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Il Cinismo e l’autarchia
Il Cinismo fa parte delle scuole socratiche minori e deriva dalla Sofistica, estremizzandone il pensiero individualistico e utilitaristico. Il pensiero cinico fu prevalentemente etico, in cui la “Virtù” consiste in una vita vissuta totalmente secondo natura, in assoluta indipendenza dal mondo esterno in totale autarchia (dal termine greco autàrkeia, capacità di possedere il totale controllo di sé stesso). In genere la visione filosofica cinica tende al pessimismo, a cui contrappone il distacco sociale.
Il nome deriva dal Cinosarco, l’edificio ateniese dove si riunivano inizialmente i seguaci della corrente filosofica, oppure dalla parola greca κύων ("cane"), appellativo dispregiativo utilizzato dalle altre correnti avversarie nei confronti dei cinici. Il “cane” fu anche il soprannome del massimo esponente della corrente, Diogene di Sinope.
Come pensiero filosofico non ebbe molta fortuna, raggiungendo l’apice in età romana imperiale, quando fu contrapposto alla diffusa e dilagante corruzione, alla ricerca della libertà interiore e all'austerità dei costumi.

 

Lo Scetticismo che dubita se stesso
Lo Scetticismo è una corrente filosofica nata in Grecia e diffusasi dal IV secolo a.C. al II secolo d.C. e divisa in tre fasi: il Pirronismo, lo scetticismo nella Nuova Accademia, e il neoscetticismo.
Il termine “Scetticismo”, che definisce il contenuto della stessa filosofia, deriverebbe dal greco sképsis (ricerca, dubbio) o dal verbo sképtesthai che significa esaminare. Tra l’oggetto fisico, infatti, e l’oggetto pensato vi è il rapporto dei sensi, e, poiché, questi ultimi variano nel tempo e, a volte, errano, lo scettico dubita che al pensiero dell’oggetto corrisponda, al cento per cento, la realtà fisica della cosa che si è pensata.
Il Pirronismo, prima fase dello Scetticismo, nasce con Pirrone di Elide (360-275 a.C.) e si sviluppa con il suo discepolo Timone di Fliunte (ca. 320 a.C. - ca. 230 a.C). Come le altre scuole filosofiche, anche lo Scetticismo si basa sul raggiungimento della perfetta felicità. Questa, come ad esempio il cinismo, appena visto, cerca di relativizzare gli avvenimenti esterni all’uomo, per dargli quella tranquillità d’animo che gli permette un’esistenza imperturbabile e indifferente agli avvenimenti causa di emozioni contingenti. Il “dubbio” che gli scettici inseriscono tra conoscenza e realtà, porta all'atarassia, cioè all'imperturbabilità. Questa gnoseologia di carattere autolimitativo e pragmatico lascia all’uomo saggio solo la aphasia, cioè il silenzio e la non propositività. Da essa scaturirebbe la felicità e la serenità dell'animo.
Sulla base di questa teoria, ogni scuola filosofica non può asserire verità, in quanto il dubbio generalizzato degli scettici nega il raggiungimento d’ogni certezza e, quindi, conoscenza.
La nuova Accademia scettica, estremizza ancora di più la teoria pirroniana. Contro ogni dogmatismo (specialmente quello stoico) essi sostengono la sospensione del giudizio, cioè ogni valutazione o pronunciamento della ragione sulla realtà. A causa di ciò, asseriranno Arcesilao e Carneade, la stessa teoria scettica non può basarsi su nessun principio di certezza, neanche quello del raggiungimento della felicità. Il vero è’ una questione di probabilità, quindi le nostre azioni saranno guidate non dal vero ma soltanto da ciò che è più probabile.
Con il Neoscetticismo di Enesidemo di Cnosso (ca 80 a.C. – ca 10 a.C.) e Agrippa (seconda metà del I secolo d.C.) alla propria affermazione della negazione radicale di ogni verità, che non può essere a sua volta una verità, sostengono che sia una negazione che nega, oltre quello che nega, anche se stessa.
Scrive Sesto Empirico a proposito di queste stravaganti teorie che «si possono annullare da se stesse: circoscrivendo se stesse con le cose di cui si dicono; così le medicine purganti, non solo cacciano dal corpo gli umori, ma anche se stesse espellono con gli umori.»



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