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Marcello Crinò
EUTICHIO AJELLO
Dalla Sicilia alla Spagna
Pagine 104
Versione brossura
Formato 15,24 x 22,86
Editrice - Experiences

 

Costo: Brossura:
Euro 10,00

 
  7/7  
  IL SETTECENTO
  La Rivoluzione Napoletana
 
 
 

 

 

Alla Rivoluzione francese seguì, con la Prima Campagna d'Italia svolta dai francesi, anche il tentativo insurrezionale della Repubblica partenopea, nel 1799.
Le nuove idee francesi e giacobine iniziano a diffondersi in Europa. Ma è solo quando vengono ghigliottinati i reali di Francia, che idee libertarie e repubblicane cominciano ad attecchire in Italia. Nel Regno di Napoli borbonico (la consorte di Ferdinando IV, Maria Carolina d'Asburgo-Lorena era sorella di Maria Antonietta di Francia), iniziano i primi arresti e le prime condanne a morte. La cospirazione napoletana si divise in due strade: verso una nuova monarchia costituzionale e verso una vera e propria repubblica.
Con la sconfitta dell’esercito borbonico e austriaco contro le truppe francesi, capitanate dal generale Napoleone Bonaparte, si formano la Repubblica Ligure e la Repubblica Cisalpina (nel 1797), e la Repubblica Romana (nel 1798).
Ad ottobre del 1798 (il 23), mentre Napoleone era in Egitto, truppe borboniche (70.000 soldati) con il generale austriaco Karl von Mack al comando, entrarono a Roma con la volontà di reinsediarvi il Papa. Sul mare la flotta inglese dell'ammiraglio Horatio Nelson
, appoggiò la guerra di terra. Con la nuova riscossa dei francesi, che riconquistano Roma, il Re borbone fuggì con tutta la famiglia (e i tesori della corona) a Palermo. La fuga fu resa possibile dalla flotta inglese di Nelson.

Il vuoto di potere getta la città nel caos. Il conte Pignatelli, lasciato da Ferdinando IV a Napoli, si vide costretto ad un armistizio con i soldati francesi (il
12 gennaio del 1799 a Sparanise). Scoppiò a Napoli e in parte della provincia un’insurrezione antifrancese, detta dei Lazzari. La contemporanea rivolta dei repubblicani, i giacobini e i filofrancesi, accentuò lo scontro in una vera e propria guerra civile. Il 20 gennaio i giacobine napoletani conquistarono Castel Sant'Elmo, da dove cannoneggiarono i Lazzari alle spalle, che presto dovettero arrendersi.
Il
23 gennaio, con l’appoggio delle truppe francesi, fu dichiarata la Repubblica napoletana. Fu organizzato un governo provvisorio di 25 membri, con sei ministeri. Tutti i rappresentanti formavano l'Assemblea Legislativa, che avrebbe dovuto legiferare sull’organizzazione della nuova repubblica. In questi giorni fu fondato il giornale ufficiale “il Monitore Napoletano”. Altri giornali si aggiunsero a questo.

Nepoli, comunque, non era Parigi. Mancava una vera e propria classe borghese ed i napoletani erano più propensi verso il governo borbonico, soprattutto nelle province mom controllate dalle milizie francesi. I nomi di spicco del governo disconoscevano le necessità popolari. Il generale francese Championnet, che in pratica controllava il governo, fece richieste economiche pesanti ai napoletani, tutt’altro che facili da reperire. Durante il periodo repubblicano, la repressione contro gli oppositori fu spietata. Sempre nuovi "processi politici" portavano a nuovi condannati a morte.
L’attività legislativa fu alquanto limitata e le poche leggi approvate non furono mai veramente applicate., come la legge di eversione della
feudalità.

Intanto i lealisti ai borboni cominciarono la loro strada verso la restaurazione. Il cardinale Fabrizio Ruffo, sbarcato in Calabria, costituì un vero e proprio esercito (l'Esercito della Santa Fede). Con esso iniziò a risalire la penisola. Vennero riconquistate, oltre la Calabria, anche la Basilicata e la Puglia.
Mentre l'armata sanfedista sopraggiunge da sud, le navi repubblicane riportano una vittoria su una flotta inglese, che aveva occupato l’isola di Procida. Al comando delle navi napoletane vi era l’ammiraglio Francesco Caracciolo, che era stato  ufficiale della marina borbonica.

Così come la rivolta napoletana era stata possibile col sopraggiungere da nord delle truppe francesi, sempre ad esse è collegata la fine della repubblica. Infatti nel nord Italia queste vennero ripetutamente sconfitte dall’esercito austro-russo. Le truppe francesi nel sud vennero richiamate, abbandonando Napoli (il 7 maggio) al suo destino.
I miliziani dell’esercito sanfedista raggiunsero la città il 13 giugno. Nonostante la strenua difesa dei repubblicani, questi occuparono Napoli, conquistando anche l’estremo baluardo del Forte di Vigliena. Nel Castel Sant'Elmo, che cadde per ultimo, i restanti repubblicani trattarono col cardinale Ruffo una resa “onorevole”, che però non fu accettata, successivamente, né dall’ammiraglio Nelson né da Ferdinando IV rientrati in città.

Con la restaurazione della monarchia borbonica si aprì a Napoli il periodo dei processi. Circa 8000 repubblicani vennero giudicati, di questi ben 124 furono condannati a morte e giustiziati (tra questi anche l’ammiraglio Francesco Caracciolo). 222 napoletani furono condannati all'ergastolo, 288 alla deportazione e 67 all'esilio (tra cui lo scrittore Vincenzo Cuoco
).

L’esercito reale che intanto risaliva la penisola, nell’intento di conquistare la Repubblica Cisalpina, fu sconfitto e fermato in Toscana, a Siena, da Gioacchino Murat. Il 18 febbraio 1801 fu firmato a Foligno l’armistizio.
Il nome di Gioacchino Murat tornerà all’onore della storia nel seguente periodo francese di Napoli, di circa 10 anni, detto, per l’appunto, periodo "murattiano".
    

 

   
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