio della sequenza di Fibonacci e il triangolo di
Pascal. Nello stesso periodo altri matematici indiani
svilupparono studi e definizioni su teoria degli insiemi,
logaritmi, equazioni di terzo grado, equazioni di quarto grado,
serie e successioni, permutazioni e combinazioni, estrazione di
radici quadrate, potenze finite e infinite. Redatto tra il
III secolo a.C. ed il III secolo d.C., il Manoscritto
Bakshali contiene,
oltre ad algoritmi per il calcolo di numeri
irrazionali, anche l'uso del numero zero, i numeri negativi, e
soluzioni di equazioni lineari con più di cinque incognite, la
soluzione di equazioni quadratiche, geometriche e sistemi di
equazioni.
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