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Sergio Bertolami
e Rosa Manuli -
EX AQUA -
Il braccio di San Raineri
Pagine 240
Versione brossura
Formato 15,24 x 22,86
Editrice - Experiences Srl
 

Costo Brossura:
Euro 16,00

  3/4  
  LA FILOSOFIA IN ITALIANO
 
 
 

 

 

Il nome per intero di Pico della Mirandola era Giovanni Pico dei conti della Mirandola e della Concordia, il che fa presupporre che fosse nobile. Egli era, infatti, il figlio più giovane di Francesco I, Signore di Mirandola e Conte della Concordia. Anche la madre era di origini nobili: Giulia, figlia di Feltrino Boiardo, Conte di Scandiano. La famiglia abitava nel castello di Mirandola e nel 1414 ricevette dall'imperatore Sigismondo il Feudo di Concordia. Pur essendo di piccole dimensioni, il feudo di Mirandola fu indipendente già a partire dal XIV secolo. La famiglia dei Pico quindi, governava più come  dei sovrani che come nobili vassalli. D’altra parte aveva parentele importanti quali: gli Sforza, i Gonzaga e gli Este. Essendo una famiglia abbastanza numerosa, si legò a nuove casate d’alto rango, sposandosi con gli eredi al trono di Corsica, Ferrara, Bologna e Forlì.

Il giovane Giovanni non aveva quindi di che temere. Portò avanti gli studi a Bologna, Pavia, Ferrara, Padova e Firenze, facendo nuove conoscenze e legando amicizie. A Firenze, dove conosceva Lorenzo il Magnifico, fu ammesso alla nuova Accademia Platonica.
Partì per Parigi nel 1484, ospite della Sorbona, a quei tempi centro di studi teologici, Qui conobbe personalità come Lefèvre d'Étaples, Robert Gaugin e Georges Hermonyme, assai famose a quel tempo, relazioni che lo portarono ad essere conosciuto come studioso in tutta Europa.
Due anni più tardi (1486) si recò a Roma, dove iniziò a comporre 900 tesi in funzione di un congresso filosofico internazionale, purtroppo mai realizzato (per esso scrisse il De hominis dignitate). Come filosofo e libero pensatore fu oggetto di alcune accuse di eresia, a cui si sottrasse fuggendo in Francia. Qui, però, fu arrestato da Filippo II presso Grenoble e condotto nel carcere di  Vincennes, ma subito scarcerato, ricevendo, anche, l'assoluzione di papa Alessandro VI.
Forte di questo e delle parentele importanti, si stabilì a Firenze, dove frequentò l'Accademia di Ficino. Mentre la città veniva occupata dall’esercito francese di Carlo VIII, Pico della Mirandola morì improvvisamente nel 1494, tra l’altro in circostanze mai chiarite.

La filosofia universale
Pico della Mirandola filosofo si riallaccia alla filosofia neoplatonica di Marsilio Ficino. Ma mentre il pensiero di quello sfocia nella polemica anti-aristotelica, Pico se ne chiama fuori prendendo una posizione assolutamente personale. Egli non aderisce a nessuna contrapposizione filosofica, perché aspira ad una filosofia universale (proposito chiaramente esposto, ad esempio, nel De ente et uno). Era proprio questo il tema del convegno internazionale che cercò di organizzare a Roma. Egli vuole creare una sintesi di tutto il pensiero nella storia: Platone, Aristotele, i neoplatonici, gli gnostici. Non solo. In questo calderone egli inserisce la Rivelazione e il pensiero cristiano, quello islamico ed ebraico, ma anche la tradizione misterica di Ermete Trismegisto e la stessa cabala. Insomma proprio tutto. Il suo si può definire ecumenismo filosofico, oltre che religioso. Egli vuole una conciliazione e una pace filosofica, che si basi sul concetto di verità, a cui hanno fatto riferimento tutte le civiltà, più o meno che sia.

Il suo intento è lodevole, ma cade nel vuoto, perché quasi impossibile., almeno in quel periodo. Dolorosamente più realista, Pico si avvicinerà nel pensiero alla predicazione riformatrice di Girolamo Savonarola. L’aspirazione filosofica muta in un’aspirazione religiosa dalla forti tinte  morali, assolutamente propria di quel particolare momento storico. Il Pico ecumenista, nell’ultimo periodo della sua vita, finisce per sposare una visione più buia ed esistenziale della vita.

   
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