Hume inizia analizzando il principio di causalità.
Ogni volta che si assiste a due eventi in successione tra loro,
si è portati a pensare che il primo sia causa del secondo
(l'effetto). Hume contesta questo punto di vista, domandandosi:
“con quale procedimento e su quali basi si può desumere B, dato
l'evento A?” “Cosa ci fa prevedere il moto di B conoscendo
soltanto quello di A?” Sostiene che aprioristicamente non
possiamo mettere le due cose in rapporto diretto, in quanto fra
due eventi è impossibile ricavare una qualsiasi relazione
necessaria. Né è possibile affermarlo a posteriori, attraverso
un ragionamento empiristico, in quanto il rapporto fra A e B è
di consequenzialità e non di produzione. Sostanzialmente con
Hume la ragione scopre di non poter dimostrare conseguente la
connessione delle cose, ma di poterla soltanto affermare per
mezzo dell'immaginazione. L'usualità del pensare che ad un
evento A (causa) succeda un evento B (effetto), non ci dà la
sicurezza totale della cosa, in quanto ci vorrebbe un
principio di uniformità della natura a cui si demandi di
assicurare in eterno le leggi della natura, cosa che per Hume
non è né intuibile né verificabile.
▀ Generalmente si
pensa che eventi passati possano essere esperienza per eventi
futuri. Così pensiamo che gli eventi del passato prevedano
altrettanto bene anche quelli futuri. “Ma come possiamo motivare
questa ipotesi? Come possiamo essere certi che questa
credenza si dimostri certa?” Ad esempio certe leggi fisiche
dell'Universo, non sono applicabili in altre zone dello stesso
Universo; oppure, una legge del passato, si pensa, può ancora
avere funzione nel presente, ma per dimostrare ciò bisogna che
questa giustificazione ricorra a sé stessa per essere
dimostrata. Sembra strano, ma Il problema è ancora aperto
oggigiorno. Se certe idee sono radicate nell'istinto umano,
difficile sarebbe estirparle. Questo abito mentale è però
d'obbligo affinchè le scienze (specialmente la fisica)
continuino a progredire.
▀ La sostanza, per Hume,
non è che una "collezione di qualità particolari", e
cioè un complesso di stimoli e di sensazioni materiali, che, a
loro volta, creano idee su ciò che percepiamo, dandoci
l'impressione che esista anche quando noi non lo avvertiamo.
Qual'è quell'elemento che ci fa essere noi stessi? Hume affronta
il problema dell' “io” e lo definisce come amalgama di
sensazioni. Quando riflettiamo troviamo al nostro interno
particolari sensazioni (legate ai ricordi come piacere o dolore,
caldo o freddo). Hume sostiene che se eliminassimo ogni singola
sensazione del nostro io non resterebbe nulla. Conseguentemente
è indimostrabile l'esistenza dell'anima, se lo è lo stesso “io”
in assenza di emozioni.
▀ La ricerca di Hume si basa sui
confini della ragione. Con “la ragione” Hume crea dei confini
alla ragione stessa e su ciò che essa può conoscere. Egli
considera la conoscenza come qualcosa di probabile e non certa,
nonostante l'esperienza pragmatica sia per lo stesso unica fonte
della conoscenza. Lo dimostra il fatto che Hume considera certa
la matematica, in quanto indipendente dalla realtà e frutto
soltanto di processi mentali. Il principio di causalità,
l'esistenza del mondo esterno a noi, l'io e molti altri aspetti
del credere razionale,ovvi e scontati per tutti, vengono
declassati a semplici "abitudini" e "credenze". Nonostante ciò
Hume riconosceva la necessità di queste ultime per la natura
umana, la vita, e i suoi sviluppi.
▀ Il libero arbitrio è
inconsistente con il determinismo, ma allo stesso tempo lo
richiede, ecco un'altro dei paradossi messi in luce dalla
filosafia di Hume. Egli domanda: se le proprie azioni non si
basano sull'esperienza passata, e, quindi, sono scollegate dal
proprio carattere, i desideri, le preferenze, i valori, esse
saranno completamente casuali. Come si potrebbe essere
responsabili delle proprie azioni se non dipendono dal nostro
carattere e sono aleatorie? Definito il paradosso, ecco un altro
aspetto che fissa un limite alla ragione.
▀ Per Hume la
morale è una "questione di fatto, non di scienza astratta",
inconoscibile, quindi, dalla ragione, seguendo essa percorsi
autonomi. Eventi esterni cercherebbero di stabilire
aprioristicamente la morale, cosa sia giusto e cosa no, ma la
bontà di un'azione è (e deve essere) del tutto indipendente da
premi o da condanne. In essa è presente il sentimento della
simpatia, che ci porta ad essere vicini ai nostri simili,
condividendone felicità e infelicità. In un piccolo paragrafo
della sua imponente opera, Hume si domanda perchè certi
scrittori si confondano tra "cosa dovrebbe essere" al
posto di "cosa è". Rilevando una notevole differenza tra
le due cose, e dell'ingannevole derivazione tra loro, Hume
concluse con l'impossibilità di tale risultato. Questa questione
è diventata negli ultimi anni la base della teoria morale
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