Inizia per Giordano Bruno un periodo di peregrinazioni molto
intenso. Innanzi tutto abbandona l’abito monacale. Giunto
nell'aprile 1576 a Genova,
vi risiede per quattro o cinque mesi, insegnando,
nel frattempo, a Noli grammatica ai bambini e cosmografia agli
adulti. L’anno successivo è a Savona e poi a Torino, dove, però,
non trova lavoro. Da qui,
discende il Po fino a Venezia. Nella città lagunare, più per
fame che per cultura, pubblica il suo primo testo De'
segni de' tempi (andato perduto). Ma neanche a
Venezia ha fortuna: poco dopo scoppia una terribile pestilenza,
che farà decine di migliaia di vittime (vi muore, tra gli altri,
anche Tiziano). Bruno ripara a Padova, poi a Brescia, dove
riveste l’abito dei domenicani, e quindi a Bergamo. Nell'estate
del 1578, passando per Milano e Torino, giunge in Francia, a
Chambéry.
Passato l’inverno nel locale convento
domenicano, giunge, l’anno successivo, in Svizzera, a Ginevra.
Nella cittadina ha modo di conoscere la colonia d’italiani, che
qui sono divenuti calvinisti. Bruno abbandona il saio e ben
presto diventa anche lui calvinista. Trova lavoro come
correttore di bozze per l’interessamento del marchese Gian
Galeazzo Caracciolo, che vi
aveva fondato la comunità evangelica italiana, nel 1552.
Poco dopo, a maggio, s'iscrive all'Università come «Filippo
Bruno nolano, professore di teologia sacra», nel tentativo di
avere una cattedra d’insegnamento. Non l’avrà: in agosto, per
mettersi in luce, accusa il professore di filosofia Antoine de
la Faye d’essere un pessimo insegnante, definendo, inoltre,
«pedagoghi» tutti i pastori calvinisti. In effetti Bruno non ha
scelto il calvinismo come propria fede, in realtà, come ha
sempre dimostrato, egli tiene soprattutto alle sue convinzioni
filosofiche e alla sua libertà di esprimerle. Tant’è che anche a
Ginevra viene scomunicato e processato per diffamazione,
fino ad essere costretto a ritrattare, il 27 agosto. Lasciata
Ginevra, si diresse a Lione e poi a Tolosa, sede di una celebre
Università.
A Tolosa, città di fede cristiana, occupò il
posto di lettore per quasi due anni. Tenne lezioni sul De
anima di Aristotele. Compose inoltre un trattato di arte
della memoria (Clavis magna), andato
perduto, ispirato all'Ars magna di Raimondo Lullo.
Ben presto scoppiò una guerra di religione fra cattolici e
ugonotti, nel 1581. Abbandonando tutto, Giordano Bruno fu
costretto a cambiare città: si diresse a Parigi. Stavolta le sue
idee suscitarono un grande interesse, tanto che fu chiamato a
colloquio dal re Enrico III. I due si legarono d’amicizia: Bruno
gli dedicò un trattato (De umbris idearum),
ed il sovrano rispose nominandolo lettore straordinario
all’università parigina. Anche altri furono i testi pubblicati a
Parigi: il Cantus Circaeus, composta da due dialoghi: uno
filosofico e l’altro sulle tecniche dell'arte della memoria; nel
1582 Bruno pubblicò una commedia in cinque atti, il Candelaio.
Nell'aprile 1583,
insieme all’ambasciatore francese , si recò a Londra. Ad Oxford
ebbe occasione di intavolare un dibattito pubblico
nella chiesa di St Mary. Dopo questo chiese di poter
svolgere delle lezioni all’interno della prestigiosa università.
La richiesta fu accolta: nell'estate del 1583 Giordano Bruno
sviluppò delle lezioni sulle teorie copernicane. Sembra strano,
ma queste “innovazioni” non riscossero molto successo, persino
ad Oxford, Copernico non era molto gradito. Ne è testimone
l'arcivescovo di Canterbury Georg Abbot, che nel 1604, scrisse
quanto le nuove teorie astronomiche fossero invise a lui e ai
presenti le lezioni di Bruno. Con l’accusa di plagio del De
vita coelitus comparanda di Marsilio Ficino, le lezioni
furono interrotte. Tornato a Londra, nel 1584,
il filosofo italiano ebbe l’occasione di pubblicare diversi
testi: La cena de le ceneri, il De la causa, principio
et uno, il De l'infinito, universo e mondi e lo
Spaccio de la bestia trionfante, mentre, nel 1585, editò il
De gli eroici furori e la Cabala del cavallo pegaseo.
Nell'ottobre del 1585 Giordano Bruno tornò a Parigi.
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