Se in Europa si affermava la filosofia
neoplatonica, la tradizione aristotelica, dovuta ad Alessandro
di Afrodisia (del periodo ellenistico), che ne aveva dato
un’interpretazione personale, continuava a persistere in Medio
Oriente. Naturalmente l’impatto con le dottrine religiose
monoteistiche era alla base dei contenuti di queste filosofie
preudo-greche. In oriente gli influssi maggiori furono da parte
della religione musulmana. Così le traduzioni del filosofo
Aristotele in Medio Oriente si arricchirono di interpretazioni,
aggiunte e sbocchi culturali (anche con lo stesso neoplatonismo)
tali da farne cosa sincretica quasi nuova. Con il tentativo
d’espansione verso l’occidente degli arabi, questo pensiero
giunse di rimando anche dalle nostre parti, come a Granada,
Cordova e Palermo. Tra i maggiori filosofi di stampo
arabo ed ebraico possiamo citare: Al-Kindi, Al-Farabi, Ibn
Bajjah, Avicenna e Averroè dalla parte Coranica e dalla
parte Ebraica Filone di Alessandria, Avicebron e Mosè Maimonide.
Il filosofo Avicenna, già medico (a
lui si devono i trattati Canone della medicina
e del Libro della Guarigione), considerava le sue teorie
filosofiche utili a “far guarire l'anima dall'ignoranza”. A suo
dire l’universo non era stato creato nel tempo, ma in
un’emanazione dell’Uno, tale da originare l’intero sistema
cosmico, suddiviso in vari livelli, fino a giungere
all'aristotelico Intelletto Attivo. Più in basso gli uomini,
possessori soltanto di un intelletto “potenziale”.
Averroè, famoso nell'Europa cristiana
per aver scritto il voluminoso Commentario, crede nella
creazione di Dio dell’Universo, ma in una sfera senza tempo. Per
lui esiste una interdipendenza tra le Sfere Celesti e la Terra,
dove l’uomo non ha neanche l’intelletto potenziale di Avicenna.
Egli, infatti, individua questo intelletto passivo al di sopra
di esso. L’intelligenza è unica e medesima in tutti gli esseri
umani, e non è propria di nessuno di questi. Ogni percezione
umana ha bisogno dell'Intelletto Agente per innalzarsi fino
all'astrazione. La conoscenza è di questo Intelletto, mentre
quello umano origina solo saperi individuali, dissimili tra
loro. Ecco perché l’uomo ha bisogno della Religione e del
pensiero filosofico, ristretto a poche persone. Le verità di
fede e di ragione compongono un’unica verità: quella della
Rivelazione. Ai filosofi spetta il dovere di riflettere sui
dogmi religiosi contenuti nel Corano in forma allegorica.
Dal lato ebraico, un primo tentativo di
conciliare la propria fede con i filosofi greci fu fatto nel I
secolo d. C. da Filone di Alessandria. Con Avicebron, e Mosè
Maimonide il rapporto raggiunge forma più matura. In Malmonide
il rapporto tra fede nella Torah e nel Talmud e
forme filosofiche razionali parte da alcuni concetti base come
l'esistenza di Dio e la sua immortalità. Altri punti fermi sono,
naturalmente, l'origine creazionistica del mondo, la
trascendenza di Dio e il libero arbitrio umano. Anche in lui il
pensiero aristotelico subisce influenze di tipo neoplatonico.
Curiosamente il suo pensiero concorda con quello di Averroè
sulla negazione dell’immortalità dell’anima umana.
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