Inizia col 1593 un periodo buio della sua
vita. Tra i documenti estorti a Bologna vi è
il suo De sensu rerum e un testo di geomanzia, che a sua
insaputa viene portato ad analizzare a Roma. Intanto egli si
reca a Padova al convento di Sant'Agostino. Non ha fortuna.
Scoppia uno scandalo terribile: , il Padre generale del convento
nottetempo subisce violenza da parte di alcuni frati.
Incredibilmente anch’egli è indagato, ma viene poi assolto,
risultando innocente.
Campanella rimane, però, a Padova,
dove ha l’opportunità di conoscere Galileo Galilei e il filosofo
veneziano Andrea Chiocco. Ma alla fine del 1593 o all'inizio del
1594, viene nuovamente arrestato dal Santo Uffizio. Le accuse
sono moltissime, molte fantasiose, come l’aver scritto
l’opuscolo De tribus impostoribus (Mosè, Gesù e
Maometto), in cui vengono criticate, addirittura, le tre
religioni monoteistiche. L’Inquisizione non ha, comunque,
problemi: una volta arrestato l’imputato può subire la tortura,
raccogliendo qualsiasi tipo di confessione. Intanto da Roma,
analizzato il suo De sensu rerum, viene richiesto
il trasferimento dell’imputato. L'11 ottobre
1594
Tommaso Campanella è rinchiuso nel carcere dell’Inquisizione di
Roma. A Padova e poi nella capitale, egli scrive in carcere
diversi testi a sua difesa e della stessa filosofia telesiana.
Ciononostante nel 1595 viene nuovamente torturato. Il processo,
in ogni caso, si conclude con la sua abiura nella
chiesa di Santa Maria sopra Minerva. E’ poi rinchiuso e
confinato nel convento domenicano di Santa Sabina, sul colle
Aventino. Qui vi rimase fino alla fine del 1596, poi destinato
al convento di Santa Maria sopra Minerva.
Parafrasando il
detto, per Campanella non ci fu tre senza quattro. Un
concittadino di Campanella, sotto processo a Napoli per reati
comuni, condannato a morte, forse per ritardare l’esecuzione,
“rivelò” ai giudici i nomi di eretici calabresi, tra cui non
poteva mancare Campanella. Da quì, il 5 marzo
del 1597, Campanella fu nuovamente arrestato e
imprigionato. Il giudizio finale della corte lo vide innocente e
quindi assolto. Ciononostante, fu diffidato dallo scrivere e se
ne chiese il confino. In questo periodo travagliato dai
continui processi, Campanella scrisse moltissimo e portò avanti
le sue speculazioni filosofiche. Oltre ai testi composti per
difendersi, scrisse opere dedicate a potenti, come i regnanti
spagnoli (Discorsi ai prìncipi d'Italia) o a
personalità d’ampio potere, come il cardinale Cinzio
Aldobrandini (la Poetica). Abbiamo notizie
di molti altri testi da lui composti, ma a noi non giunti.
Ai primi mesi del 1598, Campanella si recò a Napoli,
soggiornandovi un poco. Oltre ad insegnare geografia, ultimò l'
Epilogo Magno, già iniziato in carcere e che verrà
accluso nella successiva Philosophia realis, il
Prodromus philosophiae instaurandae, pubblicata solo nel
1617. A luglio dello stesso anno, partì per la Calabria
soffermandosi in diversi Monasteri, fino a giungere al convento
domenicano di Santa Maria di Gesù di Stilo. E qui rimase per
diverso tempo.
Certo la vita condotta fino a quel momento
non si può definire felice. Fatto sta che Campanella, osservando
e riflettendo sulla situazione civile sua contemporanea, piano
piano si convinse che stava per arrivare un nuovo mondo.
Inoltre, da lì a poco, stava per iniziare il nuovo secolo,
foriero di inimmaginabili capovolgimenti. Dal suo punto
d’osservazione registrò: inondazioni del Po e del Tevere,
allagamenti e terremoti in Calabria, l’arrivo di una cometa,
oltre che di profezie e terribili convergenze astrologiche.
Bisognava andare incontro al nuovo secolo. Così, Campanella, che
se le andava a cercare, mise su una congiura per un’insurrezione
contro il governo spagnolo. Il progetto, da lui, formulato
comprendeva: cacciare gli Spagnoli, chiedendo l’aiuto dei Turchi
e la successiva costituzione di una repubblica ideale calabrese,
comunistica e teocratica. All’inizio del 1599, inoltre, cominciò
a predicare l'imminente arrivo di uno straordinario rivolgimento
epocale. Non raccolse molti congiurati. In compenso la
notizia della possibile insurrezione arrivò alle orecchie della
polizia spagnola, che rinforzò i presidi militari. Campanella
scappò dal convento di Stilo, passò per quello di Stignano, poi
nel convento di Santa Maria di Titi, per giungere a casa di un
amico. Progettò di imbarcarsi a Roccella e sfuggire alla
cattura. Non fece in tempo: denunciato, fu arrestato e
incarcerato a Castelvetere. Stava per affrontare il suo quinto
processo.
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