Campanella e altri congiurati vennero
tradotti al carcere napoletano del Castel Nuovo. Il Santo
Uffizio, intanto, chiese alle autorità spagnole che i religiosi
coinvolti (Campanella e altri sette frati domenicani) fossero
portati a Roma. Non ottenendolo, papa Clemente VIII
(antispagnolo con prudenza) fece giungere a Napoli suoi giudici:
il nunzio di Napoli, Jacopo Aldobrandini e don Pedro de Vera, a
cui si aggiunse poi il vescovo di Termoli, il domenicano Alberto
Tragagliolo. L’intento era quello di ritardare la sicura
condanna a morte degli ecclesiastici coinvolti. Il fatto che
era passato sotto la giurisdizione del Sant'Uffizio, non gli
evitò la tortura. Durante questa confessò tutto, anche d’essere
eretico. In quanto recidivo (relapso) era probabile la condanna
capitale. A quel punto Campanella giocò l’ultima carta di
fingersi pazzo, poiché questi non potevano essere messi a morte
dall’Inquisizione. Nel dubbio, i giudici lo sottoposero, il 18
luglio 1600, al supplizio della corda per un'ora intera.
Campanella ebbe la forza di continuare la messa in scena. Ma non
bastò. Il 4 e 5 giugno 1601, il filosofo fu
sottoposto alla terribile tortura "della veglia": si trattava di
36 ore di corda alternata al supplizio del cavalletto, con tre
brevi interruzioni. Qualcosa di inimmaginabile. Ciononostante
Campanella resistette, rimanendo, però, tra la vita e la morte
nei sei mesi successivi.
Campanella passò 27 lunghi anni
nella prigione di Napoli. Durante questo periodo scrisse
tutte le sue opere maggiori, tra le quali: La Monarchia di
Spagna (1600),
Aforismi Politici" (1601), Atheismus triumphatus
(1605-1607), Quod reminiscetur (1606?), "Metaphysica"
(1609-1623), Theologia (1613-1624), e La
città del sole (1602), forse la sua opera più
conosciuta. Dal suo incredibile isolamento, riuscì, persino, ad
intervenire nel processo inquisitorio contro Galileo Galilei,
componendo lo scritto Apologia di Galileo (1616).
Portato a Roma, presso il Sant’Uffizio, grazie
all’intercessione del cardinale Maffeo Barberini presso il re
spagnolo Filippo IV, fu liberato definitivamente nel 1629.
Maffeo Barberini diverrà papa col nome di Urbano VIII e
Campanella ne diverrà consulente sulle questioni astrologiche
per cinque anni. Quando, nel 1634, uno dei suoi seguaci realizzò
una nuova cospirazione in Calabria, ne nacquero per lui nuovi
problemi. Aiutato, stavolta, dal cardinale Barberini e
dall'ambasciatore francese de Noailles, riuscì a mettersi in
salvo in Francia. Iniziò per lui una nuova vita. Presso la corte
di Luigi XIII, aiutato e finanziato dal re e protetto dal
cardinale Richelieu, fu benvoluto da tutti. Risiedeva nel
convento parigino di Saint-Honoré. Ivi scrisse il suo ultimo
saggio Ecloga in portentosam Delphini nativitatem, in
onore del nascituro, prossimo re Luigi XIV
(che sarà denominato il Re Sole). Morì a Parigi nel 1639.
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