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Sergio Bertolami
e Rosa Manuli -
EX AQUA -
Il braccio di San Raineri
Pagine 240
Versione brossura
Formato 15,24 x 22,86
Editrice - Experiences Srl
 

Costo Brossura:
Euro 16,00

  4/4  
  LA FILOSOFIA IN ITALIANO
 
 
 

 

 

L'anima, secondo Aristotele, è l'atto (entelechia) primo di un corpo che ha la vita in potenza. Essa si divide in tre parti: vegetativa (dei vegetali, animali e dell’uomo), sensitiva (degli animali e dell’uomo) e intellettiva (propria solo dell’uomo). Secondo la teoria aristotelica, esisterebbero due ulteriori parti dell’intelletto (concepito, appunto, come anima) l’intelletto potenziale  e l’intelletto attivo o agente. Il primo è la capacità umana di intendere; il secondo contiene in atto tutti gli intelligibili, cioè, tutte le verità proprie dei corpi. E’ l'intelletto attivo che mette in atto le verità, che nell'intelletto potenziale sono esclusivamente virtuali.
L'intelletto attivo è: separato, non composto, impassibile, per sua essenza atto…separato, esso è solo quel che è realmente, e questo solo è immortale ed eterno.

Agli inizi del Cinquecento a Padova vi erano due interpretazioni della teoria aristotelica, l’averroistica (da Averroè e maggiormente platonica) e l’alessandrina (da Alessandro di Afrodisia). La prima credeva nell’unicità e la trascendenza di ambedue gli intelletti, in quanto l’intelletto potenziale è proprio di tutti gli uomini e non dei singoli; la seconda li manteneva separati, anche nel destino, facendo coincidere, però, l’intelletto attivo con Dio.
Tommaso d'Aquino, nel medioevo, credeva che nell’uomo esistesse un'unica anima per sua natura immortale (simpliciter), che, però, riguardo ad alcuni aspetti, essenzialmente materiali, era mortale (secundum quid).
Fu una discussione con il domenicano Girolamo Raguseo, a spingere Pomponazzi a spingerlo ad affrontare la questione, dopo che l’amico, rilevando contraddizioni nella teoria di Tommaso d'Aquino, gli aveva chiesto di trovare una soluzione sul piano razionale. La duplicità dell’uomo, mortale ed immortale allo stesso tempo, e in bilico tra aspetti materiali e sensoriali e aspetti intellettivi e virtuosi, dava agli uomini una reale opzione di scelta.
“Altri, sommersi nei sensi, sembrano bestie. Altri ancora, uomini nel vero senso della parola, vivono mediamente secondo la virtù, senza concedersi completamente né all'intelletto e né ai piaceri del corpo”.
Pomponazzi sostanzialmente capovolge la teoria di Tommaso d’Aquino. Il secundum quid non sono gli aspetti materiali dell’anima, ma quelli immateriali. Egli crede che la parte  principale dell'anima umana sia inseparabilmente legata al corpo, da cui ne segue l’identico destino di morte. Ma Pomponazzi si spinge oltre, affermando che solo la fede può sostenere le ragioni dell’immortalità dell’anima.

Man mano che la sua teoria si sviluppa secondo legami rigidamente razionali e deterministici, il suo pensiero si distacca dalle posizioni degli altri filosofi suoi contemporanei. Per via di logica, se la natura è legata a leggi ferree e indipendenti dall’uomo, quest’ultimo non può godere del libero arbitrio.
Proprio queste immutabili leggi del creato, lo portano a sostenere anche la quasi impossibilità dei miracoli. Egli sostiene: : "se Dio ha creato l'universo ponendo su di esso leggi fisiche precise, sarebbe paradossale che egli stesso agisse contro queste leggi utilizzando eventi sovrannaturali come i miracoli".
Procedendo oltre egli arriva ad una concezione dell'universo deterministica, quando afferma che è possibile che fenomeni oscuri o stupefacenti abbiano cause del tutto naturali, come l’influsso dei corpi celesti. Questi creerebbero fenomeni straordinari secondo forze ancora del tutto sconosciute, e per questo ritenute misteriose.

I due filosofi italiani Bernardino Telesio e Pietro Pomponazzi, proprio in virtù di queste concezioni “laiche” e deterministiche, creano quel substrato su cui poggeranno le teorie di Giordano Bruno e Tommaso Campanella, e forse la stessa realtà sperimentale da applicare sulla natura dei primordi scientifici dei primi del Seicento.
L’incredibile Pomponazzi, comunque, scrive: “Chi dice che polemizzo per il gusto di contrastare, mente. In filosofia, chi vuol trovare la verità, dev'essere eretico".

   
   
   
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