Tra il 1749 e il 1755 Hume scrisse la “Storia naturale
delle religioni”. Scopo dello scritto è quello di individuare le
basi della religione nella natura umana. Hume, pur partendo dal
teismo, e cioè dalla presenza di un creatore della realtà
naturale, asserisce che vi siano popoli atei, e che quindi vi
sia un legame naturale tra Dio e uomo. Secondo il filosofo la
genesi della religione è nel timore umano e nella speranza di
salvezza dopo la morte. L'affidamento ad un Dio, assicura che la
Natura, per questo, risulti "favorevole" all'uomo.
Alle origini la religione era politeista, con
la divinizzazione delle varie forze della natura, per lo più
dall’origine sconosciuta. Si trattava di vere e proprie
proiezioni dell'uomo stesso, a parte la loro onnipotenza che ne
faceva dei, ma sempre e soltanto di un ambito definito. Lo
sviluppo delle civiltà porta al monoteismo. L'estrema
instabilità della condizione umana, porta a rifiutare il
politeismo a favore di un solo dio, detentore di una forza
assoluta. Con la creazione monoteista, nascono anche “divinità
intermedie” fra l’uomo e Dio. Hume crede in una tolleranza
pagana e nell'intolleranza delle religioni monoteiste. Anzi,
egli ritiene che l'uomo venga mortificato (al contrario delle
credenze politeistiche) nella sua dimensione terrena. Per
Hume la fede è un'opinione irrazionale ed emotiva, e non porta
l’uomo a progredire sotto il profilo morale. Tuttavia Hume
sviluppando teorie filosofiche su un ambito difficile come la
religione, riconosce, nell'impotenza naturale, che ogni
ragionamento possibile risulta alquanto fragile. Egli,
infatti, dice: "Tutto è ignoto: un enigma, un inesplicabile
mistero. Dubbio, incertezza, sospensione del giudizio appaiono
l'unico risultato della nostra più accurata indagine in
proposito. Ma tale è la fragilità della ragione umana, e tale il
contagio irresistibile delle opinioni, che non è facile tener
fede neppure a questa posizione scettica, se non guardando più
lontano e opponendo superstizione a superstizione, in singolar
tenzone; intanto, mentre infuria il duello, ripariamoci
felicemente nelle regioni della filosofia, oscure ma tranquille"
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