Il bisogno di ritrovare un linguaggio
semplice e spontaneo, che contraddisse gli eccessi
baroccheggianti, portò gli intellettuali romani a "riscoprire"
l'Arcadia, regione della Grecia anticamente popolata di soli
pastori. Si narra che fu Agostino Maria Taja, in una riunione
del 1690 a Roma, che, essendosi letti dei sonetti d'argomento
pastorale, abbia esclamato: «Egli sembra che noi oggi abbiamo
rinnovato l'Arcadia!». Fu subito chiara la portata del
riferimento, che, per sua natura, poteva essere la fonte di
quella semplicità, tanto cercata, da opporre al al "cattivo
gusto" di tutte le ampollosità fine a se stesse del Barocco.
Subito fu fondata l'Accademia dell'Arcadia (fu la prima
accademia a carattere nazionale italiana). Come in un gioco, fu
creato un mondo ideale con tanto di personaggi e denominazioni,
norme e riti, (ad esempio il "bosco Parrasio" era il luogo di
riunione o il "custode" era il presidente della nuova
Accademia). Molte furono le sedi accademiche, chiamate
"colonie", fondate nella penisola (la "colonia" a Milano fu
fondata nel 1704). Non essendo subito chiari i riferimenti
letterari dell'Accademia, questa finì per dividersi in due
tendenze. La prima, quella del "legislatore", Gravina, che
scelse come modelli i greci antichi e l'Alighieri. La seconda,
propugnata da Crescimbeni, che preferiva ispirarsi al Petrarca
del XVI secolo e all'anacreontismo di Chiabrera, base per la
ricerca della leggiadria e dell'eleganza, il canto
melodrammatico e l'indiscutibilità chiara e ragionevole. Come
spesso capita, non si riuscì a superare le dispute, mediando tra
le differenze, tanto che si ebbe un vero e proprio scisma nel
1711 con la fondazione di una seconda "Arcadia", da parte del
gruppo graviniano, il quale portò successivamente alla creazione
dell'Accademia dei Quirini. A livello nazionale a prevalere
fu il programma di Crescimbeni, che essendo più superficiale e
limitato, ottenne maggiori adesioni e consensi, nella
limitatezza e mediocrità della società di allora. Le gerarchie
ecclesiastiche, impegnate contro le teorie filosofiche
laicistiche e razionaliste, sostennero più gradevolmente la
produzione letteraria dell'Arcadia per farne scudo nel
confronto. L'Arcadia prevalente, in un petrarchismo alleggerito
e illegiadrito, divenne il "buon gusto" del periodo storico.
La produzione letteraria dell'Accademia è ben raccolta nei 13
volumi delle Rime degli Arcadi pubblicate dal 1716 al 1780.
Se in campo teatrale nella prima metà del secolo si vide la
supremazia di Moliere ed i francesi, a livello melodrammatico a
prevalere furono i librettisti italiani. Tra questi: Paolo Rolli
, Apostolo Zeno e, soprattutto, Pietro Metastasio. Lorenzo Da
Ponte fu spesso preferito come librettista da Mozart stesso.
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