Così come alla tesi si contrappone l'antitesi, al
concetto positivista di "rivoluzione scientifica" si contrappone
la teoria del "continuismo". P. Duhem sostenne che i principali
concetti della fisica del Seicento erano in realtà presenti in
pensatori del XIV secolo, e che, quindi la scienza si sia
evoluta senza "rivoluzioni" ma con un processo graduale e
continuo. E' chiaro valore ideologico delle affermazioni di P.
Duhem: la sua scienza era nata nel Medioevo per opera di uomini
di chiesa e quindi le teorie positiviste sbagliavano cercando
una rottura con la cultura medievale e con la religione. Autori
del Novecento hanno contrapposto al suo continuismo
l'affermazione che la rivoluzione ci fu, non per la
sperimentazione né per l'applicazione della matematica, ma per
un nuovo atteggiamento intellettuale, ossia per il crollo
dell'aristotelismo dovuto ad una variazione filosofica,
metafisica, prima an cora che scientifica.
Si devono
importantissimi studi sul tema a A. Koyré. Egli sostiene che due
sono i momenti che marcano una profonda discontinuità della
scienza nel processo storico: la sostituzione dello spazio
concreto con lo spazio astratto della geometria euclidea e il
passaggio da un universo ordinato a un cosmo infinito. A. Koyré
non manca di sottolineare che, al di là delle teorie astratte,
furono invenzioni tecnologiche che crearono una frattura: quella
del cannocchiale (che ha unificato cielo e terra) e quella
dell'orologio di precisione (che ha ottenuto il passaggio dal
tempo qualitativo al tempo quantitativo degli scienziati).
Ciononostante egli sostiene che la stessa invenzione dei due
oggetti non è casuale, ma dovuta alle necessità di strumenti di
misura degli scienziati, che come conseguenza portarono alla
successiva affermazione della nuova visione scientifica. Il
dibattito sulla continuità o discontinuità dell'evoluzione
scientifica è venuto allargandosi e determinandosi.
Negli ultimi scritti si è venuta proponendo una visione
più "conciliante" (o realistica), dove i due estremi tendono a
fondersi in un concetto di evoluzione storica, dove può
verificarsi una rivoluzione causata da un lungo periodo di
incubazione. In un testo di grande successo A.R. Hall (La
rivoluzione scientifica 1500-1800, 1962, ed. it. 1976) ha
sostenuto che, a partire dal secolo XVI, iniziò un processo che
ha richiesto un lungo periodo di tempo e che è giunto a
compimento solo alla fine del Settecento. Questo processo ha
permesso lo sviluppo, da un certo momento in poi, in modo
cumulativo e definitivo. Tuttavia alla teoria di A.R.
Hall, lo storico statunitense I.B. Cohen propone di chiedersi
cosa e perchè gli uomini di quell'epoca, o immediatamente
posteriori, ritenevano assolutamente rivoluzionario.
Nell'evoluzione storica della scienza l'evento più importante è
la pubblicazione dei Principia di Newton. In esso è presente per
la prima volta il complesso rapporto tra teorizzazione,
matematizzazione ed esperienza. Questo "stile newtoniano", come
egli lo definisce, è assolutamente determinante per la scienza
successiva. Cohen sostiene, tuttavia, che non vi sia stata una
cesura storica, al di là dell'importanza fondamentale del testo
newtoniano, ma che esso si inquadri con lo sviluppo passato in
una lenta ma progressiva «trasformazione delle idee».
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