Rousseau filosofo è, in realtà, un moralista, che
rielabora idee totalmente innovative e non (soprattutto sul
piano pedagogico, sociale e politico). Ciò che
essenzialmente delinea il suo pensiero è la sua visione globale
in merito alla cultura ed alla scienza. Rousseau contraddice
l'opinione che dalla conoscenza fine a se stessa si abbiano dei
benefici, se non è in funzione morale e virtuosa. Il vizio e le
flaccidità dell'uomo raffinato e ricercato, spesso portano ad
una boriosità fine a se stessa, al decadimento morale, e alla
degenerazione dei costumi sociali, anche se, in riflessioni
psicologiche, egli ravvisa la fragilità e l'inadeguatezza umana
e sociale. Campione dell'equità sociale e dell'eguaglianza
tra gli uomini, ebbe un'indubbia influenza su alcune
aspirazioni della rivoluzione francese. Sotto il profilo
sociologico il "Contratto sociale" rappresenta la sua
opera maggiore. In essa confluiscono idee e proposte politiche
orientate, soprattutto, al Platone della "Repubblica" e delle
"Leggi". Nella sua visione politica egli sosteneva la
creazione di uno stato libertario ma totalitario, dove il popolo
nella sua globalità sarebbe stato inquadrato in uno Stato etico
(concepito come Patria), che si fa garante e promotore della
rettitudine morale del cittadino.
Natura umana e Società
moderna Secondo Rosseau gli
uomini primordiali erano individui isolati, che differivano
dagli animali solo per il libero arbitrio. Affermava che l'uomo
fosse, in natura buono (un buon selvaggio), possessore
dell'amore di sé, e cioè dell' impulso
all'autoconservazione, tipico anche degli altri animali.
Inizialmente l'uomo aveva in natura la compassione e alla pietà
verso i propri simili. Quando si crearono le prime comunità,
a causa della crescita della popolazione, si ebbe una
trasformazione psicologica, considerando i propri simili
importanti per il loro giudizio su di se. Questa nuova
consapevolezza, positiva, portò ad una età dell'oro della
prosperità umana. E' con l'ulteriore sviluppo
(dell'agricoltura e della metallurgia) che la società inizia a
complicarsi. Nasce l'amore proprio, generato dalla
società, che costringe l'individuo a paragonarsi agli altri
esseri umani, in concorrenza con loro. il progresso delle
conoscenze (anche nelle arti e nelle scienze) e la successiva
formazione della proprietà privata e della necessaria divisione
del lavoro, portarono alla dipendenza reciproca degli individui
e alla generazione della disuguglianza tra essi. Questa
trasformazione aveva portato i governi ad maggiore potenza,
finendo per schiacciare e negare così le libertà
individuali. Il primo Stato, con una specie di contratto
sociale, fu suggerito dai più ricchi e potenti. Questi
semplicemente sanzionarono la diseguaglianza tra gli individui,
attraverso la proprietà privata e lo stato di fatto, come se
fosse sempre appartenuto alla società umana. Nel lungo
periodo è stata corrotta l'integrità e l'autenticità degli
individui che hanno portato la società moderna a fondarsi sulla
dipendenza reciproca, caratterizzata dalle gerarchie e dalle
diseguaglianze.
|
|