Nato in un'agiata famiglia borghese, seppe
crescere raggiungendo notevoli obiettivi, come quello di
divenire deputato nel Parlamento del Regno d’Italia, elettovi
per tre legislature. Il fratello Silvio è ricordato tra i
patrioti che fecero l’Italia. La madre, Maria Anna Croce, fu
prozia del filosofo Benedetto Croce.
Bertrando Spaventa iniziò gli studi presso il Seminario
diocesano di Chieti, venendo ordinato sacerdote. Nel 1838 gli fu
offerta la cattedra di docente di matematica e retorica presso
il seminario di Montecassino, dove si trasferì insieme al
fratello Silvio. Nel 1840 si spostò a Napoli, dove portò avanti
gli studi. A Napoli imparò, anche, sia il tedesco che l'inglese.
Intanto frequentava i circoli liberali della città. Conobbe
pensatori come Ottavio Colecchi e Antonio Tari. Bertrando,
intanto, aprì una scuola privata di filosofia. Il fratello,
invece, fondò il giornale Il Nazionale, a cui
anch’egli collaborava. Con i moti del ’48 e la ripresa del
potere da parte di Ferdinando II (che abrogò la costituzione
data), gli Spaventa furono costretti all’esilio, dapprima
a Firenze, quindi a Torino. L’aria piemontese e gli ideali
liberali che si facevano strada dentro di lui, lo portò a
deporre depose l'abito sacerdotale. Divenne giornalista,
collaborando con numerose testate, quali: "Il Progresso", "Il
Cimento", "Il Piemonte" e "Rivista Contemporanea". Il suo
mutamento fu tale che scrisse una serie di saggi polemici contro
La Civiltà Cattolica, la rivista dei Gesuiti. A Torino
approfondì la conoscenza dell’opera di Hegel, mentre definiva
sempre più il suo pensiero filosofico e politico. Le sue
sempre maggiori conoscenze nel campo filosofico gli fecero
ottenere, nel 1858, la cattedra di Filosofia del Diritto
presso l'Università di Modena, e successivamente, nel 1860,
quella di Storia della Filosofia presso l'Università di
Bologna. Intanto gli sviluppi storici delle guerre
d’indipendenza, la spedizione garibaldina , la caduta del Regno
delle Due Sicilie e la raggiunta unità italiana, gli permisero
di rientrare a Napoli, ottenuta la cattedrali Filosofia
all’Università partenopea (1861).
La critica tradizionale sosteneva come la
filosofia italiana fosse stata sempre contraddistinta da una
fedeltà irriducibile alla linea platonico-cristiana.
Bertrando Spaventa, invece, tentò di dimostrare, in lezioni
divenute celebri (tra il novembre e il dicembre del 1861), che
proprio in Italia fosse nato il pensiero moderno, laico e
idealistico, poi sviluppatosi in Germania. Le sue teorie
filosofiche sostenevano che vi era identità tra il pensiero di
Tommaso Campanella con quello di Cartesio, di Giordano Bruno con
quello di Baruch Spinoza, di Giambattista Vico e Antonio Rosmini
con quello di Immanuel Kant, di Vincenzo Gioberti con quello
degli idealisti tedeschi.
Il rapporto di circolarità individuato da Spaventa tra
pensiero italiano ed europeo, cercava, dando una prospettiva
diversa, di liberare la filosofia italiana dal provincialismo e
dalla sua marginalità. Spaventa non solo fu tra i primi a
studiare i filosofi europei nella loro lingua originale (data la
sua conoscenza delle lingue), ma fu anche tra i massimi
diffusori dell'idealismo hegeliano in Italia. Le sue teorie
lasciarono il segno nel pensiero di Giovanni Gentile e Benedetto
Croce. Tra i suoi allievi possiamo citare: Sebastiano Maturi,
Donato Jaja, Filippo Masci, Felice Tocco, Antonio
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