A partire dal XVIII secolo, fra i
diritti naturali e la “pubblica felicità” si arriva a trattare
il concetto di eguaglianza, alla base dell’illuminismo e della
Rivoluzione francese. Sono quelli che chiamiamo oggi i diritti
civili su cui si fonda la nostra società: eguaglianza, libertà e
tolleranza. L’uguaglianza degli uomini si fonda sul concetto
che gli individui nascono secondo ragione uguali per natura. E’
tra i concetti più importanti di questo secolo. A partire da
questa enunciazione, vi sono i progressi verso la legislazione,
tutti uguali di fronte la legge, e l’eliminazione dei privilegi
della nobiltà, soprattutto a scapito della borghesia, come nuova
classe sociale. Tuttavia questo concetto d’uguaglianza non è
applicato ancora a livello democratico, né a livello economico.
Rimangono le divisioni tra classi sociali, accettate e
giustificate (vedi Voltaire) ancora da una presunta divisione
naturale della società, che sfocia nelle differenze di funzioni,
potere e denaro. Ma da questa ancora limitata ottica
sull’uguaglianza, scaturiranno, verso la fine del secolo, la
filosofia di Rousseau e le famose “dichiarazioni dei diritti
dell’uomo” della rivoluzione americana e francese, indubbiamente
hanno origine dalla questione trattata dagli illuministi. Anzi,
possiamo affermare che tutto ciò che è scaturito dalle due
“Dichiarazioni” deriva proprio da questi primi incerti passi.
Anche il concetto di libertà nasce in questo secolo. Uno dei
cavalli di battaglia del pensiero di Voltaire, definisce, almeno
inizialmente, la libertà dall’oppressione del potere o di poteri
assolutistici. E’ la libertà dalla Corona e dalla Chiesa
Cattolica, in un certo modo ispirata al modello inglese.
Sostanzialmente essa finisce per stabilire l’iniziale libertà di
pensiero, parola e stampa. Ciononostante, se si esclude la
filosofia di Rousseau, che definirà il concetto di
partecipazione e sovranità inteso come democrazia, d’essere,
cioè, soggetti e non solo oggetti del potere, i principi
della nostra rivoluzione di pensiero tenderanno alla libertà di
parola o espressione in senso generale del termine. Come
terzo elemento tra eguaglianza e libertà, necessario alla
pratica dei primi due, è senz’altro la tolleranza. L’opposto è
l’intolleranza, concepita come fanatismo, cioè dogmatismo e
assolutismo imposti come unica verità agli “altri”, molto
spesso, con la violenza. E’ chiaro che la tolleranza, inquadrata
all’interno di poche regole sociali, permette la libertà del
proprio pensiero “diverso” all’interno di una varietà resa
possibile. Ecco quindi, che la libertà filosofica, religiosa,
politica, morale, e via dicendo, sono possibili nella
coesistenza delle diversità del pensiero individuale. La
tolleranza, partita dal pensiero di Locke, viene generalizzata
nel pensiero illuminista e di Voltaire in particolare.
Eguaglianza, libertà e tolleranza, abbiamo detto, sono concetti
nuovi, che possono essere salvaguardati solo da uno Stato che
garantisca tali concetti. Esso non può scegliere una religione
in particolare (così diventa laico), né una filosofia a
discapito di un’altra. Può fare ciò se si generalizza, svolgendo
non il governo degli uomini, ma il governo delle leggi, che
permettono l’impersonalità del governo, salvaguardando gli
uomini dal dominio di qualcuno su qualcun altro. Sempre
generata dal pensiero di Locke, si diffonde una nuova libertà:
quella di proprietà. Il diritto di proprietà verrà ripreso dal
pensiero di Helvetius, Montesquieu, Voltaire, ed altri, sino ad
apparire nei testi dei fisiocratici ed economisti in generale.
Ma proprio perché centrale in una possibile definizione di Stato
o società, troverà anche chi, come in Rousseau, negherà la
necessità della proprietà privata.
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