E’ con la sua firma al Manifesto degli
intellettuali fascisti, del 1925, che le strade tra Giovanni
Gentile e Benedetto croce divaricano totalmente. Croce firmerà,
infatti, il contromanifesto degli
intellettuali antifascisti.. Alla ricerca di una rigenerazione
morale e religiosa, Gentile crede che il fascismo possa
determinarla, e fa la sua scelta. Nello stesso anno Gentile
promuove la fondazione dell'Istituto Nazionale di Cultura
Fascista, di cui ricopre la carica di presidente fino al 1937.
In tutto il ventennio il filosofo è protagonista assoluto della
cultura italiana, in special modo nella sua parte amministrativa
e scolastica. Ricopre numerosissime cariche la cui opera è,
persino, giunta a noi. Fu infatti fondatore e direttore
scientifico, dal 1925 al 1938,
dell'Enciclopedia Italiana dell'Istituto Treccani e suo
vicepresidente dal 1933 al 1938.
Non sempre, però, le scelte del regime
furono approvate da Giovanni Gentile. La firma del Concordato lo
vede dissenziente, soprattutto nell’ottica di una religione di
Stato. Il destino (curioso) lo trova a fianco del suo ex amico,
Benedetto Croce. Nel 1934 il Santo Uffizio mise all’Indice non
solo tutte le opere di Croce, ma anche le sue. A tale proposito
Gentile tenne un discorso a Firenze, il 9 febbraio del 1943, dal
titolo La mia religione, in cui egli si professava
cristiano e cattolico, ma che riteneva giusto uno Stato laico.
Per quanto riguarda le leggi razziali del 1938, Gentile fu
firmatario del Manifesto della razza,
pubblicato sulla stampa, in loro appoggio unitamente a molti
altri intellettuali dell’epoca. Eppure da un carteggio, tenuto
tra Gentile e Benvenuto Donati (dal 1920 ed il 1943),
come opinione personale, non condivideva le leggi
razziali antisemite.
Sempre a guerra inoltrata, tenuta il 24 giugno del 1943,
tenne un discorso al Campidoglio a Roma.
Questo discorso fu denominato Discorso agli italiani.
Pur nel momento difficile, Gentile esorta gli italiani
all’unità nazionale. Poco dopo, a luglio cadrà il fascismo; a
settembre seguì l’armistizio con gli alleati e il famoso 8
settembre. Successivamente la storia vedrà la fondazione della
Repubblica Sociale Italiana (RSI). Durante questo periodo,
Gentile dimora, ritiratosi da tutto, a Troghi[ (in
provincia di Firenze. Scrive la sua ultima opera, che sarà
stampata solo postuma. Si intitola Genesi e struttura della
società. Fu oggetto di dure critiche ed attacchi da
Leonardo Severi, ministro badogliano. Il 17 novembre 1943, su
invito dell’amico Carlo Alberto Biggini, ebbe un incontro con
Mussolini. Scrisse alla figlia Teresa: “Non mi chiese nulla,
non mi fece offerta. Il colloquio fu a quattr'occhi. La nomina
fu poi combinata col ministro amico e portata qui da me da un
Direttore generale. Non accettarla sarebbe stata suprema
vigliaccheria e demolizione di tutta la mia vita” Fu così che
Gentile rientrò nell’ambiente politico, tornando ad essere
ministro, stavolta, della Repubblica Sociale, condividendone
tutte le scelte. In questo breve periodo, fu nominato presidente
dell'Accademia d'Italia, con il compito di riformare l'Accademia
dei Lincei, e direttore della Nuova Antologia.
Ma
il suo destino era dietro l’angolo. Considerato un tutt’uno con
il regime, "apologo della repressione" e di "un regime ostaggio
di un esercito occupante". Giudicato colpevole da alcune
componenti della Resistenza, il 15 aprile 1944 fu oggetto di un
attentato da parte di gruppo partigiano fiorentino aderente ai
GAP (un gruppo di ispirazione comunista). L’attentato venne
disapprovato dal CLN toscano e comportò, comunque, molte
polemiche Il 18 aprile 1944, dopo la funzione funebre,
Gentile fu sepolto nella Basilica di Santa Croce a Firenze.
Dopo la fine della guerra diversi sono stati i convegni di "studi
gentiliani".
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