Se il Settecento si presenta
politicamente simile al secolo precedente ( la frammentazione
dei piccoli stati che continuano a dipendere da quelli europei),
si registra un miglioramento graduale delle condizioni di vita.
Le grandi pestilenze piano piano diminuiscono di intensità: si
può tirare, almeno per il momento, il fiato. All'inizio del
secolo si presenta una forte polemica nei confronti del Barocco
in funzione classicista, che si trasformerà nella seconda metà
nelle istanze illuministe. In tale epoca prevalgono
culturalmente in Italia le piazze di Milano e Napoli ( in
generale si evidenzia nel centro e nel nord della penisola).
Il classicismo che si diffonde in Italia all'inizio del
'700, ha origine nella cultura francese del periodo di Luigi XIV
(non dimenticando le ricerche di Gian Battista Vico). Il Barocco
viene visto come una degenerazione e una decadenza (soprattutto
da Ludovico A. Muratori), che deve essere superato con un
ritorno alle fonti classiche greco-latine. Scrittori e letterati
e persone di cultura di tutta la penisola cercano di impostare
una nuova teoria modernista: il neoclassicismo. Un manipolo di
letterati che frequentano il salotto di Cristina di Svezia a
Roma, come Gian Vincenzo Gravina e Giovanni Mario Crescimbeni,
danno vita all' Accademia dell'Arcadia, facendo del gruppo il
centro da cui si irradierà in tutta l'Italia la nuova cultura
neoclassicista. Con Baretti e Gravina, come in Francia, inizia
un dibattito su antichi e moderni. L'opera che, nel quadro
dell'Arcadia, acquista maggiore validità è quella di Pietro
Metastasio, il quale, sulla falsariga di Apostolo Zeno,
componendo nell'ambito di questa tendenza neoclassicista, si
impose a livello europeo divenendone l'artista forse più famoso.
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