Secondo Pico della Mirandola poiché
Dio non ha dato definitezza all’uomo (cosa che ha fornito agli
animali e agli angeli), egli risulta, perciò, indeterminato, per
cui è l'uomo a «forgiare il proprio destino» secondo la propria
scelta e volontà. Non essendo né animale né angelo, l’uomo può
essere o l’uno o l’altro, oppure nessuno dei due, prendendo una
posizione mediana. Ma mentre lo scienziato e filosofo Blaise
Pascal nel XVII secolo (che riprese in parte i temi dl Pico
della Mirandola) vedeva la posizione tra “angelo e bestia” come
mediocre, Il Pico vedeva in questa, la forza della libertà
insita nell’uomo (il libero arbitrio). Egli può scegliere quale
seme far crescere dentro se stesso, cosa impossibile, peraltro,
agli stessi angeli.
La cabala Apparentemente in contraddizione
con il Pico della Mirandola filosofo religioso, egli dà molta
importanza alla cabala ebraica, ritenendola una fonte di
sapienza da cui muovere alla scoperta del mondo divino. Il
mistero del mondo non si rivela a noi e Dio ci appare oscuro,
irraggiungibile dalla ragione. Eppure con la magia della cabala
si può tentare di raggiungere la luminosa essenza di Dio. La
realtà assoluta che è oltre il visibile, in una sfera invisibile
e metafisica, attraverso i simboli e le metafore dei Maghi può
essere conosciuta. Alla base della cabala vi è, infatti, la sua
struttura matematica, che è il fulcro simbolico-metaforico della
natura stessa.
L’astrologia Verso la fine della sua vita
Pico della Mirandola si dedicò alla stesura del suo trattato
Disputationis adversus astrologiam divinatricem. In
esso egli critica fortemente le credenze e le pratiche
astrologiche. Sostenendo la piena libertà dell’uomo, come
abbiamo visto, la presunzione dell’astrologia di predirne il
futuro, appariva ai suoi occhi come negatrice di quella libertà.
Oltretutto questo rifarsi agli astri, che influirebbero sulle
sorti umane, cozzerebbe contro il potere della Provvidenza
divina. Ma se il filosofo attacca lo studio astrale
dell’astrologia («astrologia giudiziale o divinatrice»), non
così è per lo studio dell’astronomia («astrologia matematica o
speculativa»), vista come conoscenza del mondo reale, opera
armonica della creazione divina.
Il testo non fu concluso per la sua morte prematura.
Venne pubblicato postumo nel 1494, con il commento di
Giovanni Manardo. Ad esso fecero riferimento alcuni studiosi,
tra i quali Girolamo Savonarola nel suo Trattato contra li
astrologi.
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