Bloccato il nuovo tentativo di
epurazione e colpo di stato (sostenuto da Marais), Robespierre
fu arrestato (il 27 luglio 1794). Successivamente, fu liberato e
portato all'Hôtel de Ville. La Convenzione, dopo averlo messo
fuorilegge, lo fece arrestare di nuovo. Come si sa, Robespierre
fu condannato a morte e ghigliottinato il 28 luglio 1794,
insieme a suoi fedeli. Con la sua morte ha termine il “Periodo
del terrore” in Francia. La nuova Costituzione votata e
approvata (il 17 agosto 1795) permise la creazione di un
Direttorio. Due grandi insurrezioni furono organizzate dagli
ex giacobini di Robespierre nel 1795 (il 1 aprile e il 20 maggio
1795). Stavolta la volontà in Francia era proprio quella di
cambiare pagina e le rivolte finirono nel nulla.
La fine
della prima coalizione e la ricerca di una pacificazione
dell'ovest portò al secondo tentativo di regolamentazione
costituzionale. Il potere legislativo fu consegnato ad un
Parlamento bicamerale, composto da un Consiglio dei Cinquecento
(di 500 componenti) e da un Consiglio degli Anziani (di 250
componenti). 5 persone nominate dal Consiglio degli Anziani
avrebbero costituito il Direttorio, cioè il governo con poteri
esecutivi. Questo avrebbe nominato i singoli ministri. Il
Direttorio non poteva sciogliere le due camere, ma i rapporti
tra i due organi non erano, come nel 1791, regolamentati
riguardo i possibili conflitti istituzionali.
Le
elezioni generali erano state programmate per il 12 ottobre del
1795. Ad agosto, però, la maggioranza termidoriana della
Convenzione approvò un decreto per cui i due terzi dei
componenti per i nuovi consigli dovevano essere attribuiti
a membri della Convenzione. Con questa selezione si evitava di
fatto, una possibile ascesa dei realisti. Alle votazioni i
realisti ottennero la vittoria nei collegi dell'Ovest, la valle
del Rodano e l'Est del Massiccio Centrale, con la relativa
crescita del partito monarchico. Tuttavia, il pericolo di una
sua presa di potere poteva essere scongiurato. I realisti
organizzarono sommosse in tutta la Francia, con duri scontri e
massacri. A Parigi i legittimisti ribelli, si confrontarono con
i miliziani fedeli alla convenzione termidoriana. Gli insorti
non ebbero la meglio. La loro repressione nel paese non fu,
comunque, particolarmente sanguinosa. L’azione dei realisti
non si fermò per questo. Le "reti di corrispondenza" mantenevano
i rapporti stretti tra di essi. Deputati realisti, moderati del
Club di Clichy, ispirati dai
due fratelli di Luigi XVI (Luigi e Carlo), con le potenze
europee che sostenevano e finanziavano la fronda, il malcontento
e la rivolta si mantennero costanti durante tutto il periodo del
Direttorio. Anzi, quando nel marzo-aprile 1797, i realisti
ottennero la vittoria elettorale, entrando, addirittura nel
Direttorio (due membri su cinque), fu il partito dei
termidoriani ad organizzare un piccolo colpo di Stato. Vennero
destituiti i due eletti nel Direttorio (de Barthélemy e Carnot),
ed i 177 deputati monarchici. Molti di essi furono deportati
nelle prigioni della Guyana. Nelle elezioni del 1798,
prevalsero i giacobini, aprendo un periodo di relativa calma
nella politica del Direttorio. Pur tuttavia, i vincitori si
arrogarono in moltissime circoscrizioni di scegliere i deputati
eletti. Il discredito, è ovvio, raggiunse il massimo.
La
fine del periodo del Direttorio arrivò come era arrivata la
Rivoluzione: con una grave crisi economica. La valuta
dell’assegnato, che aveva perso valore, fu sostituita con il
mandato territoriale, sempre in carta moneta. Ma anche
questa si svalutò molto velocemente (circa un anno), tanto da
costringere il governo a richiedere il pagamento delle tasse in
moneta metallica, peraltro introvabile. I prezzi si abbassarono,
mettendo nei guai i contadini.
In tale crisi finanziaria,
ci si convinse che il debito pubblico, in gran parte ereditato
dalla monarchia a dal seguente periodo rivoluzionario, era,
praticamente, impagabile. Il governo decise di accantonare i due
terzi di esso (una specie di bancarotta dei "due terzi"). Il
terzo rimasto, fu inserito nel gran libro del debito pubblico.
Nel 1798, furono emanate nuove tasse, senza però riscuotere
grande successo nelle entrate.
Durante questo periodo, le
armate francesi continuavano il confronto con gli altri imperi
europei. Nella primavera del 1796 si ebbero dei successi in
Germania, facendo arretrare l’esercito austriaco. Ma fu in
Italia che si ebbero i successi decisivi. Le truppe francesi
erano comandate da un giovane generale: Napoleone Bonaparte. Le
sue vittorie costrinsero gli austriaci alla firma del Trattato
di Campoformio del 17 ottobre 1797. Nei due anni successivi i
francesi controllarono quasi tutta la penisola italiana.
Nacquero una serie di piccole Repubbliche, organizzate sul
modello francese. Le successive vittorie in Egitto di
Napoleone, finalizzate al blocco della via per le Indie del
Regno Unito, terminarono improvvisamente, perché il governo
francese già si preoccupava dell’ascesa politica del giovane
generale (che non nascondeva le sue mire) La contaminazione
francese crescente dell’Europa .preoccupava le monarchie russe,
inglesi e austriache, che ripresero. ben presto, la guerra
contro la Francia. L’esercito di quest’ultima contenne
abbastanza bene l’urto militare, con i generali Brune e Masséna,
ma in Italia, alla fine, tutti i territori conquistati da
Napoleone furono persi. In patria, intanto, la situazione
rischiava di scappare di mano: Il governo, infatti, aveva
iniziato contatti con Luigi XVIII per riportare al potere la
monarchia. Il popolo, non volendo questo, era alla ricerca di un
nuovo uomo forte. Alle notizie che giungevano dalla Francia,
Bonaparte tornò in gran fretta a Parigi. All’involuzione del
Direttorio si rispose con un complotto secondo una strada
opposta. Di esso facevano parte Sieyès ed il fratello di
Napoleone, Luciano Bonaparte, che era anche presidente della
stessa Assemblea dei Cinquecento. Con grande semplicità,
il 9 novembre 1799, ebbe luogo un colpo di stato che dimise il
Direttorio e pose un triumvirato di “consoli”. Facevano parte di
esso, oltre Napoleone Bonaparte, anche Sieyès e Ducos. In
realtà, il potere era già detenuto completamente da Napoleone
Con il suo avvento si chiude il periodo della Rivoluzione. A
dirlo è lo stesso Napoleone, che pronunciò un vero e proprio
atto di chiusura. Egli, infatti disse: “Cittadini, la
rivoluzione è fissata ai principi che l'hanno avviata, essa è
conclusa”. Era apparso sulla scena il nuovo Imperatore, per una
nuova stagione storica in Francia (ed Europa).
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